di Stefano Vinti

Lo Stato contrariamente a quello che blatera la Meloni e i liberisti può creare lavoro. Diversi testi di storia economica e sviluppo del capitalismo in età moderna e contemporanea, ad esempio, ci dicono che agli inizi degli anni '60 del secolo scorso, quando l'Italia ridusse drasticamente la disoccupazione, la spesa in innovazione tecnologica ed investimenti nella ricerca, fu sostenuta al 50% dall' impresa pubblica (immaginare oggi un polo dell'industria pubblico, è sovversivo). Cioè una delle condizioni essenziali per la creazione di lavoro.
Ma questo alla Meloni importa niente. Il suo governo è appiattito sull'agenda economico-sociale neoliberista che striscia ai piedi dei poteri economici e finanziari nazionali e internazionali e l'unica narrazione consentita è il dominio dell' impresa capitalista e l'assolutismo del mercato. Il solido ancoraggio all'ordine sociale neoliberista (e all'imperialismo dei debitori) è l'assicurazione per il suo governo di sprovveduti e d'incapaci.
Solo un campo antiliberista, anticapitalista e antifascista, che nasce dal conflitto sociale, dalla lotta per i diritti civili e dalla 'battaglia delle idee' può opporsi allo stato delle cose presenti.

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