Dai maggiori giornali finanziari, dal paludato Sole 24 ore, ossequioso portavoce di Confindustria, al più liberal inserto di Repubblica Affari & Finanza, piovono lamentazioni per il fatto che il tanto sospirato decreto Lanzillotta, quello della liberalizzazione dei servivi pubblici locali, si è arenato nelle secche del Parlamento italiano, cosicché non sarà approvato almeno per quest’anno, come auspicavano ardentemente lor signori. Allora se la prendono un po’ con tutti e in primo luogo, naturalmente, con la sinistra, quella “radicale” si badi bene, che l’avrebbe avversato sin da subito per ragioni ideologiche (e sennò per quali altre!). Sinistra radicale doppiamente colpevole, visto che era già riuscita ad amputarlo per la parte che riguardava l’apertura al mercato dei servizi idrici. Ma la loro furia si è diretta anche contro quelle che chiamano le “lobby municipali” che, chissà perché mai, sarebbero più spregevoli di quelle che da sempre organizzano gli industriali, e non risparmia nemmeno quei sindaci “riformisti” che non si sono dannati più di tanto per accontentarli. Allora piangono dirotto i nostri prodi imprenditori, perché così facendo, non si consente loro di mettere le mani anche sulla gestione di quel poco che resta di pubblico in Italia, ed a rimetterci saranno i consumatori che continueranno a pagare assai cari questi servizi. Siamo, dunque, alla solita fola alla quale ormai non crede più nessuno: ovvero che laddove si fa più concorrenza, le tariffe diminuiscono e gli utenti sono felici. Ipocritamente si dimenticano di dirci quali vantaggi questi distrattati consumatori-utenti hanno sin qui tratto dalle numerose privatizzazioni selvagge che sono state fatte nel nostro Paese. Prendiamo a caso alcuni settori. Quello delle assicurazioni, ad esempio, od anche le banche: per le prime, nonostante gli incidenti stradali siano costantemente diminuiti, seguitiamo a pagare polizze salatissime che, anziché diminuire, hanno piuttosto imboccato la strada contraria; per le seconde, i servizi che offrono ai loro clienti sono fra i più cari, se non i più cari in assoluto, a livello europeo. E dalla privatizzazione dell’Enel abbiamo avuto forse qualche beneficio? Le bollette che paghiamo ogni due mesi sono tremendamente chiare al riguardo e ci dicono che ancora una volta ci abbiamo rimesso. Per non parlare poi dei carburanti. Il fatto è che, non appena messe le mani sulla proprietà pubblica, queste benedette imprese, invece di farsi concorrenza, si sono messe d’accordo, hanno fatto cartello imponendoci le loro condizioni capestro. E la stessa cosa vale per i servizi pubblici locali, laddove è stata avviata la strada della privatizzazione. Anche, per quelli idrici. In questo caso a soccorrerci sono proprio i dati dell’Umbria, dove, con un +24% medio di incremento delle tariffe nel 2006 ci siamo guadagnati la palma di primi della classe. Ce n’è, dunque, quanto basta per convincerci non solo dell’inopportunità di proseguire su questa china pericolosa, tanto più quando ciò vuol dire consegnare un bene primario per l’umanità nelle mani della speculazione privata, ma anche della opportunità di ripercorrere all’indietro questo pericoloso percorso. Ciò vuol dire che se lor signori hanno motivo di lamentarsi perché il decreto Lanzillotta si è arenato nelle secche parlamentari, noi abbiamo invece tutte le ragioni per gioirne e per impegnarci affinché in quelle secche rimanga incagliato il più a lungo possibile. Anche per sempre.

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