Spending review/ Taddei: taglio sprechi ma manterremo il welfare
PERUGIA - "Il nostro impegno nella Legge di Stabilita' e' quello di correggere sprechi, tagliare la spesa corrente di 15-16 miliardi nel 2015 e nello stesso tempo mantenere il nostro stato sociale". Lo ha detto Filippo Taddei responsabile economico del PD a margine del meeting di Confesercenti. Taddei ha ribadito che maggiori risparmi andranno a favore di lavoro e imprese. "Dobbiamo ridurre di 2 punti Pil il peso fiscale sul lavoro e portarci ai livelli di Francia, Germania e Uk che pure hanno un welfare come il nostro".
"Per stabilizzare gli 80 euro bisogna evitare l'errore fatto con l'Imu", ha poi aggiunto. "Un intervento spot che non venne bilanciato da un intervento sulla spesa e poi la tassa e' riemersa sotto altro nome". Questo dato - ha aggiunto - e' del Dipartimento delle Finanze. Certo, ci sono Comuni dove si e' pagato di piu' e altri dove si e' pagato di meno, ma nel complesso il gettito e' del 10% in meno". Per Taddei la cancellazione dell'Imu nel 2013 fu "frutto di un accordo scellerato" perche' non c'era "nessuna copertura ordinaria".
Sempre riguardo alla tassa sugli immobili, Taddei ha precisato che "Imu piu' Tasi nel 2014 avranno un gettito di circa il 10 per cento inferiore rispetto all'Imu nel 2012".
"Fermo che il primo obiettivo e' di stabilizzare gli 80 euro per chi ce li ha, se riusciamo a recuperare risorse per estendere il bonus l'ipotesi su cui si discute e' di estenderlo a famiglie con figli aumentando il tetto a secondo del numero dei figli".
Taddei ha confermato che ci sarebbe una discussione per estendere il bonus a tutte le famiglie con figli e non solo a quelle monoreddito per non disincentivare il lavoro femminile.
Domenica
14/09/14
02:46
Ma come ci si può riconoscere in una sinistra che promuove come giusta e solidale la scelta di dare 80 euro al mese in più (sotto elezioni europee) a chi ha già un reddito e invece lascia nella indigenza più nera chi non ha nulla di che vivere?
Ma quale speranza di una società migliore e più giusta si può riporre in chi fa queste scelte politiche socialmente ingiuste ed inspiegabili (se non dal proprio tornaconto elettorale) e quale stima, per chi, fino a ieri propugnava la solidarietà come valore fondante della sinistra, ma ora i soldi se li tiene ben stretti senza il minimo disagio per i pensionati con la pensione al minimo che vanno alla Caritas per poter avere un pasto caldo?
Martedì
16/09/14
21:57
Direttore Pierucci.
Almeno lei...mi convinca che mi sbaglio...per cortesia.
Mercoledì
17/09/14
00:06
Perfettamente d'accordo.
Mercoledì
17/09/14
14:10
Perchè la sinistra deve pensare che ridare 80 euro a chi ha un reddito fino a 1500 euro significa praticare l'ingiustizia sociale? Roba da matti!
Mercoledì
17/09/14
16:33
Forse perché è demagogia, visto che non li danno a chi sta peggio, vedi pensionati al minimo e disoccupati.
Mercoledì
17/09/14
19:35
il giudizio negativo che riscontro in diversi attivisti e/o media delle forze politiche a sinistra del PD in merito alla riduzione del carico fiscale per i redditi medio-bassi dei lavoratori dipendenti pubblici e privati (il cds. "bonus di 80 euro") è a mio personale parere sintomatico della loro sostanziale incapacità a misurarsi concretamente con l'azione di governo (rendedole agli occhi della maggioranza dellelettorato inadeguate e dunque scartate da esso come opzione elettorale).
