di Daniela Preziosi

Pre­si­dente Orfini, nel 2002 lei scese in piazza con Cof­fe­rati per difen­dere l’art.18?

Sì, con i miei col­le­ghi archeo­logi. Ma è un paral­le­li­smo discu­te­bile. Allora si voleva abo­lire l’art.18. Oggi pun­tiamo a esten­dere i diritti. E comun­que ancora non abbiamo abo­lito nulla.

Lei ha twit­tato: «I titoli del jobs act sono con­di­vi­si­bili» ma «ser­vono cor­re­zioni impor­tanti al testo». Ma i titoli della legge delega sono molto generici.

È con­di­vi­si­bile l’obiettivo del jobs act, quello che ha detto Renzi alla camera: dob­biamo resti­tuire qual­cosa ai milioni di pre­cari a cui anche il cen­tro­si­ni­stra ha rovi­nato la vita. E riscri­vere l’art. 18, come dice Renzi, è una sfida da rac­co­gliere. Poi però l’emendamento del governo fini­sce nella dire­zione oppo­sta. Biso­gna cor­reg­gere l’impostazione.

Come?

Intanto disbo­scare la fore­sta di con­tratti pre­cari. Nella delega que­sto non c’è ma Renzi l’aveva annun­ciato. Biso­gna sem­pli­fi­care, limi­tarsi agli stru­menti essen­ziali: il tempo deter­mi­nato e quello inde­ter­mi­nato. Poi pos­siamo discu­tere della pro­gres­si­vità delle tutele, come pre­vi­sto dalla delega. Dob­biamo can­cel­lare cose molto sgra­de­voli come il deman­sio­na­mento e i con­trolli a distanza, che pro­du­cono una tor­sione auto­ri­ta­ria nei luo­ghi di lavoro.Potremmo inse­rire la legge sulle dimis­sioni in bianco impan­ta­nata al senato. E sarebbe bene affian­care una legge sulla rap­pre­sen­tanza sin­da­cale. Comun­que non può essere messo in discus­sione il rein­te­gro per il licen­zia­mento discri­mi­na­to­rio, è un prin­ci­pio irrinunciabile.

Lo sta­tuto dei lavo­ra­tori si può riscri­vere con una legge delega?

I tempi della crisi ci obbli­gano a fare in fretta, e la delega con­sente un con­fronto ampio con il paese e le parti sociali. Ma serve una delega det­ta­gliata per evi­tare mar­gini di ambiguità.

Al momento que­sti mar­gini sono tali che Sac­coni esulta per la can­cel­la­zione dell’art.18 e lei dice che non è vero.

Appunto. Ma non è solo que­stione di art.18. Il punto di fondo sarà la valu­ta­zione finale: se avremo un innal­za­mento dei diritti e delle tutele o un loro abbassamento.

Intanto Sac­coni e Ichino ridono.

Il mini­stro Poletti ha detto che il rein­te­gro per licen­zia­mento discri­mi­na­to­rio resta. Sug­ge­ri­rei a Sac­coni di leg­gere meglio le norme.

Se le «impor­tanti cor­re­zioni» che lei pro­pone non arriveranno?

Arri­ve­ranno. A breve abbiamo la dire­zione del Pd. Sono con­vinto che potremo avere una posi­zione uni­ta­ria. Ho fidu­cia della nostra capa­cità di ascol­tarci. Certo, se ci avvi­tiamo in una discus­sione nella quale ognuno di noi cerca di stru­men­ta­liz­zare ad uso interno le sue posi­zioni, e a radi­ca­liz­zarle per non tro­vare un accordo, non ne usciamo.

Ce l’ha con Ber­sani che parla di «inten­zioni sur­reali del governo»?

Siamo all’inizio della discus­sione, cer­chiamo tutti di stare al merito e di capire come intervenire.

Cuperlo dice che togliere i diritti è di destra: anche que­sto è un posi­zio­na­mento interno?

Non dob­biamo dirci fra noi che siamo di destra o di sini­stra, dob­biamo cam­biare la legge. Per­ché sia più di sinistra.

I soldi per esten­dere gli ammor­tiz­za­tori sociali si troveranno?

Va chie­sto al mini­stro dell’economia e al pre­si­dente del Con­si­glio. Ma c’è un impe­gno a aumen­tare le risorse per uni­ver­sa­liz­zare l’Aspi (l’indennità di disoc­cu­pa­zione, ndr). Se così fosse, e così sarà, sarà un altro passo in avanti.

Fino a qual­che tempo fa Renzi defi­niva la discus­sione sull’art.18 un ’falso pro­blema’. Per­ché ha cam­biato idea?

Non so se ha cam­biato idea. Ma l’obiettivo della delega è più ampio. Fra l’altro noi l’art.18 l’abbiamo già modi­fi­cato, sba­gliando, con la riforma Fornero.

Que­sta nuova modi­fica pro­cede in quella direzione.

Insi­sto: a oggi la modi­fica non c’è. C’è una delega che non chia­ri­sce il punto di arrivo.

l vostro avver­sa­rio di altre sta­gioni Piero Ichino pensa l’opposto.

Non capi­sco per­ché. Quello che è scritto nei prin­cipi della delega è diverso da quello che ha pro­po­sto in que­sti anni. E il testo defi­ni­tivo deve rima­nere suf­fi­cien­te­mente lon­tano da quello che pensa Ichino. Poi, figu­ria­moci, è legit­timo che cia­scuno se la rac­conti come con­viene al pro­prio partito.

La can­cel­la­zione dell’art.18, dice Camusso, è uno ’scalpo’ che Renzi offre all’Europa.

Non mi pare. Que­sto governo riven­dica di fare le pro­prie scelte senza con­di­zio­na­menti esterni. E le ten­sioni con alcuni espo­nenti euro­pei lo dimostrano.

E se la Cgil vi mani­fe­sta contro?

Legit­timo. Meglio sarebbe aspet­tare il testo della delega; vedrò al tg come va la manifestazione.

Due anni fa lei ha scritto un librino inti­to­lato ’Con le nostre parole’. Renzi ha detto: «Il mondo del lavoro è basato sull’apartheid». Sono parole ’vostre’?

No, sono parole molto sba​gliate​.Il mondo del lavoro è diviso fra tute­lati e non, ma ’apar­theid’ pre­sup­pone che i segre­ga­tori dei non tute­lati siano i tute­lati. La respon­sa­bi­lità non è di chi ha le tutele, ma della poli­tica che fa leggi sbagliate.

Alla fine Renzi è rima­sto il blai­riano di sempre?

Renzi saprà ascol­tare le pro­po­ste di modi­fica. Una delle ragioni per cui ha vinto le pri­ma­rie è che ha saputo inter­pre­tare le spe­ranze dei pre­cari. Ora è il momento di essere con­se­guenti a que­ste aspettative.

D’Alema ha visto a cena quelli della mino­ranza Pd per orga­niz­zare la ’resistenza’.

Quelli che orga­niz­zano cene, in altri tempi, mi hanno inse­gnato che finito il con­gresso si lavora all’unità del par­tito, non all’unità della mino­ranza del partito.

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