Riteniamo le affermazioni rilasciate dal vice sindaco Antonio Lunghi in cui ringrazia accoratamente le forze dell’ordine per il corretto svolgimento della Marcia della Pace di domenica scorsa, non appropriate al contesto a cui si riferiscono.

Con tutto il rispetto per le forze dell’ordine (tra l’altro dimenticate, al di là dei proclami di facciata, dalla destra al governo che gli ha ridotto i finanziamenti all’osso) conferirgli riconoscimenti tanto eclatanti evidenzia una visione cieca, bigotta, antistorica e qualunquista del significato intrinseco della Marcia della Pace.

La Marcia della Pace non può essere considerata una manifestazione a rischio; in questa manifestazione non ci sono rivendicazioni per l’equità sociale, contro la corruzione o per rivendicare l’attuazione dei propri diritti costituzionali calpestati tali da poter creare tensione e preoccupazione per l’ordine pubblico.

La Marcia della Pace per definizione non crea mai e mai creerà problemi di ordine pubblico perché propone la pace, appunto e non la guerra, mezzo invece usato a profusione dagli stati occidentali che attraverso di essa perpetuano il loro dominio sulle persone e sui mercati.

I 200.000 cittadini, uomini e donne, cattolici, comunisti, aderenti ad associazioni non governative, scout, e tanti altri ancora che hanno sfilato pacificamente per le vie della nostra città non erano pericolosi facinorosi pronti a mettere a ferro e fuoco la città, ma un popolo che esprime la propria volontà di manifestare saldi ideali.

Fortunatamente anche gli assisani hanno capito da tempo questo spirito e non si sognano nemmeno lontanamente di chiudere gli esercizi commerciali o di tapparsi in casa aspettando che passi la “tempesta”.

In 50 anni di Marcia della Pace, caro Lunghi dalla memoria corta, non è mai successo niente di niente che possa giustificare questo pathos.

Forse Lunghi deve giustificare la sua delega alla polizia municipale: ebbene li ringrazi quando effettivamente compiono delle azioni meritorie, sicuramente non ne mancherà occasione, invece di ringraziarli inutilmente per un opera mai prestata.

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