Riprendiamoci il futuro.
Il breve documento che segue è il primo frutto di un percorso di conoscenza e approfondimento che Sinistra ecologia libertà sta conducendo in Umbria, anche in vista delle prossime elezioni regionali. Abbiamo tenuto un impegnativo seminario il 21 ottobre ad Assisi, con la partecipazione di otto relatori e di oltre cinquanta compagne e compagni provenienti dalle città e dai circoli di SEL. Lo proseguiremo nelle prossime settimane con la campagna “Da sinistra e dal basso: Cento sguardi sull'Umbria della crisi”, e lo porteremo a termine a novembre con la Conferenza programmatica regionale. Il testo qui riprodotto è quindi un primo passo, che enuncia solo le grandi linee di un ragionamento, la traccia di una discussione appena avviata. Lo sottoponiamo comunque all'attenzione dell'opinione pubblica, e in primo luogo della sinistra diffusa e delle forze politiche del centrosinistra, perché ci sembra possa contribuire a mettere in luce la natura dei problemi e l'ampiezza del ripensamento che serve alla comunità regionale. Crediamo che anche il dibattito in corso su liste, alleanze, candidature abbia bisogno, prima di tutto, di verificare se c'è accordo sul giudizio che si dà sulla realtà e sulle decisioni da prendere per cambiare le cose.
1. Dentro la crisi, oltre la crisi: c'è un futuro per l'Umbria ?
Un serio pericolo minaccia l'economia e la qualità civile dell'Umbria e delle sue città. Sette anni di crisi hanno messo a dura prova la società e il sistema produttivo, con un peggioramento assoluto di tutti gli indici sociali ed economici e – cosa anche più grave – con un arretramento relativo rispetto alle altre regioni: in un'Italia che arretra l'Umbria arretra un po' di più. Questo produce drammatiche difficoltà nel presente, ma alimenta un interrogativo ancora più inquietante sul futuro: se e quando ci sarà una ripresa, riusciremo a coglierne le opportunità? Oppure il danno che la crisi sta producendo (crisi aziendali, impoverimento del tessuto civile, ridimensionamento dei servizi pubblici, ecc.) sta trascinando l'Umbria fuori dal futuro, fuori dai flussi decisivi dello sviluppo economico e della qualità sociale ?
2. Che ciascuno faccia la sua parte. Qui ed ora.
Come riprenderci un futuro che ci sta sfuggendo di mano? Non è una domanda che può essere elusa, perché il pericolo è attuale e concreto. Non può essere affidata a qualche convegno di studiosi, perché la risposta dipende in gran parte dalle scelte che le classi dirigenti faranno in questi mesi: le cose si possono vedere o non vedere, la verità si può raccontare o non raccontare, il coraggio di cambiare si può avere o non avere. E non è una domanda che riguardi il solo sistema politico, perché ad essere messo alla prova è l'insieme delle classi dirigenti: imprese, professioni, Università, organizzazioni sindacali e di categoria, intellettuali, le esperienze dell'associazionismo culturale, sociale, ambientalista. L'Umbria che uscirà dalla crisi sarà comunque molto diversa da quella che conoscevamo: sta a noi dare al cambiamento una direzione che vada d'accordo con la dignità del lavoro, con il futuro dei giovani, con la democrazia, con il benessere dei cittadini.
3. Una rivoluzione copernicana per riprendersi il futuro.
Quello che serve agli Umbri è un rovesciamento del punto di vista, una rivoluzione copernicana che guardi al presente con gli occhi del futuro (che cosa sarà l'Umbria tra venti anni ?), senza censure e senza risparmiare santuari protetti né rendite di posizione: non si arresta il declino dell'Ateneo perugino se non si investono grandi risorse in innovazione e ricerca scientifica; non si fa scudo alla crisi, nelle imprese, se non aumentano gli investimenti privati per ricerca e sviluppo (oggi lo 0,5,degli investimenti nazionali) e non si strutturano reti in grado di affrontare la dimensione internazionale; non si arresta l'esodo di giovani laureati (oggi un triste primato dell'Umbria) se non nascono nuove imprese; non si sta nella globalizzazione se non si dialoga con le multinazionali presenti in regione; non si fanno serie politiche del lavoro senza rivoluzionare il sistema della formazione professionale. Ma non si farà niente di tutto questo se le politiche pubbliche non faranno la loro parte: indicando una direzione e dimostrando la necessaria coerenza.
