di Daniele Bovi
Messe da parte le polemiche contro il Real Tadino e con i cerotti ancora sul corpo, questa mattina i giocatori del Futsal Perugia e il team manager della squadra Matteo Lobbiani hanno provato a sensibilizzare l’opinione pubblica dopo la violenza di sabato scorso durante una partita di Serie C2 di calcio a 5 (per leggere il servizio di Umbrialeft clicca qui
http://www.umbrialeft.it/node/36227). Violenza a seguito della quale tre giocatori del Perugia sono finiti al pronto soccorso dell’ospedale Silvestrini. Uno di loro ne avrà, come testimoniano i referti medici esibiti stamattina, per sei giorni.
“Quello che vogliamo fare oggi – dice Lobbiani – è sensibilizzare l’opinione pubblica su un problema che sta attanagliando molti campi da gioco della regione”. Nessun tono polemico verso il Tadino ma le cose vanno messe in chiaro intorno alla situazione generale di questo sport: “Sono troppi gli episodi di violenza”. Spesso poi le pene sono irrisorie, e da qui deriva un senso di impunità per cui dentro e fuori dal rettangolo di gioco tutto è lecito e nulla si rischia.
I motivi sono più di uno. Innanzitutto va chiarito come per la giustizia sportiva non abbiano alcun valore i video o le testimonianze dirette: tutto, infatti, si basa sui referti arbitrali. “Spessissimo però – sottolinea Lobbiani – gli arbitri hanno paura e tendono a minimizzare nei referti che compilano. Anche loro però sono vittime: sono pochi, hanno paura, e sanno che in quei campi prima o poi ci devono tornare. In molti pensano solo a tornare a casa sani”.
I rimedi secondo Lobbiani sono una legislazione più severa e un comportamento differente da parte delle società: “Cominciassero – dice – a comminare lunghissime squalifiche ai campi e sanzioni pecuniarie ingenti. Da parte delle società poi ci vogliono atteggiamenti più responsabili: noi di fronte a singoli casi abbiamo avuto atteggiamenti duri vero chi ha sbagliato”. Sempre secondo Lobbiani poi “sono le società che dovrebbero tutelare i giocatori e non guardare solo all’interesse economico: quello che è successo a Gualdo è solo la punta dell’iceberg”.
LA GUERRA DI BURANO Tanto per rendere l’idea basta raccontare quello che è successo il 19 febbraio scorso nella partita tra Burano C5 e Sport B Side. Uno dei pochi episodi dove l’arbitro nel referto c’è andato giù duro. Invasione di campo da parte di una decina di tifosi “finalizzata – recita il comunicato in cui si riportano le decisioni del giudice sportivo – all’aggressione di alcuni tesserati della squadra avversaria”. E poi ancora si va avanti al ritmo di cazzotti in faccia, direttori di gara aggrediti “con gravi insulti” e ulteriore invasione di campo dei tifosi che “colpivano violentemente numerosi calciatori della squadra avversaria con calci al corpo e al viso”.
Non contenti poi i “tifosi” invadevano lo spogliatoio (senza chiave) “raggiunto a fatica” dall’arbitro e lì “si introducevano” per aggredirlo, questa volta solo verbalmente. Risultato, il povero fischietto riesce ad abbandonare l’impianto solo dopo 45 minuti e scortato dalle forze dell’ordine. Sembra una guerra e invece è solo una partita di calcetto in un campo di periferia. Nel suo dispositivo il giudice parla apertamente di “aggressione posta in essere cumulativamente da tifosi, calciatori e dirigenti della società” con modalità (calci in faccia a giocatori già a terra) che “denotano una spinta criminale preoccupante”. Roba da codice penale insomma.
Le pene, se rapportate alla gravità dei fatti, sono tutto sommato quasi irrisorie: mille euro di multa alla società (per una stagione se ne spendono anche 40mila), 15 punti di penalizzazione, sconfitta a tavolino e restanti gare in casa a porte chiuse. “La Federazione – sottolinea Lobbiani – ha le mani legate da un codice che non tutela le società virtuose. Serve l’impegno della Federazione che miri a tutelare i giocatori e a colpire duramente gli episodi di violenza. Il caso di Gualdo? La giustizia sportiva prenderà le sue decisioni”.
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