In un contesto di difficoltà economica e di sostanziale riduzione del potere di acquisto da parte dei citttadini il governo ha voluto sostenere, tra quelli attivi, la fascia meno abbiente riducendo loro il carico fiscale.
Ha sostanzialmente favorito la "classe sociale" più debole tra quelle che contribuiscono al sostentamento dello Stato (ovvero tra quelle che essendo attive lavorativamente pagano le tasse) e conseguentemente all'erogazione dei servizi e del welfare che usufruiscono tutti, a partire dai pensionati e dai disoccupati che accedono gratuitamente sia al servizio sanitario nazionale, ai sussidi di disoccupazione, sia alle diverse forme di sostegno di carattere governativo o locale esistenti, come alle agevolazioni in merito all'accesso alle abitazioni popolari (o al sostegno economico in caso di locazione) o ai trasporti pubblici locali, etc.
Certamente si tratta di un welfare, quello Italiano, insufficiente e che dovrebbe essere potenziato, tuttavia è lapalissiano che la principale anomalia ed ingiustizia sociale presente nel paese è l'eccesivo carico fiscale e contributivo che ricade sulle spalle di chi lavora, specie per coloro che hanno un reddito medio-basso (la "classe sociale" interessata dal provvedimento governativo).
Naturalmente se questo provvedimento fosse stato assunto drenando le risorse necessarie dal sistema di welfare che usufruiscono i pensionati al minimo o i disoccupati (ma non mi risulta che le pensioni minime siano state ridotte con quel provvedimento o questi abbia modificato le norme di accesso ai sussidi di disoccupazione) allora il giudizio poteva essere anche negativo, ma dato che questi è finanziato con una riduzione di spesa che interesserà trasversalmente tutto l'apparato pubblico davvero non si capiscono le ragioni per le quali questo provvedimento sia da considerarsi deletereo.
Se invece vogliamo dire che questi è insufficiente ed occorrono ben altri provvedimenti per rimettere in carreggiata questo paese allora stiamo parlando d'altro e "additare" il provvedimento del governo in tema di contribuzione fiscale dei redditi medio-bassi come esempio di ciò che non funziona e dell'inadeguatezza dell'attuale governo (che ha ovviamente diversi limiti) è semplicemente farsesco per non dire di peggio.
Temo che ancora a sinistra del PD non si riesca a comprendere il non saper distinguere un "bicchiere mezzo pieno" da un "bicchiere mezzo vuoto" non è esattamente un pregio per un politico o un partito politico e che non è con la demonizzazione continua di ogni decisione di un governo di centro-sinistra (che pur con tanti limiti resta tale) che si ri-costruirà quella necessaria credibilità che distingue una forza politica reale dal suo simulacro.
Mercoledì
17/09/14
23:41
Quante parole per dire che il Pd fa sempre tutto bene.
Giovedì
18/09/14
18:09
Gentile redazione Lei è libera di pensarla come crede ma non di attribuire alle mie parole significati che non hanno.
Il mio commento attiene escusivamente alla questione del cds. "bonus di 80 euro" che tra l'altro è un provvedimento del Governo Italiano e non una proposta del Partito Democratico che non è citato in nessuna parte del mio commento.
Ritorniamo al merito della qestione se vuole, sarà più utile per tutti.
Giovedì
18/09/14
10:16
@C.F.
Mi spiace ma non riesco a capire la logica del suo ragionamento , se non quella di trovare una giustificazione a tutti i costi per un provvedimento che è criticabile sia da un punto di vista politico /partitico (visto che è stato proposto da un uomo "di sinistra) sia da un punto di vista macroeconomico.
Lei, se ho ben capito, fa questo ragionamento: "in un periodo di difficoltà economica .... il governo ha voluto sostenere, tra quelli attivi, la "classe sociale" più debole tra quelle che contribuiscono al sostentamento dello Stato (ovvero tra quelle che essendo attive lavorativamente, pagano le tasse) e conseguentemente....etc."
