Si riacutizza la crisi dell'economia umbra. La regione fatica più di altre aree del Paese ad uscire dalla fase recessiva. Lo dicono i numeri dell'ultima indagine congiunturale di Unioncamere Umbria sulle imprese manifatturiere e commerciali, relativa al secondo trimestre 2014. Sono i dati ufficiali più recenti a disposizione. In generale, vanno meglio le aziende più grandi e strutturate. Le piccole e piccolissime imprese sono ancora immerse nella durissima crisi.

Qualche luce arriva dai mercati esteri dove il segno positivo è comune in tutte le attività economiche anche se il rallentamento, rispetto alle performances dei mesi precedenti, appare evidente. Sulle cifre negative pesano le incertezze del polo ternano dell'acciaio che di certo condizionano le statistiche generali. Ma la battuta d'arresto appare comunque brusca, dopo una lunga sequenza di trimestri i cui risultati sembravano presagire un’imminente uscita dal periodo più difficile.

Giorgio Mencaroni, presidente di Unioncamere Umbria avverte: "Di fronte a una situazione così grave occorre una risposta comune ed eccezionale di tutte le istituzioni politiche ed economiche. E' urgente far ripartire un ciclo positivo di investimenti pubblici e privati. A partire dal settore dell'edilizia che può ridare forza a tante piccole e piccolissime imprese del nostro territorio. Le banche devono aiutare di più le aziende. Dal governo centrale ci aspettiamo che vengano liberate risorse finanziarie vitali per le imprese. E che si punti con decisione ad una vera semplificazione burocratica".

 

Le imprese manifatturiere

L’indagine realizzata da Unioncamere Umbria su un campione di 400 imprese manifatturiere che operano in Umbria, è articolata in 8 macrosettori di attività. L'andamento negativo ha investito tutti i settori produttivi e tutte le classi dimensionali. Significativi i giudizi qualitativi degli imprenditori intervistati: il 30% segnala una diminuzione della produzione contro il 14% che dichiara un aumento. Per quanto riguarda le previsioni per il terzo trimestre sono le imprese più piccole ad essere più pessimiste.

Il calo del fatturato è del -2,2% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente, lontano dal lieve incremento del dato medio nazionale (+0,3%). Il 57% degli imprenditori segnala una situazione invariata, il 29% una flessione e  solo il 14% un miglioramento. Il fatturato verso i mercati esteri cresce invece rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente (+1,3%) ma molto meno del primo trimestre 2014 (+4,6%) e è ancora molto più basso del dato medio nazionale (+2,9%). Il 24% degli imprenditori si aspetta una crescita e il 16% un peggioramento della situazione.

La variazione degli ordinativi è negativa del -2,2% rispetto al secondo trimestre del 2013. Fra gli imprenditori intervistati il 30% si aspetta una ulteriore diminuzione e il 14% prevede un aumento. I dati sono più brutti di quelli delle altre regioni del Centro Italia (-1,9%) a fronte della perfetta stabilità del dato medio nazionale. Va meglio per gli ordinativi provenienti dall’estero, soprattutto quelli delle aziende con più di 50 addetti. Il dato umbro fa registrare un incremento dell’1,8% rispetto al 2° trimestre 2013. Meglio del Centro Italia (+1,2%) ma comunque peggio del dato nazionale (+ 2,9%).

Migliora il dato del grado di utilizzo degli impianti (76,3%). Va molto meglio anche il portafoglio ordini: il numero delle settimane di produzione assicurata è pari a 8,9. Un dato incoraggiante rispetto ai primi tre mesi del 2014 quando era stato di 6,5. Colpisce, dopo una lunga serie di risultati positivi, la brusca frenata delle industrie alimentari: -2,1% rispetto al corrispondente trimestre del 2013, proprio mentre il settore a livelli nazionali presenta finalmente dati di stabilità. Cresce il mercato estero (+0,4) ma molto meno del primo trimestre 2014 quando l'espansione del settore era stata del + 4,5%.

