Un silenzio assordante domina la vicenda TK-AST. Si tratta di un silenzio già noto che presagisce conseguenze pesanti per le sorti del futuro della “Terni”. E’ lo stesso che abbiamo ascoltato in occasione della decisione che la Commissione europea dell’Antitrust doveva emettere in merito alla compatibilità di acquisizioni e cessioni. L’attesa per una proposta alternativa rischia di rimanere una pia speranza. Se la conclusione sarà: “ci spiace, ma non ci sono alternative”, vorrà dire che la colpa non sarà solo di chi attualmente si sta facendo carico della soluzione, ma anche la nostra.

Consideriamo i soggetti coinvolti: la Thyssen Krupp, come tutte le multinazionali, guarda esclusivamente al profitto, lo Stato italiano, in considerazione del valore qualitativo della produzione degli acciai speciali, mira a sostenere una strategia siderurgica nazionale; l'Europa, assente fino ad ora, grazie alle determinazioni della sua  Commissione Antitrust, è la sola colpevole dell’attuale stato di crisi e di stallo, avendo scelto di privilegiare un’azione finanziaria piuttosto che la conservazione occupazionale del sito; gli operai, come anello debole della situazione.

La solidarietà è un atteggiamento dovuto, ma che non risolve niente. Occorre ben altro: prevenire le mosse dei protagonisti, seguire le tendenze di politica  interna e comunitaria, munirsi di tematiche utili a combattere ogni strumentalizzazione, evitare di sentirsi vittime passive delle decisioni in fieri e proporsi come attori nella gestione della vicenda.

Un atteggiamento corretto pretende di coinvolgere il Governo perché dismetta gli abiti dell'arbitro e indossi quelli di  giocatore. Occorre presentarsi all’incontro del 4 settembre con un piano alternativo valido che si richiami al rispetto degli accordi in sede europea. Si utilizzino le risorse pubbliche nelle forme  opportune per "salvare" Terni e l'Umbria (il pil dell'intera Regione pesa sull'AST con oltre il 20%).

Non può essere accettato alcun  piano di ridimensionamento dell'Azienda, ma sottoporre, qualora ce ne fosse bisogno, un nostro piano industriale. La sensazione che serpeggia è che qualcuno si accontenti di dichiarare vittoria per aver contenuto le perdite occupazionali.

Se ci si contentasse di così poco, significherebbe aver accettato un lento declino.... Non permettiamolo. Il premier Renzi deve spendere in prima persona, carisma e decisione in sede europea. Le seconde linee non servono a creare prospettive di futuro accettabili. E’ ora di agire.

Ing. Giocondo Talamonti

(Associazione "E. Berlinguer")

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