Come dire, le tasse sono troppe e allora, io Stato, ti aiuto a pagarle dandoti 80 euro perché tu possa restituirmele e io possa quindi pagare tra l'altro anche il welfare.
Ma mi scusi, ma, ammesso che questo sia stato il ragionamento di Renzi, non sarebbe stato più semplice evitare questo giro tortuoso e indirizzare quelle risorse direttamente al welfare?
In effetti il suo ragionamento parte da una premessa errata o quantomeno non è quella dichiarata dal governo.
La misura è stata presa per immettere nella economia nazionale risorse economiche finalizzate a smuovere la domanda.
Io maliziosamente affermo: per creare consenso elettorale e rendere meno duro l'impatto del crescente carico fiscale che sta per abbattersi nei prossimi mesi sulle fasce sociali che fruiscono degli 80 euro, che accetteranno con maggior spirito di sopportazione di pagare le nuove tasse, visto che il governo gli ha aumentato la paghetta.
Dare una sovvenzione ai meno abbienti NON avrebbe avuto il medesimo impatto mediatico potendosi erogare molto meno pro capite e soprattutto non avrebbe aiutato chi dovrà pagare le nuove tasse, inoltre avrebbe innescato una caduta verticale di credibilità verso chi fino ad ora ha promesso molto, ma ancora ha fatto poco.
La misura degli ottanta euro a me sembra quindi un mero calcolo di immagine e convenienza elettorale per durare ancora un poco.
Una buona mossa di immagine, ma un errore, sia da un punto di visita ideologico per la sinistra perché, non sta aiutando i meno abbienti come è nel suo DNA, ma invece sta sostituendo la sua storica classe di riferimento con quella dei "lavorativamente attivi" tradendo un principio basilare della sinistra (PD) storica perché perde la fascia dei meno abbienti che ora non possono riconoscersi in Renzi.
La mossa mi pare sbagliata anche da un punto di vista macroeconomico, perché se si fosse voluto favorire i consumi sarebbe stato meglio dare questa massa monetaria chi la avrebbe certamente messa in circolo TUTTA, piuttosto che chi la mette in circolo solo in parte, perché la "classe dei lavorativamente attivi " probabilmente ne metterà una larga parte in banca nel timore che il peggio non sia ancora finito.
Giovedì
18/09/14
20:01
Gentile ing. Giampaolo Ceci più semplicemente sostengo - e mi scuso se nel mio precedente commento non sono stato sufficientemente chiaro - che le tasse in Italia sono troppo alte e che su coloro che le pagano (i lavoratori attivi) viene fatto ricadere un onere eccessivo che è iniquo.
Ciò premesso, dovendo ridurre il livello generale della pressione fiscale sui lavoratori (e anche quella sul costo del lavoro, ritengo non sbagliato - vista anche la congiuntura negativa - che si sia iniziato a faro partendo dalla platea delle persone con i redditi più bassi (riduzione che comunque, a mio avviso, deve essere allargata anche ai lavoratori autonomi di pari fascia reddituale).
Personalmente - su questo le nostre opinioni divergono - ritengo tale scelta di connotazione progressista (o se vuole utilizzare altre classificazioni politiche, di sinistra) in quanto tesa a migliorare le condizioni di vita di una fascia di popolazione che non dispone di ampi mezzi economici e/o di altre risorse e sulla quale attualmente gravano eccessivi oneri in termini di contribuzione (tasse) al benessere generale della comunità.
Lei obbietta, spero sia corretta la mia sintesi interpretativa, che sotto questa categoria di persone (i lavoratori attivi a basso reddito) ce ne sono altre che hanno ancora meno possibilità (i disoccupati, i percettori di una pensione minima/sociale , etc.) e che sarebbe dunque più progressista partire da questi.
Certamente la sua obbiezione non è priva di fondamento ma tuttavia - a mio avviso - non tiene in debita considerazione del contesto dato.
