di Francesco Piccioni

La Fiom lascia e raddoppia. E la Cgil? La domanda ha un senso, visto il bailamme provocato dallo scoop domenicale di Repubblica. Ma andiamo con ordine.
Stamattina si riunirà il Comitato centrale dei metalmeccanici per decidere, tra l'altro, il rinvio della manifestazione nazionale al 9 marzo , ma accoppiandola a uno sciopero generale di categoria. La manifestazione, con corteo a Roma, doveva tenersi in un primo momento sabato 11; poi era stata spostata al 18 per l'emergenza neve che sta ancora bloccando l'Italia.
Ma non sono soltanto le ragioni climatiche ad aver consigliato uno slittamento. In parte la scadenza del 18 veniva a coincidere con altre mobilitazioni dei movimenti, sottraendo dunque forza che invece è bene tenere unita. In parte perché il contratto dei metalmeccanici - quello «legalmente» in vigore, riconosciuto dalla Fiom - è scaduto il 31 dicembre, e c'è una piattaforma rivendicativa approvata nelle assemblee su cui chiamare la controparte al tavolo. Ma anche «per impedire che il modello Fiat si espanda in Italia». Infine, perché davanti alla determinazione del governo nel voler cancellare l'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, la sola manifestazione nazionale appariva insufficiente.

Sull'art. 18 la posizione è semplice: «non bisogna modificarlo». E su questo il segretario Maurizio Landini ribadisce che «posizione della Cgil è molto precisa: non può essere oggetto della trattativa se non per migliorare e accelerare i processi».
Il problema, per tutta la Cgil, nasce però dall'articolo con cui il quotidiano di Debenedetti ha rivelato un presunto «incontro segreto» tra il segretario generale della confederazione, Susanna Camusso, e il presidente del consiglio, Mario Monti. Incontro in cui sarebbe stata raggiunta un'intesa di massima per «manutere» la tutela dal licenziamento in modo da renderla di fatto inefficace.

Un resoconto peraltro molto dettagliato, non privo di coerenza «mediatoria» tra gli obiettivi del governo e le posizioni - ufficialmente inconciliabili - della Cgil. Al punto che il redattore chiosa: «una soluzione che consenta al governo di presentare alla Ue e ai mercati una 'moderna' riforma del lavoro e ai sindacati tutti di non dover salire sulle barricate». Sarebbero infatti «temporaneamente» privati dell'art. 18 quei lavoratori che «dopo una lunga esperienza di precarietà» potrebbero venir assunti in pianta stabile; le aziende riceverebbero agevolazioni fiscali e per almeno 3-4 anni potrebbero licenziare senza problemi. Non basta: verrebbero «liberate» dal rispetto della legge 300 anche le «nuove aziende» e quelle che aumentano l'occupazione superando la soglia dei 15 dipendenti. L'esperienza delle newco Alitalia e Fiat Pomigliano, però, mostrano che non sempre il «nuovo» è davvero tale. Un trucco societario, insomma.

Un pastrocchio immondo, indigeribile per tutta la Cgil. Aggravato dalla caduta di stile di un segretario che fa accordi «segreti», in barba al dibattito interno, dopo aver criticato i «colleghi» - Raffaele Bonanni della Cisl e Luigi Angeletti della Uil - per quanto combinato all'epoca (pochi mesi fa!) di Maurizio Sacconi. Peraltro alla vigilia della convocazione a palazzo Cgigi (domani alle 9.45). Secca quindi la smentita, addirittura con una inedita «nota congiunta» tra Cgil e Palazzo Chigi. Via twitter la Cgil è stata molto più dura, parlando di «bassezza per boicottare il confronto», di «grave invenzione assolutamente infondata»; fino a ipotizzare un mezzo complotto mediatico per aumentare «le pressioni improprie» o addirittura «far saltare il confronto».
Sia come sia, Repubblica ha confermato la sua ricostruzione, attribuendola a «fonti certe». E per chi conosce la predilezione di lunga data della segreteria confederale per il quotidiano di Scalfari, non ci sono molti dubbi.

Di fatto, però, quello schema è ora «bruciato». Non sarebbe davvero possibile «firmare» un accordo su quelle basi. Il sito della Cgil è stato assaltato da militanti inferociti, con inviti a «fare gli origami con la tessera» e anche peggio. Il che rimette in alto mare una barca - «il confronto» - che sembrava ormai avviata sul «sentiero largo» descritto dal ministro del lavoro, Elsa Fornero, subito dopo una chiacchierata di ben tre ore con Camusso.

Lo sciopero generale della Fiom, a questo punto, potrebbe diventare una mobilitazione molto più ampia. Di tutta la Cgil? Sarebbe auspicabile. Altre categorie e camere del lavoro lo stanno chiedendo. Manca soltanto qualche passaggio: un Direttivo Nazionale. Meno «confermativo» del solito, magari.

Fonte: Il Manifesto
 

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