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Qual’è il compito della cultura? si è chiesto qualche giorno fa lo scrittore torinese Alessandro Baricco in un lungo articolo apparso su Repubblica, e perchè è lo Stato a doverla finanziare? La sua risposta: la democrazia ha bisogno di cittadini informati, minimamente colti e sufficientemente dotati di solidi principi morali e forti riferimenti culturali. L’ampliamento di questo orizzonte culturale globale, così Baricco, è un diritto basilare di tutti. Ma come si può esigere che venga rispettato questo diritto fondamentale? Impiegando i mezzi finanziari laddove possano essere più efficaci a largo spettro, nella scuola e nella televisione. In altre parole: niente finanziamenti pubblici ai Teatri Stabili ma ad ogni scuola un teatro. E due volte la settimana negli orari di “massimo ascolto” la televisione potrebbe mandare in onda programmi “sovvenzionati” senza curarsi dell’auditel. Alessandro Baricco è autore di bestseller mondiali come “Seta” o “Novecento”. Come l’editoria e la letteratura hanno dimostrato, così lo scrittore, il libero mercato è perfettamente in grado di produrre cultura. Per questo si dovrebbe chiudere il rubinetto degli aiuti statali all’opera lirica, ai concerti, al teatro, alle mostre d’arte e ai festival lasciandoli al libero gioco delle forze e “non disturbare”. Attraverso le manifestazioni artistiche non si possono raggiungere quelli che oggi sono esclusi dalla cultura. Titolo dell’articolo di due pagine: (?)“La fine dello spettacolo” Il testo ha alzato un vespaio. Favorevoli e contrari ne hanno discusso in tutti i media. Un’idiozia, ha tuonato l’ex direttore di Rai Tre, Angelo Guglielmi, che oggi è responsabile della politica culturale della città di Bologna. La tivù seguirebbe altre leggi e la scuola non può essere rinnovata se non a suon di miliardi di euro, mentre i circa duecento milioni che l’Italia spende ogni anno per la cultura sarebbero solo una goccia nel deserto. Riccardo Muti, invece, ha applaudito la proposta. L’educazione musicale dovrebbe iniziare a scuola e far parte della programmazione televisiva. Troppo esagerato sarebbe lo spreco di denari pubblici. Il “giullare” e premio nobel Dario Fo ha accusato Baricco di “offesa e istupidimento del pubblico”. Il vecchio regista Franco Zeffirelli si è detto invece soddisfatto, da anni lui propone le stesse cose. Soprattutto le proteste sono arrivate dal mondo del teatro, attaccato da Baricco. Senza sovvenzioni statali, così il direttore del Piccolo di Milano, Sergio Escobar, a partire dalla cura della tradizione sino alle provocazioni del nuovo, non è possibile fare teatro seriamente. E proprio ora che i meccanismi di mercato, nell’economia e nella società, versano in una grave crisi dovrebbero salvare la cultura? Il Ministro Renato Brunetta, a cui nel Consiglio dei Ministri di Berlusconi competono “lavoro pubblico e innovazione”, al contrario ne ha tratto una gradita riconferma. Già da mesi aveva richiesto che i cittadini dovessero, per piacere, finanziarsi da soli l’Opera lirica, se proprio la volevano. Lo Stato ha altri compiti, secondo il Ministro. Al Maggio Musicale, il tradizionale teatro di Opera lirica fiorentina, hanno trovato le tesi di Baricco meno divertenti. Con più di quattro milioni di euro di buco nel bilancio del 2009, il Maggio rischia, come già tre anni fa, il commissariamento. Spettacoli come “Bully Budd” di Benjamin Britten o il “Machbeth” di Verdi sono già stati cancellati dalla programmazione per carenza di fondi. Addirittura anche gli stipendi dei circa 400 dipendenti della fondazione sono a rischio. Causa scatenante della catastrofe di Firenze un taglio delle sovvenzioni pubbliche del 30% . Ciononostante al Presidente della Regione Toscana, Claudio Martini (Pd) non sono affatto dispiaciute le riflessioni di Baricco. Durante una visita agli Emirati Arabi ha suggerito in questi giorni l’allestimento di una dependance degli Uffizi in Abu Dhabi a modello di quella del Louvre. La sinistra diventa