Nel comparto delle industrie tessili, dell’abbigliamento e delle calzature il segno più rimane nel mercato estero, sia per il fatturato (+1,5%) che per gli ordinativi (+ 1,9%).  Per il resto, numeri negativi sia in termini produttivi (-0,7%) che di fatturato (-1,0%). E per i mesi a venire i responsabili delle imprese sono ancora pessimisti. Lo stato di difficoltà del settore del legno e del mobile dura da tempo e viene confermato anche nel secondo trimestre 2014: scendono la produzione (-1,4%) il fatturato totale (-1,5%) e anche gli ordinativi (-1,8%). La congiuntura rimane negativa anche a livello nazionale (-2,4% la produzione e -2,1% il fatturato).

Flettono anche le industrie chimiche, petrolifere e delle materie plastiche,  in termini produttivi (-2,4% ), di fatturato (-2,6%) e di ordinativi (-4,8%) a fronte di un dato nazionale che è stabile e anche in crescita per quanto riguarda i mercati esteri. Arretramenti più leggeri nelle industrie dei metalli: -0,5% la produzione e -0,3% il fatturato rispetto allo stesso periodo del 2013. Il comparto va molto meglio sui mercati esteri  (+2,7%) in linea con il dato nazionale. Ma anche per l'export i vari indicatori segnalano un peggioramento.

Decisamente pesante è anche il bilancio dal settore delle industrie elettriche ed elettroniche dove c'è stato quasi un crollo produttivo rispetto allo scorso anno (-11,4%), in controtendenza rispetto alla relativa stabilità dei dati nazionali. Pesante anche la caduta del fatturato (-11,3%) nonostante i buoni risultati dei mercati esteri (+8,4%). Ma nonostante i numeri la maggioranza degli imprenditori manifesta aspettative di crescita nel 3° trimestre 2014, soprattutto per quanto riguarda l'export.

Torna negativo anche il dato delle industrie meccaniche e dei mezzi di trasporto sia per la produzione (-1,8%), che per il fatturato (-3,5%) e gli ordinativi (-1,4%). Numeri che sono in controtendenza  rispetto al dato nazionale che invece cresce soprattutto per quanto riguarda i mercati esteri. Gli imprenditori si aspettano però un miglioramento soprattutto per gli ordinativi provenienti dai paesi stranieri.

Non vanno meglio le imprese della fabbricazione della carta, della lavorazione della ceramica ed altre attività come riparazione, manutenzione ed installazione, dove arretrano la produzione (-0,8%), il fatturato (-1,7%), e gli ordinativi, che però calano nel mercato interno(-2,2%) e crescono in quello estero (+0,9%).

 

Le imprese commerciali

Le piccole imprese commerciali arrancano, quelle più grandi migliorano le loro performances. Il dato umbro rispetta quello nazionale. L'indagine di Unioncamere Umbria riguarda un campione di 180 imprese ed è articolato in 3 macrosettori di attività: Ipermercati, supermercati e grandi magazzini; commercio al dettaglio di prodotti alimentari e commercio al dettaglio di prodotti non alimentari.

Spicca all'occhio il dato delle vendite che sono comunque in calo rispetto all'anno precedente (-3,3%). Ma con forti differenze. Si passa infatti da un valore negativo del -4,9% del commercio al dettaglio di prodotti alimentari e dal -4,2% del commercio al dettaglio di prodotti non alimentari, alla evidente crescita (+2,3%) segnalata nel macro comparto costituito dagli ipermercati, dai supermercati e dai grandi magazzini. Per il futuro, la maggior parte degli imprenditori non si aspetta cambiamenti significativi. Gli ottimisti (39%) prevalgono però su chi teme ulteriori riduzioni (9%). Al giro di boa della metà del 2014, l’87% delle imprese inserite nel campione d’indagine ritiene adeguata la dotazione delle proprie giacenze: il 7% la valuta esuberante e il 5% scarsa.

