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di Nicola Bossi Alimentare il sospetto per avvalorare sempre di più la tesi del furto, sfociato in omicidio, che è il cardine delle difese di Amanda Knox e Raffaele Sollecito, accusati dell'omicidio di Meredith Kercher avvenuto la sera del 1° novembre del 2007. E' questo il compito delle difese nell'udienza di oggi sul caso della ragazza inglese che ha visto salire sul banco dei testimoni una coppia di avvocati che nell'ottobre 2007 avevano subito un furto nel proprio studio. E la polizia ritrovo gli oggetti trafugati proprio in mano a Rudy Guede, condanato a 30 anni per la morte di Meredith. I testimoni hanno spiegato che il ladro riuscì ad aprirsi un varco attraverso una piccola finestra dello studio. Una soluzione che gli stessi avvocati definiscono "non certo agevole dato che la finestra si trovava a quattro metri di altezza e il vetro era in porfido". Insomma un ladro agile, giovane probabilmente e che sapeva come agire. Il bottino fu di un computer portatile e un telefono cellullare. La refurtiva - come ribadito dagli stessi legali ascoltati in aula - è stata poi ritrovata dalla polizia di Milano il 27 ottobre durante il controllo in una scuola comunale che era stato adibita a dormitorio da un ragazzo di colore che identificato rispondeva al nome di Rudy Guede. Il giovane ivoriano, sorpreso con la refurtiva ma non sul luogo del reato, ha affermato di aver acquistato telefonino e computer alla stazione delle ferrovie a Milano da alcuni venditori abusivi. Ma un ragazzo senza un lavoro a Milano, costretto a dormire abusivamente in una scuola, poteva permettersi di acquistare questi due oggetti? E' questo l'interrogativo sollevato dalle difese in aula. Chiaro il motivo della presenza degli avvocati milanesi in aula. Dimostrare che Rudy Guede poteva anche essere in grado di entrare in appartamento da una finestra per compiere piccoli furti. E magari, scoperto, per paura di diventare recidivo e finire in carcere avrebbe messo a tacere chi viveva nella casa presa di mira per quel raid. Condividi