PERUGIA - La denunzia nei confronti di 37 persone che lo scorso 30 novembre 2010, insieme a centinaia di altre tra studenti, ricercatori, precari e docenti universitari, presero pacificamente parte alla grande manifestazione perugina contro la riforma Gelmini dell’Università, è un brutto segnale.
Non stiamo qui a riaprire il secolare dibattito sulla repressione, sul diritto al dissenso o sui limiti e i confini giuridici del conflitto sociale, né vogliamo mettere in discussione il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale ed il lavoro della polizia.
Ma è certo che nell’attuale situazione di crisi economica, di sofferenza per tante persone e di forte tensione sociale, rispondere alla protesta pacifica ed al conflitto democratico con la sola azione penale contro chi manifesta per cambiare le proprie condizioni di vita, di lavoro o di studio e per rivendicare un cambiamento delle politiche economiche e sociali è sbagliato e può produrre un ulteriore inasprimento delle lotte sociali.
Questo fatto chiama dunque le Istituzioni ed altri poteri indipendenti dello Stato a partire dalla Magistratura a vigilare affinché siano correttamente garantite le libertà costituzionali degli individui e dei corpi collettivi a manifestare liberamente e pacificamente le proprie opinioni: non vorremmo che l’accaduto suoni come una sorta di preavviso a tutti coloro che osino mettere in discussione il massacro sociale che si sta compiendo nel nostro Paese.
Spiace infatti constatare che una denuncia collettiva per interruzione di pubblico servizio nel corso di una manifestazione per tempo annunciata e regolarmente autorizzata, tanto più se concomitante in centinaia di altre Città italiane, come fu quella del 30 novembre 2010, ha questo brutto sapore e rischia di minare la tradizionale collaborazione tra le forze politiche e sociali dell’alternativa e del lavoro e le forze dell’ordine, così come messa storicamente in campo nella nostra Regione per garantire la sicurezza e il buon ordine delle manifestazioni della protesta civile e democratica.
Per quanto ci riguarda vigileremo attentamente affinché nel nostro Paese non possa mai venire meno il diritto di manifestazione e di protesta libera, pacifica e democratica, anche nelle sue espressioni più ferme come quando si procede a blocchi stradali e ferroviari o a occupazioni di scuole, fabbriche o edifici pubblici, considerato che sono oramai le uniche forme con cui i lavoratori, i disoccupati, i precari, gli studenti o tutti coloro che si ritrovano minacciati nei loro diritti fondamentali riescono nel nostro Paese a far sentire e pesare la loro voce.
E’ per questo che vogliamo esprimere tutta la nostra solidarietà politica ed umana ai 37 giovani denunciati e alle loro famiglie, affermando altresì la nostra più convinta vicinanza alle ragioni che le portarono alla protesta di quel 30 novembre 2010: quel furto di futuro nei confronti delle generazioni più giovani che va sotto il nome di Riforma Gelmini dell’Università.

L’assessore provinciale
Luciano Della Vecchia
 

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