di Stefano Vinti

Alcuni temi che caratterizzano la questione sociale in Umbria sono totalmente disattesi dalle istituzioni locali e dalle forze politiche sia di maggioranza sia di minoranza. Cioè, non viene ipotizzato da chi ha il potere di adottare provvedimenti risolutivi e da chi dovrebbe agirlo nella società e avanzare delle proposte sul piano amministrativo  e politico. Come ad esempio il 'caro vita'. Secondo le statistiche la nostra regione è la seconda più cara d' Italia. Ogni famiglia umbra spende 1.626 euro in più ogni anno per l'acquisto della stessa quantità di beni e servizi, e l'inflazione è ancora molto alta, al 7,2%. Perugia è l'ottava città più costosa d' Italia, e le famiglie perugine pagheranno 1.656 euro in più l'anno, un aumento che va oltre la media umbra.
L' inflazione media reale dei generi alimentari di prima necessità è stabile al 10,5 %. Praticamente una mensilità che evapora per ogni lavoratore e per i redditi medio bassi in generale, ad iniziare dai pensionati che ricevono le pensioni più basse della media nazionale.
In Umbria, su 230 mila lavoratori subordinati sono 40 mila quelli che lavorano con un salario o uno stipendio  inferiore ai 9 euro  l'ora. Gli occupati in 'nero' sono 44.800, il lavoro sommerso è il 12,4% del lavoro regolare, mezzo punto oltre la media nazionale. Un lavoratore su sei è irregolare e i regolari guadagnano il 10% in meno dei loro colleghi italiani.
È veramente stupefacente che queste tematiche siano totalmente assenti dalla agenda politica dell'Umbria, ma anche da questo si capisce la sofferenza sociale crescente, la fuga dei nostri giovani e dei nostri cervelli, il dilagare del 'lavoro povero' e di bassa qualità che mina lo sviluppo.
Sono sempre più convinto che è urgente mettere in campo una politica tutta nuova: un intervento drastico contro il caro vita, un salario minimo orario per legge di almeno 10 euro netti, una legge sulla rappresentanza dei lavoratori contro i contratti pirata, una riduzione dell'orario settimanale di lavoro a non più di 30 ore, lo stop alla precarietà,  un reddito universale di cittadinanza, una nuova e concreta attuazione delle leggi sulla sicurezza sul lavoro, il ripristino dell'art.18 dello Statuto dei Lavoratori, l'abrogazione del Job Act, nuove politiche industriali a livello regionale e nazionale.
Se la politica non interviene ora su queste questioni, quando lo farà?
 

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