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di Daniele Bovi “Fallimento 'pilotato'”. E' il sospetto, pesantissimo, che Arturo Bonsignore e Daniele Portinaro, legali di Leonardo Covarelli, adombrano in una delle 38 pagine contenenti il ricorso con cui gli avvocati chiedono alla Corte d'Appello del tribunale di Perugia di annullare la sentenza di fallimento a carico di Perugia e Mas firmata dal giudice Rana il 20 maggio scorso. Trentotto pagine nelle quali si ribatte colpo su colpo alla sentenza di fallimento tirando in ballo tribunale, procura e collegio sindacale. Trentotto pagine in cui si dice che la Osj Knights of Malta Foundation (protagonista del preliminare di vendita “bocciato” dal giudice Umberto Rana) è disposta a “intavolare” nuove trattative purché la corte d'Appello revochi il fallimento. Insomma, il Perugia a pochi spiccioli non interessa, al costo di 13 milioni invece sì. Nel pacchetto però ci sarebbe anche la Mas con tutti i suoi immobili. In tribunale l'appuntamento è fissato per l'8 luglio, mentre giovedì verrà discussa la richiesta di blocco di vendita del compendio presentata sempre da Covarelli. IMPROCEDIBILITA' DEL GIUDIZIO In particolare sono tre i punti attorno ai quali si concentra la strategia difensiva della coppia di avvocati: il primo attiene alla improcedibilità del giudizio una volta arrivate le desistenze di Pomponi e Lo Sole. Il tribunale cioè, una volta constatate le desistenze non avrebbe potuto, secondo i legali, procedere alla dichiarazione di fallimento: “Nonostante ciò – scrivono infatti i legali - il tribunale di Perugia procedeva a dichiarare il fallimento senza per nulla considerare le desistenze” di coloro che vantavano i crediti più ingenti. Secondo Bonsignore e Portinaro infatti gli altri creditori sono “portatori di interessi economici di modesta entità tenuto conto dell'esposizione debitoria del Perugia calcio”. Senza scendere in dettagli giuridici per addetti ai lavori, secondo i legali dopo la riforma dell'articolo 6 della Legge fallimentare a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo 9/2006 (in particolare l'articolo 4) “la dichiarazione di desistenza comporta 'de iure' la dichiarazione di estinzione del procedimento fallimentare con conseguente impossibilità in capo al tribunale di dichiarare il fallimento”. Il problema però è che non tutti i creditori avevano presentato desistenza. Con quelli più piccoli, dicono i due, “stavano per essere perfezionate trattative che avrebbero portato al deposito della rinuncia a procedere”. In base a tutto ciò i legali parlano di “pacifica ed evidente violazione delle disposizioni vigenti in materia fallimentare”. INAMMISSIBILE L'ISTANZA DEL PM Il secondo punto tirato in ballo da Portinaro e Bonsignore riguarda l'istanza presentata dalla Procura di Perugia in seguito alla ormai nota denuncia del collegio sindacale del Perugia calcio. Quella istanza, dicono i due, doveva essere ritenuta inammissibile dal tribunale. In sintesi secondo gli avvocati non una delle condizioni che consentono l'intervento del pm si è verificata. Il pm infatti può presentare istanza qualora “venga riscontrata un’insolvenza nel corso di un procedimento penale e si manifesti con fatti sintomatici dell’esistenza di essa (fuga, irreperibilità, latitanza, etc)”, oppure “quando l’insolvenza risulti dalla segnalazione del giudice che l’abbia rilevata nel corso di un giudizio civile”. Il pm, dicono i legali, non aveva le prove dell'insolvenza. Sempre gli avvocati nel corso di lunghe pagine provano a fare a pezzi la denuncia dei sindaci abbattendola punto per punto e tirando pesantemente in ballo proprio i componenti dell'organo di controllo. Anche loro, secondo Bonsignore e Portinaro, non avevano prove solide per affermare quanto scritto nella denuncia. I componenti del collegio infatti secondo