Prevale l'incertezza per quanto riguarda gli ordinativi: per il terzo trimestre la quota degli imprenditori che teme una riduzione è del 19%, quella di chi prefigura un aumento raggiunge il 13%. I dati nazionali combaciano con quelli dell'Umbria, dove però il settore della grande distribuzione si aspetta una tendenza espansiva. La lunghissima crisi del commercio dovuta al crollo dei consumi non spegne però la tenacia degli imprenditori umbri: il  23% degli intervistati prevede uno sviluppo della propria attività, il 72% una situazione di stabilità, il 4% una riduzione e solo l’1% pensa al ritiro dal mercato.

L'ottimismo alberga soprattutto negli esercizi riconducibili alla “grande distribuzione” dove l’aspettativa di sviluppo viene segnalata nel 76% degli intervistati e dove non sono previsti casi di riduzione o di ritiro dall’attività.

 

CRUSCOTTO

Dati congiunturali del secondo trimestre 2014

 

Il saldo tra iscrizioni e cessazioni

Nel secondo trimestre del 2014 è cresciuto il numero delle imprese: le nuove iscrizioni sono state 1.400, il 25% in più delle cessazioni “non di ufficio”. Incremento importante perché si recupera quasi integralmente la flessione del trimestre precedente. Rispetto a un anno fa, le iscrizioni diminuiscono del 2,5%, mentre le cessazioni (non d’ufficio) aumentano addirittura di quasi il 41%. Se cresce il numero delle imprese registrate cala però il numero totale degli addetti delle imprese: -3,4 rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno. Peggio del dato nazionale che è del -1,6%. L’andamento delle iscrizione e delle cessazioni (non d’ufficio) è molto diverso in relazione alla forma societaria: tra le società di capitali, le iscrizioni sono oltre cinque volte le cessazioni; anche per società di persone e le “altre forme” societarie, il saldo è positivo, ma proporzionalmente molto più limitato; nel caso delle imprese individuali, le cessazioni sono più numerose delle iscrizioni. In valore assoluto, le iscrizioni di imprese individuali sono due volte e mezzo quelle di società di capitali.

L’andamento delle iscrizioni nei diversi comparti

Il Commercio registra la maggioranza delle iscrizioni (il 30% circa del totale delle imprese nuove iscritte classificate); seguono Agricoltura e Costruzioni con un valore entrambe attorno al 14%. Relativamente numerosi sono anche gli aggregati di nuove iscritte nei Servizi alle imprese e nel Turismo. Rispetto al secondo trimestre 2013, le iscrizioni diminuiscono in tutti i comparti, con punte in Assicurazione e credito (-29% delle iscritte “classificate”), nel Manifatturiero (-24%) e nel Commercio (-13,6%). In controtendenza, sono i Servizi alle imprese (+7,4%) e il Turismo, con un aumento delle iscrizioni di quasi il 2% (vedi grafico 2). Su base semestrale, le iscrizioni sono ancora in diminuzione in modo significativo in Assicurazione e credito (-26,4%) e Manifatturiero (-5%).

L’andamento delle cessazioni (non d’ufficio) nei diversi comparti produttivi

Anche nel caso delle cessazioni, il Commercio si conferma il comparto con il maggior numero di casi (circa il 31% del totale delle cessate classificate). Piuttosto elevato è anche il peso delle cessazioni in Agricoltura (circa il 21%), Costruzioni (15%), poi Turismo e Servizi alle imprese con valori intorno al 9%. Rispetto al secondo trimestre 2013, le cessazioni diminuiscono solo in Trasporti e spedizioni (quasi del 17%); aumentano negli altri comparti e in modo molto forte in Agricoltura (+87%), Commercio (quasi del 64%) e nel Turismo (+52,5%). Su base semestrale, le cessazioni aumentano in modo più consistente ancora in Agricoltura (+29%), Turismo (+19,6%) e Assicurazione e credito (+19,1%).

Iscrizioni di imprese “femminili”, “giovanili” e “straniere”

Anche nel secondo trimestre 2014, l’imprenditoria “femminile” e ancor più quella “giovanile” mantengono notevole dinamismo. Circa il 30% delle nuove iscritte sono imprese “femminili”; quelle che rientrano nella categoria delle “giovanili” arrivano addirittura al 32%. Rispetto al secondo trimestre 2013, l’andamento è però piuttosto debole: sia le “femminili” che le “giovanili” diminuiscono di poco più del 6% (vedi grafico 3). Le imprese “straniere” sono il 17% delle nuove iscritte nel trimestre in considerazione, e in aumento di circa il 5% rispetto al dato dello stesso trimestre dello scorso anno.

