di Alessandro Roccato.

Gigi Riva è un nome divenuto leggenda del Calcio italiano, il contrassegno di un pezzo di storia felice dello sport e del costume nazionale. La sua immagine epica e la personale interpretazione del proprio mito, del quale non fu mai prigioniero
Gigi Riva e' il calciatore che più d’ogni altro ha incarnato l’essenza stessa del gioco del calcio: il goal. Come lui, nessuno ha raccolto consensi, ammirazione e affetto, geograficamente tanto vasti tra il folto e appassionato, e fin troppo campanilista, popolo dei calciofili. È stato il campione di tutti, pur indossando, nella sua carriera, unicamente la maglia del Cagliari, oltre, ovviamente, quella della Nazionale di cui è divenuto l’inarrivabile capocannoniere.
La rivoluzionaria vittoria dello scudetto da parte del Cagliari e i successivi fasti mondiali di “Mexico 70” svelarono all’Italia intera che il Calcio era, di diritto, parte integrante del costume nazionale: mai ci siamo sentiti così tanto fratelli d’Italia come nella notte del 17 giugno 1970, al termine di Italia-Germania-quattro-a-tre, “la partita del secolo”.
Nato ala, è stato poi reinventato, con risultati eccellenti, puro centravanti. Veloce e prorompente, prediligeva accentrarsi dalla sinistra per concludere a rete. Abile palla al piede, Gigi Riva aveva un fisico tale da poter sfruttare anche i palloni alti: da mandare in rete di testa come nel caso del memorabile tuffo contro la Germania Est che portò l’Italia a Messico ’70 o in acrobazia, come quel gol diventato storia rifilato al Lanerossi Vicenza nel 1970.
Rombo di Tuon, un soprannome donatogli dal noto giornalista Gianni Brera, che commentando il successo dei sardi per 3 a 1 a San Siro sull'Inter scrisse una frase diventata poi celeberrima: «Il Cagliari ha subito infilato e umiliato l’Inter. Oltre 70.000 spettatori: se li è meritati Riva, che qui soprannomino Rombo di Tuono»

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