Un contesto, quello attuale/dato, dove la parte di popolazione attiva (che lavora e produce reddito), ed in particolare la sottocategoria dei lavoratori dipendenti, sopporta sulle proprie spalle la maggior parte dei costi di funzionamento dello Stato e del sistema di Welfare.
In parole più spicciole è dalle tasche di questa parte di popolazione che si prendono i soldi per far funzionare (con diverse inefficienze e con un costo di personale – con alcune eccezioni - alto rispetto alla quantità ed alla qualità dei servizi erogati) lo Stato e soprattutto per erogare le prestazioni di Welfare.
A partire dalle prestazioni pensionistiche che, come nel caso delle pensioni minime/sociali (per quanto basse in termini assoluti) sono erogate a fronte di pochi o nessun contributo da parte di chi oggi le riceve o, come nel caso di pensioni più cospicue, erogate con un sistema di calcolo (quello retributivo) che gli permette di ricevere un assegno pensionistico sproporzionato rispetto a quanto da loro accantonato (accentuato dalla diffusa quanto deleteria ed immorale abitudine di - fino a quando era in vigenza il sistema di calcolo retributivo - far salire di livello e di stipendio i lavoratori prossimi alla pensione così che potessero ricevere un assegno ancora più alto rispetto a quanto realmente meritato).
Ovvero sui lavoratori attuali ricade un onere enorme (in termini fiscali) del quale non beneficiano né in termini di servizi (in quanto la maggior parte delle risorse copre le inefficienze del sistema e la gratuità dei servizi per coloro che sono privi di reddito, mentre chi lavora spesso deve pagare anche ticket per accedervi), né in termini di tutele (in quanto, scusandomi per l’eccessiva semplificazione che serve solo a dare un’idea del contesto generale, molti di essi sono “under 50” ed hanno contratti di lavoro che non gli assicurano le stesse tutele degli “over 50”), né in termini di futuro trattamento pensionistico quando cesseranno di essere produttivi (in quando i loro contributi vengono in larga misura "consumati" dagli attuali pensionati che godono di un trattamento che possiamo quantomeno ritenere "di riguardo").
Per questo è, secondo il mio parere, giusto il provvedimento del governo che - forse per la prima volta – volge a beneficio proprio di chi più porta sulle spalle l'onere maggiore e che con ogni probabilità sarà più penalizzato delle generazioni che precedenti, anche a causa della gestione pubblica "allegra" dei decenni passati (e non solo degli ultimi 20).
Nel merito poi dell'analisi “dal punto di vista macroeconomico” mi permetto sommessamente di dubitare che chi oggi ha un reddito lordo da lavoro non superiore a 26.000 euro (la platea a cui si rivolge il provvedimento del Governo), corrispondente a circa 1.300/1.400 euro mensili netti, possa permettersi di risparmiare qualcosa o, come lei afferma di mettere gli 80 euro in banca “nel timore che il peggio non sia ancora finito", mentre invece - specie se ha figli - fa davvero fatica a far quadrare i conti e ad arrivare alla fine del mese e quegli 80 euro di minori tasse (non sono un regalo ma se li sono guadagnati tutti con il loro lavoro e ciò che è iniquo è quanta parte del loro guadagno debba essere trattenuta da uno Stato dove, e non da oggi e dunque con responsabilità che non possono essere “tout court” scaricate sull’attuale Governo, l’evasione e l’elusione fiscale come il lavoro “a nero” sono così diffusi) gli permetteranno semplicemente di pagare più puntualmente le bollette o di affrontare le spese ordinarie restituendogli, almeno in parte, la dignità che si meritano.
Giovedì
18/09/14
21:55
@ c.f. La ringrazio per il suo civilissimo intervento.
E' un piacere interloquire con persone come lei.
Purtroppo però devo ammettere che, nonostante la corretta e argomentata esposizione delle sue motivazione, non mi sono convinto che sia meglio aiutare chi i soldi ne ha già (seppure pochi) piuttosto che a chi non ne ha affatto.
