di Elio Clero Bertoldi
PERUGIA - Il pianto di Filippo Tortu é lì a testimoniare che i campioni azzurri sono umani, molto umani. Che sono arrivati a questo traguardo, incredibile ed impensabile solo qualche giorno fa, col lavoro, col sacrificio, gettando il cuore oltre l'ostacolo o meglio la spalla sinistra con la quale Filippo, sul filo di lana, ha beffato l'inglese Nataneel Mitchell-Blake al fotofinisch.
Questa, come quella di Marcell Jacobs nei 100 metri (9"80), é una impresa che resterà incisa nella storia dello sport nei secoli a venire. I quattro moschettieri dell'Italia - Tortu che viene da Carate Brianza; Eseosa Desalu di Casalmaggiore, nel cremonese; Lorenzo Patta, sardo e Jacobs di Desenzano del Garda, che hanno chiuso la corsa col tempo di 37"50 - si presentano come i ragazzi della porta accanto semplici, ingenui, ma simpatici e determinati. Ognuno di loro si porta dentro pesi morali e psicologici che, però, al momento della corsa sono serviti da ... molla. In quei 37" e 50 centesimi i quattro si sono mossi all'unisono come i meccanismi di un orologio di alta precisione: Patta nella prima frazione ha svolto la sua missione al meglio ed ha passato, bene, il testimone a Jacobs; l'italo-texan, ormai un re della velocità, ha preso il volo da par suo ed ha lanciato alla grande Desalu, impegnato nella curva (il suo terreno preferito, affrontato con una eleganza e forza da ballerino); cambio perfetto per Filippo, che centimetro, dopo centimetro - dimenticando gli acciacchi e le contrarietà degli ultimi tempi - ha "bruciato" l'ultimo frazionista degli inglesi col movimento della spalla sinistra sulla linea del traguardo. Per la differenza di 1 centesimo... Ed ha lasciato indietro pure il canadese André De Grasse, vincitore dei 200 (col tempo di 19"62) e che molti indicavano come l'erede di Usain Bolt.
Insomma questi ragazzi hanno portato in cascina all'Italia tanta roba... Almeno fino alle prossime Olimpiadi di Parigi (2023) il riferimento della velocità resteranno gli italiani.
Con il loro, gli ori - grazie a Luigi Busà che ha dato il suo contributo nel Karate, specialità Kumitè e ad Antonella Palmisano, impostasi nella 20 km di marcia femminile - sono balzati a quota 10 (numero mai raggiunto dai nostri colori), accompagnati da altrettanti argenti e da 18 bronzi. Polverizzato ogni precedente anche per il numero complessivo di medaglie (38, contro le 36 del passato). 
Insomma: una Olimpiade, questa di Tokyo, da incorniciare. Come dicevano i latini: "auro signanda lapillo dies" (giorno da ricordare con una pietruzza d'oro). E speriamo che non resti il solo. Adesso gli italiani hanno preso gusto alle vittorie. Che Nike sia tornata - come recurano le parole dell'inno - schiava d'Italia?
 

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