Illustrissimi,
ci permettiamo di scriverVi, nella nostra qualità di avvocati della Regione Puglia nel procedimento Costituzionale recentemente sfociato nella Sentenza 199\2012 su mandato del Presidente Vendola, nonché, motu proprio, di Avvocati rappresentanti il Comitato Referendario Siacquapubblica nel procedimento Costituzionale di cui alla Sentenza 24\2011.

Con la sentenza n. 199 del 2012 (depositata il 20 luglio e pubblicata il 25 luglio), la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art.4 d.l. 13 agosto 2011, n. 138 («Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo»), convertito, con modificazioni, dalla l. 14 settembre 2011, n. 148.

 

La pronunzia in questione riposa sull'assunto secondo cui sarebbe fatto divieto al legislatore di ripristinare le norme abrogate per effetto di referendum popolare, divieto che, ad avviso della Corte, discenderebbe de plano dall'art.75 Cost. Nel caso di specie, in particolare, il summenzionato art. 4 d.l. n.138/2011 (intitolato « Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dall'Unione europea») è stato introdotto nel nostro ordinamento giuridico dopo che, con D.P.R. 18 luglio 2011, n. 113, era stata dichiarata l'abrogazione, appunto a seguito di referendum popolare, dell'art. 23-bis del d.l. n. 112/2008, recante la precedente disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica: e ciò sebbene la norma portata al suo esame riproponesse, sempre ad avviso della Corte, la ratio sostanziale, e, talora, perfino la formulazione letterale, del precetto appena abrogato.

In prosieguo di tempo il contenuto dell'art. 4 d.l. n.138/2011 è stato recepito, con alcune modificazioni, dall'art. 53 d.l. 22 giugno 2012, n. 83 («Misure urgenti per la crescita del Paese»), da ultimo convertito dalla l. 7 agosto 2012, n. 134. Orbene, poiché la Corte costituzionale, nella sua pronunzia, ha avuto cura di precisare che la declaratoria di illegittimità costituzionale del più volte richiamato art. 4 d.l. n.138/2011 deve ritenersi estesa anche a tutte le successive modificazioni; poiché tale medesima pronunzia, come già rammentato, è stata pubblicata nella G.U.R.I. in data 25 luglio 2012; e poiché, infine, ai sensi dell'art. 136, comma 1 Cost. «quando la Corte dichiara l'illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione», è del tutto evidente che la conversione in legge dell'art.53 d.l. 22 giugno 2012, n.83 è stata disposta con riguardo ad una norma ormai non più esistente.

 

Illustrissimi Signori,
non può sfuggirVi come la vicenda di cui abbiamo voluto ripercorrere i passaggi cruciali, sebbene probabilmente frutto di una svista al momento della conversione, si risolva in un rinnovato vulnus alla legalità costituzionale consumatosi colpendo, una prima volta, la volontà popolare che aveva trovato nel referendum del 12 e del 13 giugno 2011 una inequivoca manifestazione, e una seconda volta le prerogative della Corte costituzionale, di cui colpevolmente e pericolosamente il legislatore ha mostrato di non aver tenuto in alcun modo conto.

Ed è per questa ragione, in mancanza di altra strada percorribile per rettificare un tale grossolano errore del Legislatore in sede di conversione, che ci rivolgiamo apertamente alle Vostre Eccellenze Illustrissime affinché, attraverso le modalità che saranno ritenute più opportune ed efficaci, la legalità costituzionale venga ripristinata a scanso di ogni successivo equivoco, così scongiurando il rischio di un conflitto tra poteri dello Stato e l'indebolimento, agli occhi di un'opinione pubblica visibilmente disorientata, di quel sentimento repubblicano che è stato sin qui cemento fondamentale della nostra convivenza civile.

 

Alberto Lucarelli, Ugo Mattei

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