di Guido Scorza

L’agenda digitale italiana del 2012 è, probabilmente, una delle più povere degli ultimi anni: è stata un’agenda carica di promesse ed appuntamenti mancati ma completamente priva di fatti.

Il Governo – che, peraltro, si avvia a lasciare Palazzo Chigi proprio in coincidenza con l’inizio del nuovo anno – nonostante tante buone intenzioni si è poi lasciato sedurre ed attrarre dal solito irresistibile fascino delle altre priorità ed ha finito con l’occuparsi di digitale poco, male e solo a pochi istanti dal fischio di fine legislatura.

L’unico “risultato digitale” del Governo Monti è, infatti, rappresentato dalla conversione in legge – ottenuta davvero a pochi istanti dalla chiusura del Parlamento – del decreto legge crescita bis che avrebbe dovuto essere l’atteso Decreto Digitalia mentre è poi diventato, lungo un percorso lento, disordinato e farraginoso, uno zibaldone, peraltro assai poco digitale di idee e propositi che per essere trasformati in realtà richiederanno decine di provvedimenti di attuazione che, allo stato, è difficile prevedere se mai vedranno la luce.

E’ noto, infatti, che, in Italia, ad ogni arrivo a Palazzo Chigi di un nuovo inquilino, questi non sa resistere alla tentazione di dare alle fiamme arredi e progetti del precedente senza neppure guardare cosa ci sia nei cassetti.

E’ un principio tanto idiota quanto consolidato al quale, difficilmente, si sottrarranno gli appunti annotati a matita sul taccuino digitale che rappresenta la brutta copia dell’agenda digitale 2012 che il Governo uscente lascia in eredità al Paese.

Peccato perché da un governo di sedicenti – e, a tratti, seducenti - tecnici con un unico mandato rappresentato dal tirar fuori il Paese dalla crisi, ci si aspettava davvero molto di più almeno in termini di attuazione dell’agenda digitale europea.

C’era poco da inventare, meno ancora da promettere e programmare e, invece, tanto da fare. Tutto sommato, invece, il Governo del Professore ha avuto, rispetto alle questioni di Internet e del digitale, lo stesso approccio del precedente Governo del Cavaliere: prima usciamo dalla crisi e poi investiamo in banda larga, internet e digitale.

Peccato solo che nella società dell’informazione, senza Internet, non si esca dalla crisi. Ma questa è la vecchia agenda, quella che, una volta – nell’era delle agende di carta – si sarebbe data alle fiamme allo scadere della mezzanotte.

Veniamo ora a cosa scrivere nella nuova, cercando di non cadere nel tranello delle troppe speranze ed illusioni che in genere guidano la testa e la penna nel riempire le agende degli anni a venire. Cominciamo dalle certezze che, neppure l’avvicendamento a Palazzo Chigi, dovrebbero poter far vacillare.

C’è un agenda europea che impone all’Italia una serie di azioni da porre in essere in tempi serrati, anzi – complice il tempo perso sin qui – serratissimi. In questa direzione non c’è spazio per la fantasia e la creatività.

Sarà solo necessario resistere alla tentazione di trasformare le politiche dell’innovazione in un enorme spot elettorale, non dar vita a nuove “cabine di regia” come quella, del tutto inutile, costituita, dall’ex Governo dei professori e non lanciare altrettanto inutili iniziative di consultazione pubblica tipo l’ideario per l’agenda digitale italiana sapendo perfettamente, già in partenza, che non si terrà conto di quanto l’intelligenza collettiva produrrà.

Serve solo un buon traduttore che traduca in italiano quello che si scrive a Bruxelles e che stanno già facendo nel resto d’Europa, la convinzione – che speriamo non manchi al Governo che verrà – che senza internet non si esce dalla crisi e, soprattutto, un buon coordinamento tra le tante – forte troppe – entità coinvolte nei processi di innovazione e digitalizzazione del Paese.

Ed eccola la seconda certezza: l’Agenzia per l’Italia digitale, unica eredità – semi-completa – lasciata dal Governo dei Professori. Inutile chiedersi, alla vigilia del nuovo anno, se la sua istituzione fosse necessaria, opportuna, inutile o, invece, indispensabile. Ora esiste ed è il soggetto deputato al coordinamento di ogni azione da porre in essere per l’attuazione dell’Agenda digitale.

