Dopo una lunga gestazione, incuranti del forte e palese dissenso dei lavoratori, i sindacati “confaziendali” hanno firmato il contratto con cui si espelle la democrazia dalle fabbriche e si rimodula la prestazione
lavorativa all’insegna della precarietà e della flessibilità.

Questo contratto, che secondo i firmatari trarrebbe legittimità giuridica dall’applicazione del famigerato art. 8 della finanziaria Berlusconi e dall’accordo interconfederale del 28 giugno, sottoscritto da Cgil Cisl Uil e
Confindustria, scardina le tutele previste dai CCNL che, per quanto inadeguate, garantivano una parità di trattamento a tutti i lavoratori. Effetti devastanti sugli addetti alla catena di montaggio, sottoposti ad un
incremento dei carichi e ritmi di lavoro, al taglio delle pause necessarie al recupero psicofisico, obbligati anche ad effettuare uno straordinario che fino a 120 ore annue non deve neanche essere contrattato.

I sindacati firmatari spacciano questo contratto come una grande conquista che incrementerebbe le buste paga dei lavoratori. Peccato che l’unico aumento reale derivi dalla monetizzazione della riduzione delle pause, mentre gli altri sono pseudo-incrementi derivanti o dall’accorpamento di varie voci già presenti in busta paga o dal raggiungimento di standard produttivi irrealistici, stante la grave crisi di mercato in cui versa la Fiat a causa dei mancati investimenti in ricerca, innovazione e lancio di nuovi modelli. Quello firmato è peraltro un contratto ponte della durata di un anno, che traghetta la Fiat verso l’ignoto, mancando qualsiasi reale impegno a rilanciare gli stabilimenti, con l’avvento di nuovi modelli e con adeguati finanziamenti, ed alla piena occupazione di tutte le maestranze.

Unica vera certezza è la cancellazione della possibilità per i lavoratori di eleggere liberamente i propri rappresentanti scegliendoli tra tutte le organizzazioni sindacali e non soltanto tra quelle ammesse dal padrone alla sua corte. Fim, Uilm, Fismic, Associazione dei quadri Fiat sono i sindacati a cui Marchionne ha concesso di essere rappresentati nelle fabbriche, a condizione ovviamente che gli lascino mano libera.

Contro il modello Marchionne si continua a lottare ed a manifestare, come avvenuto lunedì 12 dicembre in tutto il Paese, o come avvenuto oggi con centinaia di lavoratori, organizzati dallo Slai Cobas e dall’USB, che hanno dato vita ad una manifestazione di protesta davanti ai cancelli della Fiat di Pomigliano in occasione della visita dei vertici Fiat e del lancio della nuova Panda. Di danni - come hanno gridato i lavoratori di Pomigliano - Marchionne, Berlusconi e Monti ne hanno fatti già troppi. È ora di mandarli a casa, e questa parola d’ordine sarà al centro dello sciopero generale di tutte le categorie che il sindacalismo di base e conflittuale ha proclamato per il 27 gennaio 2012.

Condividi