Sperando che altri lettori mi aiutino a capire come, su questo punto, la pensa il popolo "progressista", la saluto cordialmente.
Venerdì
19/09/14
18:42
gentilissimo ing. Giampalo Ceci, ringraziandola per l'apprezzamento dimostrato e - mi creda - senza alcuna intenzione di convincerla, in merito all'argomento su cui stiamo riflettendo la invito a rispondere a questa domanda (che spero chiarisca ulteriormente il mio punto di vista):
Premesso che ciascuno ha diritto ad una vita dignitosa e conseguentemente che la condizione di privazione è ingiusta mi chiedo se tra due persone (o famiglie) che si trovano in condizione di "povertà relativa", la prima per mancanza di sufficienti fonti economiche di sostentamento e la seconda per effetto dell'alta tassazione da parte dello Stato sui suoi redditi che diventano (al netto delle ritenute fiscali e contributive) insufficienti a mantenere se stesso e/o i suoi cari - ribadito che entrambe le condizioni sono ingiuste - quale delle due situazioni è da ritenersi più grave e a quale dei due soggetti (o famiglie) lo Stato deve per prima rivolgere la propria attenzione (non esimendolo tuttavia dal doversi occupare anche dei secondi nella misura consentita dalle sue possibilità/disponibilità)?
Lungi da me il voler anche indirettamente legittimare una diversità (in linea di principio) tra individui mi domando tuttavia se chi è in grado da solo di provvedere a se stesso ed ai suoi cari è tollerabile che sia soggetto ad una tassazione in una misura tale da farlo scivolare pericolosamente verso uno stadio di "povertà relativa" e quanto ciò sia sostenibile considerando che senza quella produzione di reddito da assoggettare a tassazione non sarebbe possibile in alcun modo garantire alcun aiuto o sostegno a coloro che non producono alcun reddito o comunque ne producono in misura insufficiente a provvedere a soddisfare i propri bisogni. Non corriamo il rischio di disincentivare l'emancipazione economica degli individui se, per effetto dell'eccessiva pressione fiscale, riduciamo il loro tenore di vita in una misura tale da approssimarla a quella di chi non produce alcun redditto?
Per quale ragione un individuo, specie se appartenente alla parte meno abbiente della società, dovrebbe impegnarsi a svolgere un'attività lavorativa che con ogni probabilità sarà ripetitiva e non gratificante socialmente se poi, per effetto congiunto dell'alta tassazione e dell'esclusione dalle esenzioni di cui godono gli individui che non producono reddito, si vedrà comunque relegato ad un tenore di vita del tutto assimilabile a chi non lavora e dispone interamente del proprio tempo? Per quale ragione quell'individuo non dovrebbe essere tentato dal disimpegno diventando soggetto passivo e non più attivo nella nostra società? Certamente la questione è molto complessa e si interseca con molti aspetti tra cuie la congiuntura economica, la carenza o meno di opportunità lavorative, come con livello di evasione/elusione fiscale e la diffusione del lavoro sommerso che caratterizzano una determinata società, tuttavia personalmente ritengo che chi si impegna, chi si sforza di essere autonomo e magari addirittura in grado di contribuire (attraverso un'equa tassazione) al benessere generale della comunità debba essere premiato/incentivato e non "sfruttato" al punto - come quello a cui siamo arrivati in questo paese - di trattenere quasi la metà del modesto reddito (come nel caso dei redditi lordi annui fino a 26.000 euro) che con fatica ed impegno produce. E non perchè - secondo il pensiero liberista - ciascuno debba pensare a se e che solo così ci evolviamo (per effetto della naturale selezione della specie) ma perchè tra il dovere alla solidarietà verso i propri simili (che è un principio a cui credo fermamente) ed il sopruso (una tassazione eccessiva che depaupera il cittadino) corre una barriera molto più sottile di quanto immaginiamo e che se dovesse essere definitivamente lacerata (nel nostro paese non siamo così lontani da questa situazione) rischieremmo molto seriamente l'implosione di un sistema di convivenza civile dove i diritti crolleranno e verranno meno per il peso eccessivo dei doveri a cui, in questo paese, troppi (e non solo appartenenti alla parte più abbiente della nostra società) tendono a sottrarsi per un eccesso di furbizia che non dovrebbe (e che non può) essere tollerata ulteriormente.
