Il quadro nazionale al II trimestre 2023

Il rallentamento dell’economia (dal boom della ripresa post pandemica nel 2021, con il Pil italiano che crebbe al ritmo ‘cinese’ del 6,7%, al +3,7% del 2022 alla previsione del 1,2% nel 2023) si fa sentire anche sulla natimortalità delle imprese che nel III trimestre 2023 (quindi alla data del 30 giugno 2023) mostra sì ancora un saldo positivo tra aziende iscritte e quelle cessate, ma – a parte la parentesi dell’annus horribilis 2020, devastato dalla pandemia da Covid-19 – con un valore (+28mila 286 aziende, frutto di 79.277 iscrizioni e 50.991 cessazioni) che è il più basso degli ultimi tredici anni. Nel dettaglio, in Italia nel II trimestre 2033, rispetto allo stesso trimestre 2022, le iscrizioni sono scese del 4%, mentre le cessazioni sono aumentate dell’1,6%. Si tenga presente che il saldo 2023 (+28mila 286 imprese) si confronta con quello del II trimestre 2022 (+32mila 406), accusando quindi una contrazione su base annua del 14,6%.

Insomma, tra i dati Movimprese e quelli economici generali al momento sembra esserci un parallelismo: l’economia italiana resta col segno più ma scende di molto rispetto al 2021 e 2022, e così fa il saldo relativo alla natimortalità delle imprese. Non sempre questo parallelismo tra i due dati è stato riscontrato. Ma, finora, nel post-pandemia certamente sì.

Il quadro dell’Umbria peggiore di quello nazionale

Il quadro umbro si presenta peggiore di quello nazionale. Anche nella regione il saldo tra iscrizioni e cessazioni delle imprese resta positivo (+274 imprese), ma il calo del saldo sul II trimestre 2022 è del 30,6% (oltre il doppio della flessione media nazionale) e si tratta del saldo più basso degli ultimi 13 anni compreso, a differenza di quanto visto per il dato nazionale, l’annus horribilis della pandemia (nel secondo trimestre 2020 in Umbria il saldo tra iscrizioni e cessazioni fu di +332 imprese, mentre come detto nel II trimestre 2023 è di +274).

Quanto alle iscrizioni, in Umbria – sempre nel II trimestre 2023 rispetto allo stesso trimestre 2022 - sono scese del 6,2% (-4% il dato nazionale) a quota 1.054 rispetto alle 1.124 di un anno prima mentre le cessazioni sono aumentate del 7% (+1,6% il dato italiano) a quota 780, rispetto alle 729 cessazioni di un anno prima.

E se si guarda al confronto congiunturale, ossia tra il secondo e il primo trimestre 2023, il saldo dell’Umbria (+0,29%) non solo è nettamente più basso del saldo congiunturale registrato nel II trimestre 2022 (+0,42%), ma è il terzo più basso d’Italia dopo Liguria (+0,11%) e Molise (+0,26%).

In Umbria continua l’irrobustimento societario, con l’incremento delle società di capitale

Intanto continua, e ciò è positivo, l’irrobustimento societario medio delle imprese umbre che da tempo, trimestre dopo trimestre, vedono le iscrizioni delle società di capitali superare le cessazioni in maniera importante. Nel II trimestre 2023 in Umbria le iscrizioni di società di capitale sono state 291, a fronte di 199 cessazioni, per un saldo positivo di 172 imprese. In pratica, a livello di saldo le società di capitale hanno contribuito per il 63% al saldo positivo totale (che, come detto, è stato di +274 aziende).

L’Umbria, tuttavia, resta ancora sotto la media nazionale per quanto riguarda le società di capitale. Se, infatti, in Italia è strutturato in questo modo il 31,2% delle imprese, in Umbria si è al 27,3%, al decimo posto tra le venti regioni italiane (il record spetta al Lazio con il 46,5%, seguito dalla Lombardia con il 39%, mentre in coda c’è la Valle d’Aosta con il 19,6%).

Per il resto, nel II trimestre 2023 nella regione calano di 16 unità le società di persone (66 iscrizioni e 82 cessazioni), crescono di 127 e ditte individuali (686 iscrizioni e 559 cessazioni), mentre le “Altre forme” hanno un saldo negativo di nove imprese.

La dichiarazione

Giorgio Mencaroni, Presidente della Camera di Commercio dell’Umbria: “I dati Movimprese sulla natimortalità delle aziende relativi al II trimestre 2023, sulla scia del rallentamento dell’economia italiano che comunque secondo tutte le previsioni anche nel 2023 riuscirà a mantenere il segno più, mostrano una situazione riflessiva, con il saldo tra iscrizioni e cessazioni che resta positivo ma che, sempre a livello nazionale, è il più basso dal 2010 se si eccettua il 2022, anno del picco del Covid. In Umbria la situazione presenta, nel II trimestre 2023, un quadro peggiore della media nazionale. Anche l’Umbria riesce a presentare un saldo positivo, ma così modesto da essere inferiore a quello del 2020 e in calo, rispetto al II trimestre 2022, di oltre il doppio della media nazionale (-30,6% contro -14,6%). Le iscrizioni scese del 6,2% (contro il -4% italiano) e le cessazioni cresciute del 7% (contro il +1,6% della media nazionale). Ma, come una rondine non fa primavera, un trimestre andato peggio della media italiana potrebbe non fare inverno e, anche se certamente il 2023 non sarà un anno da calendario perché il rallentamento economico c’è, io continuo a vedere vitalità nel tessuto imprenditoriale regionale. Quindi, se questi assestamenti con segnali negativi – che possono dipendere da tanti fattori - vanno considerati, non vanno esagerati. E in questo contesto torno a ribadire come stia continuando l’impegno delle imprese umbre verso forme più strutturate di organizzazione, e quindi di recupero della produttività che è stato e continua ad essere, nonostante non pochi segnali incoraggianti, al cuore del sistema Umbria. Il continuo incremento delle società di capitali è una delle spie di questa evoluzione”.

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