Scioglimenti, liquidazioni e procedure concorsuali

Le imprese che hanno avviato le procedure di scioglimento e le liquidazione sono quasi il 16% delle nuove iscritte, e risultano in leggero calo rispetto al secondo trimestre del 2013.

Apertura e chiusura delle unità locali

Il rafforzamento almeno numerico del tessuto produttivo umbro è confermato dal saldo positivo tra aperture e chiusure di unità locali; le prime sono state circa il 34% in più delle seconde. Un risultato però inferiore a quello nazionale (dove le unità locali aperte sono poco meno del 40% in più delle unità locali chiuse). L’Umbria mostra una buona capacità di attrarre attività produttive da altre regioni italiane; infatti, ben il 29% delle unità locali aperte nel secondo trimestre 2014 è di imprese con sede non in Umbria. In termini di unità locali attive, le imprese umbre mostrano nel secondo trimestre 2014 un notevole potenziamento, con un aumento netto di 130 unità, corrispondenti ad un numero di aperture superiore del 35% quello delle chiusure.

La variazione degli addetti nelle imprese co-presenti

È stato considerato un campione di 53.229 imprese attive in Umbria e co-presenti sia nel primo trimestre 2014 che nello stesso trimestre dell’anno precedente. Rispetto allo scorso anno, queste imprese hanno subito una forte contrazione degli addetti, arrivata al -3,3%; un risultato nettamente peggiore di quello osservato a livello nazionale (-1,2%, su un campione di circa 3,4 milioni di imprese).

Imprese di capitali: i risultati aggregati nel periodo 2011 – 2013

È stato considerato un insieme di imprese attive nella regione Umbria e “co-presenti” nel triennio 2011 – 2013, che, cioè, hanno presentato il loro bilancio in tutti e tre gli anni considerati. I dati aggregati riferiti ai tre periodi derivano, quindi, dalle stesse imprese. Con riferimento all’ultimo anno, il 79% è rappresentato da micro aziende, poco meno del 17% da “piccole”; il 3,4% da “medie” e lo 0,8% da “grandi”. Tenuto conto dei limiti di significatività del dato disponibile, il campione mostra nel 2013 il valore della produzione e il valore aggiunto in diminuzione molto contenuta (ma che prosegue il trend riflessivo già avviato l’anno precedente). Più consistente è il calo dell’Ebit rispetto al 2012, che diventa un crollo rispetto al 2011. Il risultato netto ante imposte passa dagli oltre €66 mil. del 2012 ai meno di €9 mil. del 2013. L’utile netto diviene addirittura fortemente negativo, a € 31 milioni.

Nel 2013, rispetto all’anno precedente, le imprese in utile diminuiscono dell’1%; aumenta tuttavia il loro valore della produzione totale. Dunque, le imprese che aumentano la presenza sul mercato sono tendenzialmente anche quelle più profittevoli. In tutti i comparti, le società in utile sono nettamente più numerose di quelle in perdita, ad eccezione di quelle del Turismo dove si equivalgono nella numerosità. La differenza positiva è proporzionalmente più elevata nell’ambito dei Servizi alle imprese.

Confrontando il ROI con il valore della produzione, è da segnalare le ottime performance dei Trasporti e spedizioni e del Commercio, che riescono ad avere la maggiore redditività degli investimenti a fronte di un buon valore della produzione. Pessime sono le performance di Turismo, Assicurazioni e credito e Costruzioni che a bassi livelli di ROI (quasi pari allo 0) affiancano valori modesti della produzione. I risultati dei principali indicatori di bilancio mostrano nel 2013 valori molto modesti e in netto peggioramento rispetto al 2012 per l’intero campione; più soddisfacenti per l’insieme delle società in utile. In particolare, nel 2013, il campione totale mostra un ROI pari all’1,3% rispetto al 2,5% dell’anno precedente e un ROE addirittura negativo al -2,8%, contro l’1,8% del 2012. Per le sole società in utile, i valori di ROI e ROE sono nel 2013 rispettivamente il 5,7% e il 9,7% (vedi grafico 8).

