Alla fine Di Maio ha fatto il salto del Grillo: “Io sono io, e voi non siete un c…”, rispetto alla coerenza politica, alla serietà e al voto degli elettori, ha scelto il suo futuro politico. Infatti l’anno prossimo si voterà e lui e buona parte di quelli che lo stanno seguendo sarebbero stati messi fuori dal Parlamento.

Su questo futuro ha rinnegato tutti quelli che erano i caposaldi della politica dei 5Stelle, la sua base culturale e politica: Uno vale uno, i due mandati parlamentari, non allearsi con nessuno, lotta alle mafie politiche e ai grandi gruppi finanziari, rivoltare il Parlamento come una scatoletta di tonno ecc.

Oggi molti industriali, con i loro giornaloni e tv, lo applaudono, ma sono gli stessi che per anni lo hanno criticato ferocemente, per il reddito di cittadinanza, la pretesa velleitaria di abolire la povertà, l’incriminazione del presidente della repubblica, l’uscita dell’Italia dall’euro e dalla Nato, il centodieci per cento, la riforma della prescrizione, il taglio dei parlamentari, il populismo e la demagogia, l’occhiolino ai gilet gialli e così via.

Nei commenti di destra siamo arrivati all’assurdo allorché qualche giornalista e politico hanno fatto l’elogio del voltagabbanismo, cioè che sia giusto rinnegare ciò che uno ha fatto nel passato, e presentarlo come una maturazione. Si può naturalmente cambiare idea, ma coerentemente e per il rispetto degli elettori ti devi allora dimettere da parlamentare e farti rieleggere di nuovo.

Invece, mentre attaccava il populismo, ha rivendicato tutto ciò che di positivo il movimento ha fatto come opera sua, e quello di negativo lo ha imputato agli altri.

È sembrato l’erede del miglior berlusconismo degli anni d’oro.

Nel discorso, secondo noi, è mancata una visione dell’Italia, una prospettiva politica e sociale avanzata e come affrontare e uscire da una crisi economica che si sta rivelando disastrosa, invece è risultata, dato che tutti hanno votato per il governo e che il presidente Conte ha espresso di nuovo la fiducia a Draghi, solo un’operazione di potere centrista.

Come ministro degli esteri, sono le sue stesse parole, è un fedele di Draghi, di Stoltenberg e di Biden: ognuno può giudicare da sé.

Ora Conte se vuole, potrà dimostrare ciò che vale, in quanto libero da condizionamenti che lo ostacolavano continuamente. Vedremo.

Noi ribadiamo il giudizio negativo su questo governo e che occorre, alle prossime elezioni politiche, creare le condizioni, come avvenuto in parte in Francia, per una svolta democratica, di sinistra e progressista.

Giuseppe Mattioli
La Sinistra per Perugia

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