gli avvocati “hanno omesso il controllo sulla gestione, hanno rappresentato una situazione non veritiera o peggio hanno sottaciuto circostanze a loro note”. Durante l'assemblea del 13 febbraio scorso il collegio “analizzando i crediti e i debiti verso soci ed amministratori di tipo non commerciale addiveniva a conclusioni diametralmente opposte a quanto poi esposto”. Secondo la situazione contabile del 31 dicembre scorso “il conto anticipi amministratore – dicono – che esponeva un saldo a credito di 472.091,79 euro alla data dell'11 febbraio 2010 riportasse il saldo a debito di 323mila euro”. Non solo, “il conto finanziamento di terzi al 31 ottobre espone un debito di 345.840 euro mentre alla data dell'11 febbraio è acceso per 85.453,27 euro”. Tutte cose che i legali chiamano “discrepanze (per non usare espressioni diverse)”. Un altro dei punti cardine della denuncia dei sindaci verteva su presunti soggetti ignoti che avrebbero “effettuato erogazioni di denaro a qualsiasi titolo”. Tutto, dicono però i legali, è stato contabilizzato “con l'indicazione della provenienza”. Questi soggetti ignoti insomma “non esistono”. Ultimo capitolo era quello relativo alla ricapitalizzazione fatta con uno degli immobili di Covarelli. La Mas, dicono i legali, controlla il Perugia al cento per cento e può quindi “provvedere ai conferimenti nel modo ritenuto più opportuno”. Nulla però è detto in merito ai numerosi debiti residui che gravano sull’immobile annotati nella perizia di stima redatta dal commercialista Ermini (Umbrialeft ha raccontato la storia qui http://www.umbrialeft.it/node/35177). IL PRELIMINARE ERA REGOLARE Il terzo e ultimo paletto piantato dal duo difensivo di Covarelli riguarda il famigerato preliminare di vendita del Perugia calcio e della Mas sottoscritto la sera del 17 maggio in favore della Osj Knights of Malta Foundation dell'avvocato romano Franco Rossi. Un preliminare demolito nella sentenza di fallimento firmata dal giudice Rana (per leggere clicca qui http://www.umbrialeft.it/node/36552). Secondo quel preliminare erano tredici i milioni messi sul piatto da Rossi. Nel ricorso poi vengono resi noti dettagli interessanti. Di questi 13 milioni infatti sei erano “da destinarsi in via esclusiva alla Mas e a Leonardo Covarelli con l’obbligo di versare detta somma a favore del Perugia così da consentire la regolare prosecuzione dell’attività sportiva”. I restanti sette invece sarebbero dovuti servire per ripianare le perdite della Mas. Sempre secondo i legali poi al tribunale sono state presentate garanzie a sufficienza. “Copiosa documentazione” la chiamano gli avvocati e rilasciata dalla Barclays Bank PLC e attestante “il riconoscimento in capo all'avvocato Rossi” di tutti gli strumenti economici “depositati presso vari istituti bancari esteri di primaria importanza”. Tutti strumenti di cui Rossi ha “potere di disposizione e/o trasferimento”. Ma non finisce qui. La Banca Ubs Ag London Branch avrebbe infatti messo a disposizione uno “strumento finanziario del valore nominale di 27 milioni e 617mila dollari da conguagliare al pagamento del prezzo complessivo d'acquisto”. La procura notarile in favore dell'avvocato Rossi poi secondo i legali c'era e conferiva al professionista romano i più ampi poteri. Evidenziato tutto ciò nel ricorso si sottolinea come manchino “i presupposti per poter considerare la società insolvente visto che il preliminare avrebbe ogni oltre ragionevole dubbio garantito un rientro integrale dell’esposizione debitoria del Perugia”. Alla fine poi arriva la botta del duplex difensivo: secondo loro l'asta andata deserta “conferma quanto da sempre sostenuto dalla difesa”: ossia che le cordate erano “inesistenti”. In più arriva quel dubbio che pesa come un macigno: “Sorge il dubbio – dicono – che si sia trattato di fallimento 'pilotato'”. Condividi