stranieri_1.jpg
Molti di noi auspicano da tempo un intervento concreto e democratico da parte delle forze dell'ordine contro chi delinque, contro chi spaccia morte e contro chi attenta alla sicurezza dei molti lavoratori perugini. Lasciando stare il metodo - i blitz spettacolari e spesso annunciati -, negli ultimi tempi l'Umbria sta vivendo un momento di messa in sicurezza. Ma la repressione da sola non basta. Questa non è retorica o tantomeno la solita tiritera di sinistra e un po' troppo permissivista e maledettamente terzomondista. No. Vogliamo raccontarvi la storia di un ragazzo magrebino di 32 anni, senza permesso di soggiorno e senza una patria reale, che era venuto a Perugia cinque mesi fa dalla Francia. Che non ha reati sulle spalle. Che non spacciava. Che cercava di lavorare. Ma che tre giorni fa, nel blitz meritorio avvenuto al centro storico, è caduto nella rete dei controlli e ora si trova a Bari per essere rimpatriato. Questa è la storia di Simon. Simon era stato costretto a lasciare il suo paese (il Marocco)perchè omosessuale. Aveva subito di tutto per questa sua condizione che il mondo islamico non accetta. Violenza, carcere e persino il ripudio della famiglia. Simon prima era andato in Francia come clandestino. Eppoi sempre come clandestino è arrivato in Italia, a Perugia. Aveva fatto alcune prime amicizie nel mondo dell'omosessualità perugina. Era un ragazzo perbene: educato, non spacciava e non rubava. Voleva lavorare. E così, tra mille difficoltà, era riuscito a trovare piccoli lavoretti: imbianchino, muratore, portava giornali nei bar e nei locali. Aveva preso in affitto una camera a 300 euro al mese. In cinque mesi si era rifatto una vita: aveva trovato persino un fidanzato. Un ragazzo siciliano che studia a Perugia. Ma Simon sapeva di vivere sempre in bilico. E così aveva chiesto prima all'Arcigay di fare le pratiche come perseguitato per i suoi gusti sessuali. Poi ai vari datori di lavoro che però recandosi in Questura dovevano fare i conti con una normativa e con una sanatoria complicata. Tutti però erano pronti ad assumerlo: anche con un contratto cococo. Ma Simon non poteva tornare in Marocco: rischiava di essere ancora una volta preso di mira per i suoi gusti sessuali. La situazione era difficile. Poi tre giorni fa degli agenti in borghese lo hanno fermato in compagnia del suo ragazzo. Gli hanno chiesto i documenti. E' finito in Questura e ora si trova a Bari in attesa di essere rimpatriato. C'è da dire che gli agenti di Polizia, sollecitati dai tanti amici italiani di Simon, lo hanno trattato con i guanti bianchi. Ma essere clandestino è un reato. Questa storia dimostra però due cose: la prima che la repressione deve essere accettata da tutti ma deve avere anche dei margini di manovra per una selezione democratica dello straniero clandestino. Simon se fosse rimasto in Italia sarebbe diventato un cittadino esemplare. Il secondo aspetto: perchè le associazioni a cui si è rivolto Simon che trattano la tematica della discriminazione sessuale non hanno fatto nulla per questo ragazzo? Perchè i centri islamici, attivi quando gli pare sui propri fedeli, hanno ignorato questo bravo ragazzo? Usare la rete è importante per ripulire la città. Usare però una rete a strascico che uccide le speranze anche delle persone perbene invece no. Persino nei nostri mari è stata bandita. Condividi