E’ fondamentale – per evitare che l’agenda digitale 2013 sia povera di fatti quanto quella 2012 – che l’Agenzia sia posta in condizione di funzionare veramente e sin dall’inizio del nuovo anno senza rimanere ostaggio delle vicende politiche legate prima alla campagna elettorale e, poi, all’insediamento del nuovo Governo, seguito – secondo una delle peggiori italiche abitudini – dall’onda di avvicendamenti che travolgerà la più parte della dirigenza pubblica nei prossimi mesi.

Ma quali sono le priorità del lungo elenco di azioni da intraprendere per dare al Paese un futuro in digitale? Ognuno, ovviamente, ha la sua ricetta ed in un Paese così drammaticamente indietro, probabilmente, non c’è una migliore delle altre.

E’ difficile, tuttavia, dubitare che si possa davvero digitalizzare il Paese senza risolvere l’annosa questione di uno dei tanti “divide” italiani: quello della connettività.

I cittadini devono avere tutti accesso alla banda larga. Si tratta di un pre-requisito improcrastinabile da attuare con urgenza. Senza non c’è spazio né per pensare alla digitalizzazione della pubblica amministrazione né allo sviluppo economico del Paese.

Sino a quando a tutti i cittadini non sarà offerta l’opportunità di essere online a parità di condizioni, ogni passo in avanti verso la digitalizzazione del Paese si tradurrà inesorabilmente in un aggravamento delle conseguenze del divide digitale.

Il divario tra chi avrà accesso a Internet e chi non l’avrà, infatti, diverrà anche democratico, economico e culturale. E’ irrinunciabile, in questa prospettiva, diffondere un’autentica cultura del Wi-Fi pubblico.

Bar, ristoranti, amministrazioni locali, uffici pubblici ed esercizi commerciali devono mettere a disposizione degli utenti risorse gratuite di connettività almeno nella misura necessaria ad usare la posta elettronica, leggere i giornali ed interagire con i siti della pubblica amministrazione e con il mondo social. Il Wi-Fi può essere anche uno strumento di diffusione della cultura digitale e un incentivo alla domanda di banda larga: sarebbe importante soprattutto in Italia. Abbiamo il primato europeo per quota di popolazione che ignora l'utilità di internet.

Gli hot spot devono diventare come i bagni pubblici e metterli a disposizione degli utenti deve diventare un autentico obbligo. La seconda priorità – in una delle tante possibili liste di azioni da mettere in agenda – è promuovere l’open gov e l’open data. Due approcci attorno ai quali può essere lanciata una rivoluzione democratica ed economica senza precedenti.

Liberando i dati, l’amministrazione diventerà trasparente e il Governo aperto ed efficiente ma, soprattutto, la piccola e media impresa IT disporrà di una montagna di informazioni sulle quali lavorare ed attraverso le quali produrre innovazione e ricchezza.

C’è poi una terza priorità che passa per un nuovo approccio alla proprietà intellettuale ed industriale pubblica e privata. Siamo nella società dell’informazione, nell’era digitale e dell’accesso, non esistono – e sempre meno esisteranno – forme di proprietà diverse ed alternative rispetto a quella intellettuale ed industriale.

Se la proprietà intellettuale continuerà ad essere utilizzata come vincolo per precludere ed ostacolare la realizzazione di progetti innovativi ed imbrigliare la creatività, tuttavia, il nostro Paese rischia di ritrovarsi drammaticamente povero.

Abbiamo bisogno di ripensare la proprietà intellettuale, di iniziare ad utilizzare il diritto d’autore come veicolo per lo sviluppo di nuovi modelli di business e per riconoscere l’enorme valore degli straordinari prodotti creativi ed inventivi dei quali piccoli e grandi enti pubblici e privati sono, spesso inconsapevolmente, titolari. Occorre che internet e copyright diventino indivisibili alleati e che cessi il clima di antagonismo che, sin qui, ne ha caratterizzato il rapporto.

La lista delle attività da inserire nell’agenda digitale 2013 del Paese sarebbe ancora lunga, ma meglio fermarsi qui per evitare di confondere ciò che serve e che è davvero realizzabile con le tante speranze di ciascuno di noi.

Buon anno in digitale a tutti.

 

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