L’elemento che colpisce di più nella vicenda di “Perugia 1416” è la sproporzione tra obiettivi dichiarati, mezzi a disposizione e risultati raggiunti. Non ci si occuperebbe di una manifestazione così marginale se il Comune della città capoluogo di regione non avesse scelto di figurare, nel 2016, tra i soci fondatori dell’associazione che la sovrintende, e se lo stesso Comune non avesse erogato all’associazione stessa, nel corso delle cinque edizioni organizzate dal 2016 al 2021, una cifra pari a 360 mila euro, ai quali si aggiungono i 140 mila euro ricevuti da Regione, Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia e Camera di Commercio, e altri 139 mila euro messi a bilancio nel corso degli anni alla voce “Contributi per l’attività istituzionale” di cui non si conosce la provenienza ma che hanno tutta l’aria di essere altri fondi pubblici. In cinque anni insomma, l’associazione “Perugia 1416 – Passaggio tra Medioevo e Rinascimento” ha incassato 640 mila euro per l’organizzazione dell’evento che – tra tiri alla fune, tiri con l’arco e ingresso delle dame in costume in centro storico – quest’anno si è tenuto dal 9 al 12 giugno e di cui, a scorrere le gallerie fotografiche contenute nella pagina facebook dedicata all’iniziativa, non sembra si possa dire che sarà ricordato per l’afflusso di pubblico, men che meno di turisti; come quelli che l’hanno preceduto, del resto. E dire che l’associazione ha tra i suoi scopi principali «la promozione sociale e storico-culturale della collettività perugina versus (sic) il territorio di appartenenza, guardando anche alla internazionalizzazione dei luoghi e degli eventi e alla loro promozione in ambito nazionale ed europeo», nonché quello di «contribuire al rilancio dell’immagine della città in Italia e all’estero», come si legge nel sito dell’associazione. Promozione, internazionalizzazione e rilancio sono parole impegnative, e sembra di poter dire piuttosto inappropriate per una manifestazione ignorata dalla stragrande maggioranza dei perugini stessi.

Detto degli obiettivi, che non paiono affatto centrati a sei anni ormai dall’istituzione dell’evento, c’è da affrontare la questione dei fondi che vengono dedicati a “Perugia 1416”. Sono tante o poche le centinaia di migliaia di euro che i vari enti, soprattutto il Comune, hanno concesso nel corso del tempo a “Perugia 1416”? Per avere un termine di paragone, ci si può riferire al fatto che nel 2017, mentre Palazzo dei Priori erogava 100 mila euro a “Perugia 1416”, ne concedeva 15 mila al Festival internazionale del giornalismo, evento al quale partecipano decine di relatori da diversi continenti e seguito dalle principali testate giornalistiche di tutto il mondo. Quella di 15 mila euro è stata peraltro l’erogazione più sostanziosa effettuata dalle varie Giunte Romizi al Festival stesso, rimasto a bocca asciutta per almeno un paio d’anni dall’insediamento del successore di Boccali, come ricostruito da un articolo di Umbria 24. A ciò si aggiunga che Encuentro, la festa delle letterature in lingua spagnola, quest’anno è migrata a Castiglione del Lago perché il Comune di Perugia non ha garantito fondi sufficienti a trattenere in città la manifestazione.

Si tratta di dati di fatto. Che portano ad ampliare il ragionamento, allora. Poiché pare del tutto evidente che la promozione dell’immagine di una città come Perugia, per le Giunte del sindaco Romizi che si sono succedute negli anni, passa da una rievocazione storica istituita negli anni Duemila invece che dalla valorizzazione di eventi culturali e popolari allo stesso tempo, come possono essere, seppure nelle loro diversità, Encuentro e il Festival del giornalismo. È una scelta legittima e squisitamente politica erogare centinaia di migliaia di euro verso una direzione e pochi spiccioli verso altre, e si deve supporre che ciò risponda a una analisi del contesto e, più in generale, all’idea che si ha della città che si è stati chiamati a governare.

Vale però la pena di chiedersi – anche in questo caso, per avere un termine di paragone – quante città italiane capoluogo di regione e del calibro di Perugia basino la loro promozione in maniera così pervicace e costosa su una manifestazione che sconta peraltro un difetto non da poco, per una rievocazione storica: quello di non essersi tramandata nel tempo, anzi, nei secoli, come accade per il Palio di Siena e per la Festa dei Ceri di Gubbio, ma di essere stata istituita praticamente a forza negli anni Dieci del Duemila. Perugia investe insomma decine di migliaia di euro pubblici ogni anno in una rievocazione da centro minore, come mostra la lista delle città e dei paesi che fanno parte dell’associazione umbra rievocazioni storiche, e lo fa addirittura con l’obiettivo di un rilancio dell’immagine a livello internazionale. Mantova, nel suo piccolo, investe nel Festival della letteratura che coinvolge i principali autori viventi; Ferrara ospita la festa di Internazionale, e non risulta che Milano, Firenze, Napoli, Palermo o Ancona investano su una rievocazione storica istituita nel 2016 per la «promozione in ambito nazionale ed europeo» e per «contribuire al rilancio dell’immagine della città». Perugia, invece, questa Perugia, sì.

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