Lunedì
22/09/14
11:37
Rispondo dopo qualche giorno perche contavo sul contributo di altri.
Allora cominciamo dal principio, ricordando a tutti il tema su cui ci stiamo confrontando: é meglio che lo Stato dia gli 80 euro di sovvenzione a chi non ha reddito o a chi ha un reddito modesto compreso tra 16 e 24 mila euro lordi annui?
Posto così mi pare che non vi sia discussione: secondo il buon senso comune, chi ha di meno dovrebbe essere aiutato per primo.
Ma come si determina il grado di povertà di un individuo? La misura adottata dal governo Renzi fa riferimento al suo reddito annuo. E' un errore perché molti dipendenti hanno uno stipendio basso, pur possedendo significativi depositi in banca che non li fa certo rientrare nella sfera dei meno abbienti.
L'aiuto statale quindi non dovrebbe fare riferimento al solo al reddito, ma anche al patrimonio posseduto.
Ma non basta, una seconda discriminate oggi non presa in considerazione da Renzi, é quella di fare riferimento al reddito del singolo "dipendente" e non invece a quello del nucleo familiare inteso come somma dei conviventi sotto lo stesso tetto.
Oggi infatti si danno 80 euro a ciascuno dei componenti un nucleo familiare numeroso anche se vivessero tutti sotto lo stesso tetto. Con questo criterio il nucleo familiare percepisce contributi significativi, mente un padre di famiglia con moglie e tre figli a carico, ma con un monoreddito minore di 16 mila euro non percepirebbe niente di niente.
Ma non basta ancora. La sovvenzione non viene erogata a chi rientra in una fascia di reddito ben definita (tra i 16 e 24 mila euro) ma solo a quei cittadini che vi rientrano avendo la qualifica di "dipendenti". Ai commercianti, ai giovani professionisti e al popolo delle partite iva, inspiegabilmente ed ingiustamente : NULLA! Cittadini uguali trattati in modo diverso. Più ingiustizia di così!!
Una volta fatta chiarezza almeno sul reddito entro cui percepire la sovvenzione, il problema si sposta sulla norma che stabilisce che chi ha un reddito minore di 16.000 euro mese non debba percepire gli 80 euro.
C.F- dice che è giusto che a questi "compagni" non sia dato nulla, perché chi "lavora" paga le tasse e quindi contribuisce al pagamento delle sovvenzioni di chi non lavora. Il "lanciatore di coltelli" si sorprende che ci si rammarichi del fatto che comunque vengono dati 80 euro mese, seppure a casaccio. Mi sorprendo di chi si sorprende. Evidentemente abbiamo etiche diverse.
Comunque rispetto le opinioni di tutti, anche se non riesco a trovare convincenti le ragioni che mi sono state spiegate.
C.F. fa anche un'altra valutazione; se un lavoratore alla fine paga tante tasse da restare indigente, allora tanto vale non lavorare affatto e prendere i sussidi senza lavorare.
A parte le valutazioni di moralità soggettiva, in effetti, se il sussidio durasse per sempre e la differenza tra sussidio e stipendio di chi lavora fosse modesto, questo rischio ci sarebbe. E' per questo che si dovrebbe cominciare ad aiutare da chi ha di meno.
Resta il problema: che ne facciamo di questi esseri umani indigenti e senza risorse ? può uno stato civile, peggio se poi è anche "progressista", disinteressarsi della loro sorte?
