Ha riscosso diversi consensi, nell'audizione dei soggetti interessati svoltasi stamani a Palazzo Cesaroni su richiesta della Commissione Sanità del Consiglio regionale, la proposta di legge del gruppo Prc – Fds (http://goo.gl/eh1vt) per la somministrazione ad uso terapeutico dei cannabinoidi e dei farmaci contenenti i principi attivi della cannabis. Vi hanno preso parte, oltre ai membri della Commissione, diversi medici operanti nelle strutture sanitarie della regione, un rappresentante dei farmacisti preparatori e diversi esponenti di associazioni di cittadini. Sì all'utilizzo di farmaci che sono scientificamente riconosciuti assai meno tossici di molte sostanze già in uso, esempio più eclatante gli oppiacei, nelle cure contro il dolore. Ma se l'efficacia dei farmaci cannabinoidi è già provata, non si negano effetti psicotropi di tali sostanze, specie fra i giovani. Restano da chiarire anche gli aspetti sulle modalità di preparazione e somministrazione di farmaci cannabinoidi, fermo restando che che in Italia tale consumo è illegale e che la proposta di legge regionale non è ancora stata approvata.

 

Di seguito, un sunto degli interventi:

 

Fabio Conforti (medico Hospice-Cure palliative Asl2, Spoleto): “I professionisti che si occupano di malati oncologici sanno che quella del Consiglio regionale è una grande iniziativa. Non possiamo non considerare che gli oppiacei, che vengono regolarmente prescritti, possiedono una tossicità acuta, mentre la cannabis no. Più strumenti terapeutici abbiamo a disposizione, meglio è. Rispetto al disegno di legge in discussione, bisognerebbe estendere la possibilità di somministrare farmaci cannabinoidi a tutti i soggetti medici, perché la legge, al momento, esclude i miei colleghi dell'Hospice. Inoltre nel Comitato tecnico scientifico che la legge stessa prevede bisognerebbe includere non uno solo ma due medici rispettivamente per cure palliative e terapia del dolore, che sono cose diverse”.

 

Alessandro Rossi (farmacista rappresentante Sifap-Società italiana farmacisti preparatori): “I farmacisti preparatori sono pronti ed in grado di intervenire anche attraverso la preparazione galenica per ovviare ai problemi di approvvigionamento della sostanza, pur se da venerdì scorso è in Gazzetta ufficiale anche la pianta Cannabis, non solo il Thc (Tetraidrocannabinolo, il principio attivo, ndr)”.

 

Alberto Sciolari (vicepresidente “Associazione pazienti impazienti cannabis” – Roma): “I malati si rivolgono a noi come associazione per sapere come fare ad esercitare il proprio diritto di scegliersi la cura. E' in vigore da anni un decreto che permette di acquistare all'estero qualsiasi farmaco, ma la cosa non può avvenire a carico del malato poiché si crea iniquità sociale. Solo pochi possono permetterselo. Inoltre non bisognerebbe limitare la somministrazione di farmaci cannabinoidi per la sola terapia del dolore perché si sono registrati risultati positivi in molti campi della medicina”.

 

Mariano Pedetti (dirigente medico Ser.T Media Valle Tevere): “I cannabinoidi sono farmaci interessantissimi e la loro efficacia è già provata, anche se occorrerebbe un periodo di sperimentazione lungo, di almeno due o tre anni, per stabilire conclusioni valide per un adeguato piano terapeutico. Ad ogni modo non si deve sottovalutare che nell'utilizzo di cannabis gli effetti psicotropi ci sono, c'è una tossicità cronica come pure patologie di tipo psichiatrico, soprattutto negli adolescenti. Quindi non bisogna demonizzare ma considerare tutti gli aspetti. Aspetto essenziale è quello della formazione dei medici”.

 

Patrizia Cirinu (antropologa, presidente Comitato verità per Aldo Bianzino): “E' necessario eliminare l'immaginario negativo costruito da decenni di proibizionismo nei confronti di una pianta, che può portare a conseguenze molto gravi come dimostra il caso Bianzino, entrato nell'illegalità per avere coltivato cannabis e poi morto in carcere. Occorre lavorare sull'accettabilità sociale, perché si chiede di usufruire di un effetto terapeutico cui il cittadino ha diritto, il diritto di scegliersi una cura che deve essere accessibile tramite il Servizio sanitario nazionale, eventualità che escluderebbe il ricorso al mercato nero gestito dalla criminalità, che non si fa certo scrupoli nel controllare dosaggi e composizioni delle sostanze che smercia illegalmente”.

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