4. Le politiche pubbliche.
Le istituzioni locali, a partire dalla Regione, non possono tutto (non possono, innanzitutto, “cambiare il verso” della sciagurata politica economica imposta dai poteri finanziari e veicolata da Commissione europea e Governo nazionale), ma possono molto. Innanzitutto, possono selezionare la destinazione degli imponenti fondi europei che transitano per la regione (1.800 milioni nei prossimi 7 anni), finanziando chi risponde a determinati criteri (investimenti in ricerca, innovazione di prodotto, assunzione stabile di giovani laureati) e rinunciando una gestione concertata ed “a pioggia” che può servire a non farsi nemici, ma non a salvare il sistema produttivo. Possono riconsiderare i propri stessi interventi alla luce di un più rigoroso criterio di sostenibilità (la rivisitazione di tutti gli strumenti urbanistici con l'obiettivo di risparmiare territorio e salvaguardare il paesaggio) e di uguaglianza (la garanzia dei diritti di tutti, nelle città dell'Umbria, a partire dai soggetti minoritari o svantaggiati e da una ormai urgentissima lotta alla povertà). E possono combattere privilegi, ridurre i costi del proprio funzionamento, mettere la macchina pubblica nelle mani di giovani qualificati e non di raccomandati. Ma il cuore della riforma, la questione che richiede uno sforzo straordinario ed un pensiero capace di guardare lontano, è il tema del lavoro. Su questo terreno occorre andare oltre una linea di galleggiamento sulla crisi e limitazione del danno, guardare con realismo ai modesti risultati ottenuti e provare a darsi una prospettiva.
5. Prima di tutto il lavoro.
“Prima di tutto il lavoro” significa partire da un dato di realtà: i disoccupati umbri sono oltre 40mila (erano 17mila sette anni fa); i precari circa 115mila; i cassaintegrati a rischio 20mila: in tutto un esercito di oltre 170mila persone in difficoltà in una regione che non arriva a 900milla, che pratica salari più bassi della media nazionale e che è in testa alle classifiche per scolarizzazione e fuga dei giovani. Occorrono dunque misure straordinarie volte sì a limitare il danno, ma soprattutto a creare le condizioni di una nuova stagione di crescita, in grado di assicurare la quantità e la qualità delle opportunità di lavoro. Le politiche pubbliche devono essere favorire la nascita di nuove imprese innovative (start-up, imprenditoria giovanile, co-working); attrarre imprese da fuori regione; mettere le eccellenze produttive della regione (una sessantina di medie imprese) in condizione di acquistare qui le forniture e i servizi avanzati di cui hanno bisogno. Occorre poi estendere e sostenere le opportunità legate alla nuova agricoltura e rompere l'equazione grandi infrastrutture = occupazione (per lo più temporanea dequalificata e sottopagata), rinunciando definitivamente alla progettata autostrada E45 per rovesciare l'orientamento dei lavori pubblici, concentrandosi su manutenzione del territorio, rivisitazione del costruito, efficienza energetica. Occorre infine guardare con più convinzione alle opportunità di lavoro buono e qualificato offerte dal turismo responsabile, dalla produzione culturale in senso ampio (dallo spettacolo all'alta formazione, dall' informazione al design ai beni culturali) e dal complesso dei servizi alla persona, così strettamente connessi ai diritti dei cittadini e così intrecciati con la responsabilità e la competenza diffusa delle persone, nelle varie forme del volontariato, dell'associazionismo, del “terzo settore”.
6. Una missione per la sinistra.
E' un impegno di grande portata, una svolta ormai urgentissima che deve partire dalla prossima campagna per le elezioni regionali. Nella capacità di riconoscere questa sfida e raccoglierla sta anche il ruolo della politica, la sua utilità: tutti vedono che l'eredità del passato è stata consumata ed il futuro è tutto da conquistare. In questa ricerca Sinistra ecologia libertà è pronta a dare un proprio contributo, confrontandosi con tutte quelle forze che, nella sinistra diffusa e nel variegato spazio del centrosinistra, mostrano di condividere il senso dell'urgenza. Non abbiamo poltrone da difendere né da rivendicare. Siamo pronti a rimetterci in discussione ed a contribuire alla nascita di una sinistra più larga ed inclusiva, ma non intendiamo venir meno alla nostra responsabilità né rinunciare ad un punto di vista autonomo sulla realtà: parleremo con tutti, ascolteremo tutti quelli che vorranno parlarci, anche attraverso la campagna “Da sinistra e dal basso. Cento sguardi sull'Umbria della crisi”. Cercheremo nella società e nel sistema politico compagne e compagni di strada che condividono le nostre preoccupazioni e sentono il bisogno di mettere in campo una sinistra capace di cambiare le cose senza tradire se stessa. Poi, nella Conferenza programmatica di novembre, tireremo insieme le somme di questa discussione.
Il coordinamento regionale Umbria di Sinistra Ecologia Libertà
Fausto Gentili

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