C.F. conclude con una critica sull'ingiustizia determinata dall'eccessivo carico fiscale. A mio parere le tasse dovrebbero coprire prima di tutto i servizi "NECESSARI" (e sul grado di necessità è la politica che decide).
Oggi lo Stato e gli enti pubblici coi loro rispettivi funzionari sono diventati delle vere e proprie SPA che erogano servizi di ogni tipo. Alcuni utili altri inutili che potrebbero benissimo essere lasciati al libero mercato, liberando gli enti dalla gestione di attività imprenditoriali che non solo non gli competono, ma creano turbativa nel mercato in quanto i privati devono confrontarsi con strutture e economiche sovvenzionate e protette che non possono fallire.
Il fatto che le tasse sono alte non é quindi il vero problema, ma piuttosto la conseguenza di un problema di assetto organizzativo e politico mal risolto.
Su questo tema però la questione si complica, perché entrano in gioco elementi che richiedono conoscenze di macroeconomia specialistiche, tra le quali gli assetti organizzativi della nostra attuale società (impostata su un modello liberistico) e le diverse modalità di contrastare la nascita del debito pubblico per portare in pareggio il bilancio di uno Stato che ha contratto un debito enorme verso le banche che non vuole ricontrattare per motivazioni che andrebbero quantomeno spiegate ai cittadini che devono pagarlo.
Troppo difficile entrare qui nel merito. Stiamo andando troppo oltre, anche se è da queste scelte ideologiche e organizzative che ne conseguono tutte le altre.
Giampaolo Ceci
Lunedì
22/09/14
14:24
giusto per chiarezza così evitiamo confusione, il cds. "bonus 80 euro" spetta a:
- lavoratori dipendenti (contratti a tempo pieno e contratti part-time);
- lavoratori con contratto di collaborazione;
- lavoratori che percepiscono cassa integrazione, indennità di mobilità o disoccupazione (per i quali il bonus va calcolato dall’ente che elargisce i sussidi);
alle categorie sopra elencate il "bouns" spetta per intero se aventi un reddito tra gli 16.000 ed i 24.000 euro oppure riproporzionato se il reddito supera i 24.000 e resta entro i 26.000 euro o se è inferiore a 16.000 ma superiore a 8.000 euro.
Si noti che inoltre che i redditi complessivi annui sotto gli 8.000 euro sono ESENTI da IRPEF (non pagano alcuna tassa)ed è per questo che non rientrano nel provvedimento essendo il loro reddito interamente disponibile e non soggetto a trattenute.
Dunqe i redditi lordi annui dei dipendenti e assimilati sotto i 16.000 euro NON sono esclusi dal provvedimento anche se questa fascia sarà interessata da una riduzione d'imposta inferiore, compresa tra i 40 e gi 80 euro mensili (circa 50 euro per i redditi lordi annui di 10.000 euro) in proporzione al proprio reddito.
Lunedì
22/09/14
14:41
Se poi discutiamo nel merito del provvedimento NON ho mai sostenuto che sia perfetto o sia la panacea di tutti i mali ma semplicemente che è un passo in avanti (parziale) e non indietro (come ho evidenziato che trovo sbagliato che non includa le partite iva).
Come NON ho mai sostenuto che chi non ha reddito non deve essere aiutato, ma che semplicemente non si può considerare chi produce un reddito solo come una fonte di tassazione e che occorre equilibrio quando si definiscono le politiche fiscali perchè il rischio è deprimere e depauperare la parte attiva della società e se ciò avviene poi è un male per tutti; a partire da chi è più debole.
O vogliamo forse dsostenere che le tasse in Italia sono troppo basse?
Sinceramente, ing. Ceci, pensa questo?
Diversa è la questione dell'intollerabile elusione ed evasione fiscale che è presente in questo paese e che deve essere contrastata con più efficienza (anche da parte di questo Governo che al momento mi sembra abbia fatto davvero poco, anche se non è in sei mesi che si possono notare dei risultati apprezzabili in questo ambito).
