di Carlo Formenti.

I giornali di oggi (ndr. ieri) danno ampio spazio alla conferenza stampa di Totti, e alle sue esternazioni contro la attuale proprietà della Roma calcio che ha tradito la "romanità" del club, nonché alle risentite reazioni dei tifosi napoletani contro Sarri, già eletto a simbolo del calcio partenopeo e ora ignominiosamente passato al "nemico" juventino. Sorvolo sulle questioni strettamente calcistiche, che in questo caso non mi interessano, per concentrarmi sui commenti di quegli opinionisti che irridono all'ingenuità e al provincialismo dei punti di vista alla Totti. Costoro fanno più o meno questo discorso: viviamo nell'era del mercato globale, le società di calcio sono multinazionali dello show business (così come allenatori e giocatori sono gli attori di questo spettacolo senza frontiere) e non simboli delle città di cui portano il nome. Perché stupirsi e gridare allo scandalo se grandi società cinesi e americane subentrano a proprietà italiane che rappresentano il vecchio capitalismo familiare e non dispongono di risorse sufficienti a navigare nel mercato globale? O perché calciatori e allenatori vanno là dove li porta il portafoglio invece che là dove li porta il cuore? Cari tifosi rassegnatevi e sedetevi sul divano a gustare lo show. Questa la logica che i giornalisti sportivi condividono con i colleghi delle pagine economiche e politiche, i quali inneggiano al cosmopolitismo delle élite finanziarie e irridono la rabbia degli strati popolari che subiscono gli effetti degli "spiriti animali" che governano i mercati globali. Vedi, in proposito, il progetto capitanato da Agnelli, che vorrebbe definitivamente de-nazionalizzare il calcio europeo, trasformando le competizioni internazionali in uno spettacolo televisivo (rigorosamente a pagamento) riservato ai club economicamente più potenti e lasciando alle plebi locali i tornei "provinciali". A chi ama il calcio non solo come sport, ma anche come espressione di appartenenza a una comunità, non resta che andare ad assistere alle partite fra dilettanti, assiepandosi (magari in piedi e comunque gratis) ai lati dei campetti di periferia.

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