Il grado di indipendenza finanziaria (capitale proprio diviso attivo totale) risulta non alto, e stabile rispetto all’anno precedente; nel 2013 si colloca al 30% nel caso del campione totale e al 31,5% per quanto riguarda le sole imprese in utile. Il confronto tra la numerosità delle diverse categorie dimensionali di imprese presenti nel campione e i risultati economici aggregati all’interno di ciascuna categoria evidenzia l’importanza delle piccole imprese che realizzano oltre il 30% del valore della produzione totale. Le “grandi”, tuttavia, pur essendo numericamente solo lo 0,8% del campione, generano oltre il 27% e addirittura il 60% circa dell’Ebit. Le “grandi” sono, inoltre, l’unico aggregato dimensionale a registrare un risultato netto complessivo positivo.

Sul piano della redditività, le “medie” mostrano la condizione peggiore, con valori negati sia per quanto riguarda l’Ebit che il risultato netto. Spostando l’attenzione sulla dinamica del fatturato per le diverse categorie dimensionali, si osserva come nel 2013 “grandi” e “piccole” riducono il loro fatturato rispetto al 2012 del -9,5% e del -2,9%. Le medie imprese, invece, registrano una considerevole crescita del 5,7%, mentre le “micro” rimangono stabili. Considerando l’intero orizzonte temporale dal 2011 al 2013, si riscontra per tutte le classi dimensionali una riduzione del fatturato con l’unica eccezione rappresentata dalle “piccole”, dove cresce dell’1,7%.

Le start – up innovative in Umbria

Al 30 giugno 2014, in Umbria si contano 26 imprese che rientrano nell’aggregato delle “start – up innovative”: l'aumento, rispetto alla fine del 2013 è del 13%. Rappresentano l’1,17% del totale italiano. La loro crescita è leggermente più lenta di quella media nazionale. E il loro peso sul totale delle società di capitali della regione è pari allo 0,12%, proporzionalmente inferiore al valore medio nazionale (0,14%). Il 65% delle start – up innovative è nel comparto Servizi alle imprese e il rimanente 35% nel Manifatturiero. Il 15% circa delle start – up innovative umbre è un’impresa giovanile; un altro 15% ha natura di impresa “femminile”; non vi sono, invece start – up innovative tra le imprese “straniere” La percentuale delle “giovanili” sul totale è, in Umbria, largamente inferiore a quella osservata a livello nazionale (26,8%); nel caso delle imprese “femminili”, è invece leggermente superiore.

Terni è la provincia con la maggior percentuale di start – up innovative (quasi il 54% del totale). Le start – up innovative umbre sono complessivamente molto più piccole della media nazionale. Registrano una perdita operativa complessiva relativamente molto contenuta: essa è infatti solo il 5% del valore della produzione. Solo 4 start – up innovative hanno dipendenti; tra queste, il numero medio di dipendenti è pari a 14 (15 è la media nazionale).

Secondo i bilanci del 2012, poco più del 54% delle start – up innovative è risultato in utile. Risultano tendenzialmente competitive, anche considerato che le sole in utile realizzano complessivamente il 77% del valore della produzione. Ancora con riferimento al 2012, il ROI e il ROE delle start – up innovative umbre mostrano valori negativi, ma migliori di quelli osservati a livello nazionale; rispettivamente -4% (-11% il dato nazionale) e -26% (-27% il risultato nazionale). L’indice di indipendenza finanziaria è, invece, decisamente peggiore, essendo pari al 25%, rispetto al 34% a livello nazionale. Le start – up innovative umbre generano un valore aggiunto particolarmente basso, pari a solo l’8% del valore della produzione; un risultato molto modesto sia rispetto al totale di quelle italiane (con un rapporto tra valore aggiunto e valore della produzione pari al 13%), che al totale delle imprese di capitali dell’Umbria (ove tale rapporto arriva al 19%).

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