di Elio Clero Bertoldi
PERUGIA - Si va a tamburo battente: tre partite in sette giorni. Ed a rendere ancora più delicata la situazione, al Perugia tocca scendere al "Romeo Neri" di Rimini contro una squadra - all'allenata dall'ex difensore biancorosso Diego Gabriel Raimondi - infuriata come un toro cui si sventola davanti al muso la "muleta" color rosso-scarlatto. 
La formazione romagnola, infatti, esce dalla terza sconfitta in quattro giornate, maturata nello stadio di Pescara ad opera del Pineto. L'undici abruzzese ha impallinato i riminesi, rimasti in dieci per l'espulsione di Semeraro, nei minuti finali. Comprensibile che gli sconfitti schiumino rabbia, anche perché hanno colpito una traversa (per onestà, comunque, il Pineto ne ha scheggiati due di legni...). Tra l'altro i sostenitori romagnoli hanno divelto diversi sedili del settore in cui erano ospiti, dimostrando ben poca sportività.
In breve: si profila un altro scontro all'ultimo sangue per il Perugia. Che potrebbe presentarsi in Romagna con un modulo "ritoccato" e cioè quello utilizzato nel finale contro il Pontedera: una sola punta e tre uomini alle spalle. I prescelti? Gli allenatori non amano scoprire le carte fino al momento di scendere in campo.
Guelfa come Perugia, Rimini ha toccato il vertice della sua vicenda storica con i Malatesta, veri mecenati. E varrà ricordare che i Priori perugini "sottrassero" ai romagnoli un artista come il fiorentino Agostino di Duccio (1418-1481). Lo scultore, utilizzato per arricchire gli interni del Tempio Malatestiano, arrivato a Perugia (dove visse molti anni ed in cui morì), lavorò non solo alla splendida facciata dell'Oratorio di San Bernardino, ma anche alla Porta San Pietro (una volta: delle due Porte), in corso Cavour, al Borgo Bello. La cui eleganza ed il cui nitore (dopo il recente restauro risalta ancora di più) l'artista riprese ispirandosi al Tempio Malatestiano di Rimini.
E fu il guelfo Carlo I Malatesta di Rimini il gonfaloniere dell'esercito papale, signore per un paio di giorni di Perugia, che affrontò e venne sconfitto oltre che preso prigioniero, nella piana di Sant'Egidio, nel luglio del 1416, da Braccio Fortebracci. Il condottiero romagnolo, per riacquistare la libertà perduta quel giorno infausto, per la sua fazione, fu costretto a sborsare un salatissimo riscatto. 
Chissà che Francesco Baldini, studiando le strategie di Braccio (velocità di movimento, incursioni ripetute ed alternate su tutto il fronte d'attacco), non possa mettere a segno una scorreria vittoriosa a Rimini. 
Sempre restando cosciente (lui ed i suoi uomini) che i padroni di casa saranno disposti fino all'ultimo a vendere cara la pelle per non scivolare in una crisi "Neri...ssima".

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