di Roberto Morea

lo scorso 12 novembre si è concluso a Madrid il 7° Forum delle Alternative Europeo in cui forze politiche e sociali della Sinistra, dei Verdi e dell’area Socialista Progressista, si sono date appuntamento per condividere una analisi della situazione europea e avanzare possibili strategie comuni.

Uno spazio di confronto, lanciato nel 2017, nasce da una consapevolezza e da una ambizione. La consapevolezza di non essere in grado da soli ad affrontare temi e problemi di dimensione così vasti come quello del ruolo della UE nello scenario globale, la crisi climatica e la transizione digitale.

Serve uno sforzo ed un dialogo per trovare un terreno comune per creare dei rapporti di forza che consentano di avere l’ambizione di incidere a livello continentale.

I temi affrontati nei vari incontri e assemblee plenarie hanno messo in luce una convergenza su questioni importanti. E’ stato abbastanza facile raggiungere un punto di vista condiviso sulla questione climatica e con essa una critica al modello capitalistico-predatorio che porta con se il consumo di ogni risorsa e l’arricchimento di pochi a discapito delle condizioni di vita dei molti. Dell’impatto che questo produce in termini ambientali e sociali. Proprio l’impoverimento di larghi strati sociali è da tutti riconosciuto come uno dei motivi fondamentali dell’avanzata delle estreme destre. Destre sia quelle estreme che quelle cosiddette moderate, cavalcano l’insoddisfazione con cui la questione ecologica viene percepita da chi non ha altro modo di vivere e lavorare se non nelle forme del modello economico e produttivo che di questa crisi è responsabile.

Una ristrutturazione delle filiere produttive, una diversa creazione di ricchezza è stata finora, fatta a discapito di lavoratori e lavoratrici che hanno visto perdere potere d’acquisto e spesso la perdita del proprio posto di lavoro per l’impatto che questa ristrutturazione ha prodotto.

la questione centrale è proprio che la conversione ecologica dell’economia non può essere scaricato sulle spalle proprio di questo strato sociale e che non ci può essere giustizia climatica senza una giustizia sociale. Una forte convergenza su questo terreno si è realizzato nel riconoscere il pieno ed essenziale coinvolgimento del mondo del lavoro e della cittadinanza in generale, nella pianificazione della necessaria transizione verso un modello produttivo alternativo.

Tutto questo non può essere messo in campo se non si affronta la questione della guerra, non solo per il suo impatto diretto sui luoghi dove si svolge, in Ucraina secondo le voci ufficiali sono stati colpiti dall’impatto della guerra 1,24 milioni di ettari di riserve naturali, 3 milioni di foreste e circa 500.000 ettari di terreni come zone di combattimento o occupate, ma anche e sopratutto per lo spostamento di ingenti risorse economiche destinate ad armamento e spese militari. Soldi dei bilanci pubblici che vengono così sottratti a spesa per scuole ospedali e trasporti pubblici.

Quindi è inutile parlare di ecologia e tacere sulla guerra. Su questo terreno le forze presenti al Forum si sono mostrate concordi. Anche se con accenni e sfumature diversi, resta uno sforzo positivo e necessario, anche in vista dei nuovi assetti istituzionali che scaturiranno dalle prossime elezioni europee.

Fonte: transform-italia.it

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