Ma la verità è che chi oggi paga le tasse ne paga davvero troppe e più di tutte proprio i lavoratori dipendenti e assimilati (guarda caso la platea interessata dal provvedimento dei cds. "80 euro") che essendo tassati alla fonte non eludono neanche un centesimo.
Davvero queste sono cose così difficili da comprendere e si deve sempre spostare la discussione sui massimi sistemi pur di essere critici?
Probabilmente sono io che sbaglio ma sinceramente non capisco perchè si debba sempre e comunque criticare un provvedimento se fatto da una parte politica che non è la nostra, si debba sempre vedere solo le carenze e i limiti (che è evidente ci siano, come ci sono in tutto ciò che è umano) e mai gli aspetti positivi. Certamente si poteva fare altro e probabilmente migliore ma intanto qualcosa è stato fatto e non mi sempra poi così peggiore che - come mi sembratenda a fare una parte della sinistra - restare sempre ad aspettare Godot.
Lunedì
22/09/14
20:56
Non c'è verso, l'ultima parola la vuole sempre lui, così si continua all'infinito senza arrivare ad una conclusione. Perché non vi chiarite a quattr'occhi? Ve lo consiglia una "parte della sinistra".
Mercoledì
24/09/14
09:47
@pierucci. Ancora un autorevole intervento del direttore per porre fine ad una discussione che evidentemente ritiene di scarso interesse per gli altri lettori del suo giornale.
Mi sorprende che un direttore di giornale "di sinistra" anzicché favorire la partecipazione dei lettori (pur nei modesti limiti culturali che la contraddistingue) si spenda per scoraggiarla (un sto web é l'unico posto che rimane ai cittadini comuni per prendere liberamente la parola e dire la loro).
Tra l'altro mi pare che siano sempre meno quelli che partecipano alle discussioni e si azzardano a commentare le notizie pubblicate (se escludiamo gli interventi che si riducono a duna battuto o ad uno slogan).
Mi perdoni la franchezza, ma a mio avviso questo suo ultimo intervento non dà un buona immagine degli uomini di sinistra perché contiene una critica alla persona e non agli argomenti trattati e purtroppo ribadisce una opinione comune che etichetta gli uomini di sinistra come intolleranti verso chi non la pensa come loro.
Meglio sarebbe stato se fosse intervenuto nel merito per spiegarci con argomentazioni "di sinistra" il suo punto di vista in modo così chiaro ed autorevole da porre fine alla discussione.
Questi suoi interventi tesi a scoraggiare una partecipazione critica mi paiono più confacenti ad una destra che vorrebbe non trattare argomenti scottanti che ad una sinistra progressista.
Se può, la prego, spenda un po' del suo tempo per convincere i lettori che mi sbaglio, facendo un ragionamento argomentato però, non con una battuta, per cortesia.
Mi auguro che questo mia critica non la abbia offesa, se così fosse, me ne scuso in anticipo.
Col massimo rispetto.
Mercoledì
24/09/14
10:38
Concordo totalmente con il commento precedente.
Leggo UmbriaLeft da sempre e qualche volta mi sono permesso di intervenire nella discussione, ma con il massimo rispetto delle posizioni altrui e senza mai offendere nessuno.
Non è la prima volta che leggo commenti piccati della redazione agli interventi dei lettori, e non è la prima volta che questi commenti sono anche denigratori nei loro confronti, come in questo caso e sempre con le stesse persone.
Per un giornale che si definisce di sinistra non è un gran biglietto da visita! Oltretutto uno dei pochi giornali online nei quali gli interventi dei lettori sono generalmente corretti e competenti e non scadono subito nell'insulto personale come succede in altri siti.
E' evidente che il numero di commenti agli articoli di UmbriaLeft è molto diminuito rispetto agli anni scorsi. Cos'è, disinteresse verso la politica, o forse questa linea editoriale di totale chiusura al dialogo andrebbe rivista?