di Alfonso Gianni 

Alla vigilia della Festa del lavoro l'Istat traccia una quadro ben magro per le lavoratrici e i lavoratori del nostro paese. Secondo il l'Istituto di statistica la spinta inflazionistica in atto e quella prevista nei prossimi mesi del 2022 "porterebbe a una perdita 'd'acquisto valutabile in quasi cinque punti percentuali". I numeri sono spietati: le retribuzioni contrattuali nella media annua del 2022 dovrebbero sollevarsi di uno 0.8%, mentre l'inflazione acquisita per l'anno è già al 5,2%. Ma si tratta di una media à la Trilussa. Infatti l'inflazione è più pesante per i ceti popolari, visto che le loro spese non sono voluttuarie, quindi incomprimibili. A fronte di ciò le dichiarazioni della Confindustria rispetto alle pur contenute proposte del ministro Orlando non sono solo ridicole o ricattatorie, ma affermano la volontà dei padroni di continuare la lotta di classe anche in una situazione di doppia crisi, sanitaria e bellica, come quella attuale. Bisognerebbe contrapporvi con decisione una lotta di classe di segno contrario, dalla sponda opposta, quella del lavoro, del precariato, della mancanza di lavoro. Concertone e concertazione permettendo.

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