Serve chiarezza, determinazione e partecipazione diretta e decisa alle fasi che riguardano la vendita di Ast. Va evitata ogni spirale involutiva che condanni il sito ternano ad un pericoloso ridimensionamento e marginalizzazione. La Giunta ed il Consiglio regionale dovranno accompagnare le istanze del Governo italiano, dell'Umbria e dei lavoratori, se necessario, fino a Strasburgo, in occasione, il prossimo 11 giugno, della firma del Piano europeo per la siderurgia.
È quanto emerso dalla riunione odierna della Seconda Commissione consiliare, presieduta da Gianfranco Chiacchieroni dove all'ordine del giorno c'era proprio la situazione dell'Ast di Terni, in virtù, soprattutto, del documento ufficiale emanato dal Consiglio comunale ternano riunitosi nei giorni scorsi, anche congiuntamente al Consiglio provinciale, e dal quale emerge una tangibile preoccupazione per la “complessa e problematica” situazione che sta interessando le acciaierie di Terni.

Sostanzialmente, come già riportato nel documento del Comune, anche la Seconda Commissione del Consiglio regionale auspica che la vicenda Ast venga seguita e coordinata direttamente dal Governo italiano e che la Regione Umbria possa mettere in campo ogni iniziativa utile a salvaguardare la produttività del sito umbro. Intanto il presidente Chiacchieroni ha già annunciato, per la prossima settimana, una audizione con l'assessore regionale allo Sviluppo economico, Vincenzo Riommi, per conoscere dettagliatamente i contenuti dell'incontro odierno, in corso presso il ministero dell'industria, al quale hanno preso parte, oltre al Governo nazionale e la proprietà, la Regione Umbria, gli enti locali e le organizzazioni sindacali.

La preoccupazione oggettiva emersa da ogni intervento in Commissione è stata quindi fatta propria dallo stesso presidente Chiacchieroni che ha rimarcato la volontà dell'organismo che presiede “a mettere in campo ogni iniziativa a partire dalla presenza della massima istituzione regionale in una eventuale mobilitazione dei sindacati e dei lavoratori, attraverso un presidio a Strasburgo in occasione della firma del Piano per la siderurgia europea”.

Anche per Alfredo De Sio (Fd'I), “le dinamiche in corso sono particolarmente preoccupanti perché risulta ormai chiaro che tutta l'operazione, iniziata con la vendita alla Outokumpu delle acciaierie di Terni, nascondeva un processo di emarginazione e di ridimensionamento, quasi di attacco alle produzioni italiane, specialmente umbre e ternane. Tutto questo – spiega - è chiaramente emerso nei nulla di fatto dei processi di vendita e per quanto accaduto nella Commissione antitrust che si è accorta in ritardo sulla impossibilità della vendita. Una situazione, questa, abbastanza risibile sotto il profilo della serietà. Oggi però dobbiamo guardare avanti, alle emergenze, quindi ad affrontare la 'questione Terni' in una chiave nazionale, ma soprattutto europea. Il Parlamento Europeo – spiega - si sta occupando del Piano della siderurgia e noi dobbiamo entrare in questo contesto, attraverso l'autorevolezza del Governo italiano, il quale non deve subire i diktat di altre Nazioni che, probabilmente, sanno difendere meglio di noi questo settore. La Regione Umbria, Giunta e Consiglio, devono alzare il livello dell'attenzione sulla vicenda anche, se necessario, attraverso azioni eclatanti, fino a Strasburgo, per far capire bene la gravità della questione”.

Manlio Mariotti (Pd) ha evidenziato “la distanza enorme che c'è tra quanto vogliamo fare e quanto possiamo fare realmente. Capire, cioè, dove possono arrivare le nostre potenzialità di intervento. Ci troviamo di fronte al grande risiko della ristrutturazione della siderurgia, che non può essere affrontata con regole desuete nel contesto di un mercato mondiale. Purtroppo tutto ciò avviene in una quadro di debolezza dell'Italia.  Anche per questo le Regioni devono interloquire maggiormente con l'Europa. L'Umbria deve andare a difendere direttamente i propri interessi e la propria economia”.

Raffaele Nevi (PdL) ha definito la questione “geo politica”. Per questo, ha rimarcato, “il Governo italiano deve avere una linea chiara, deve prendere in mano la questione ed alzare, insieme alla Regione, il livello del confronto con l'Europa”.

Paolo Brutti (Idv), ha ribadito come la questione si collochi all'interno del Piano europeo di riorganizzazione della siderurgia. “In Europa – ha detto – non si potranno avere più di 3 produttori di acciaio. Ed è lì, in questo contesto, che si può superare il limite della questione antitrust”.

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