finalmente ragionevole, ha commentato la proposta il portavoce del governo, l’Italia deve infatti impiegare bene i propri talenti culturali. Il dibattito sul ruolo degli aiuti pubblici nella promozione culturale è già da tempo approdato al Ministero della Cultura. Salvatore Settis, stimato studioso del mondo antico e direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, ha fatto per mesi “il corpo a corpo” con il Ministro della Cultura Sandro Bondi. Ora Settis ha presentato le dimissioni dall’incarico di Presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali, il più alto organo consultivo a carattere tecnico scientifico del Ministero. Il Ministro Bondi non si è opposto agli, in alcuni casi, assurdi tagli al bilancio per un totale di 1,4 miliardi di euro per i prossimi tre anni, che gli sono stati imposti dal Ministero delle Finanze. E questo nonostante il settore della cultura in Italia venga finanziato con un misero 0,16 per cento del Pil (mediamente gli altri paesi della Eu spendono l’1,4 per cento). Settis teme che alla politica culturale di questo governo non interessi più la conservazione del patrimonio culturale ma solo il suo utilizzo finanziario. Per questo anche gli organi di sorveglianza preposti, come la sovrintendenza ai beni culturali, subiranno tagli finanziari e al personale. Così possono verificarsi eclatanti contraddizioni, come quella, avvenuta di recente, che non è stato possibile impiegare le risorse finanziarie annuali tra gli 800 e i 400 milioni di euro. E invece persone, professionalmente estranee al settore, come l’ex dirigente di McDonald’s hanno ricevuto incarichi di alto prestigio per “la valorizzazione dei beni culturali”. Per solidarietà verso Salvatore Settis altri due membri del Consiglio Superiore dei Beni Culturali si sono dimessi dal loro incarico. Il Ministro Sandro Bondi si difende dicendo che i tagli di bilancio riguardano tutti i ministeri allo stesso modo. Anche Bondi elogia, in un’intervista su Repubblica, le “provocazioni” di Baricco, dato che “un cambiamento radicale nel rapporto fra Stato e cultura” sarebbe necessario. La cultura sarebbe stata per troppo tempo, attraverso un “rapporto perverso”, sottomessa allo Stato e per questo “non libera” e “sin troppo ideologicizzata” e preoccupata e troppo concentrata su se stessa. Del Ministro si dice ora che sia tentato di dimettersi, sembra che gli piacerebbe diventare coordinatore della nuova grande coalizione Pdl, orientata a destra, (composta da Forza Italia di Berlusconi e Alleanza Nazionle di Fini). Come successore di Bondi è stato proposto lo storico 49enne, Gaetano Quagliarello, di Napoli. Il politico del Pdl, “cattolico-fondamentalista”, è presidente della fondazione Magna Carta. La fondazione si considera un Think-Tank conservatore, a supporto del Governo Berlusconi. Nel dibattito, più rumoroso che obbiettivo, sul testo di Baricco si sono persi alcuni interessanti interventi. Il Corriere della Sera, di fatto, non voleva dar ragione al “neoliberalizzato Baricco”, che si augura la fine delle manifestazioni culturali finanziate dallo Stato. Per quanto sbagliato il sistema attuale impedisce la commercializzazione selvaggia di qualcosa come il patrimonio della storia musicale attraverso la “versione da hit-parde di Puccini”, come é successo recentemente al Festival di Sanremo. Tuttavia Alessandro Baricco si era anche chiesto come sia stato possibile che “la grande diga culturale costruita con le sovvenzioni statali” non abbia retto e non ci abbia salvato dalla decadenza culturale, rappresentata dalle tivù di Berlusconi. Berlusconi è “solo” l’effetto e non la causa dello stato attuale, scrive il Corriere della Sera. Tuttavia, secondo il critico Ranieri Polese, l’opposizione e tutto quello che sta a sinistra, sino ad oggi, non si è confrontata in maniera critica con la questione che il suo progetto culturale sia fallito e il consumismo abbia trionfato in ogni campo. L'articolo è apparso il 10 marzo 2009 in Germania, sulla Süddeutsche Zeitung Condividi