“In Umbria abbiamo un'emergenza tra le tante che è sempre più evidente, quella dei salari”. Lo scrive in una nota Maria Rita Paggio, segretaria generale della Cgil dell'Umbria, commentando l'ultima pubblicazione dell'Agenzia Umbria Ricerche (Aur) sulle basse remunerazioni del lavoro in Umbria, a cura di Elisabetta Tondini. “Uno studio che ci restituisce un quadro di drammatico impoverimento di lavoratori e, ancor più, lavoratrici della nostra regione – osserva Paggio - che vedono le proprie buste paga allontanarsi sempre di più da quelle del resto del Paese, per non parlare del resto d'Europa. La fuga dei giovani e il declino demografico sono una delle conseguenze di questo arretramento”.
“Basti osservare – continua la segretaria Cgil - che la retribuzione media annua di un lavoratore che continuiamo a chiamare 'standard' (perché standard dovrebbe essere), cioè un full-time a tempo indeterminato, è in Umbria del 17,4% al di sotto della media nazionale. Un'enormità, un abisso inaccettabile”. 
“E il fenomeno – aggiunge Paggio - non si sta attenuando, anzi, sta peggiorando negli ultimi anni. Si dirà allora che questo gap è dovuto ad un'arretratezza strutturale della nostra regione, alla sua conformazione produttiva, etc. E in parte questo è vero, ma poi ci sono le scelte: quella di riconoscere il valore del lavoro e di investirvi non sembra rientrare tra le priorità della classe imprenditoriale umbra”. 
Secondo la sindacalista umbra, lo studio dell'Aur mostra molto chiaramente, infatti, come negli ultimi anni, pur in presenza di una remunerazione d’impresa relativamente superiore a quella nazionale, le retribuzioni dei dipendenti nella regione siano rimaste comunque sempre al di sotto dei valori medi del Paese. “In altre parole – riprende la sindacalista - le imprese umbre fanno profitti, mentre i salari continuano a ridursi e sono divorati dall'inflazione. La stessa agenzia regionale parla di una 'endemica, scarsa attenzione a un congruo investimento nel capitale umano', scarsa attenzione che ritroviamo anche nelle politiche regionali, tanto che nel Defr la questione salariale non è nemmeno presa in considerazione”. 
Eppure, secondo la leader della Cgil umbra, la Regione avrebbe strumenti e possibilità per orientare le scelte di impresa, con politiche industriali che valorizzino il lavoro. “Bisognerebbe finirla con bonus e finanziamenti a bando – sottolinea Paggio - e indirizzare le risorse pubbliche verso quelle imprese che dimostrano di investire in un lavoro di qualità, attraverso la corretta applicazione dei contratti, la contrattazione di secondo livello,  un'attenzione altissima a salute e sicurezza, l'abbattimento del gender gap, la formazione continua di tutti i dipendenti e un'organizzazione del lavoro non schiacciata verso una competizione tutta al ribasso”.  La questione salariale è insomma centrale per l'Umbria: “Serve una grande vertenza per aumentare i salari nel Paese e ancora di più in Umbria – conclude Paggio – per la Cgil questa non è solo una battaglia di civiltà e giustizia, ma l'unica via di sopravvivenza di una regione altrimenti destinata al declino”. 
 

Condividi