roma22novembre.jpg
di Isabella Rossi Al corteo di Roma che ieri è partito da piazza Esedra per raggiungere piazza Navona le sigle non c'erano, le donne sì. Nessun partito, nessun sindacato. Niente soldi per gli autobus, soldi per la trasferta. Nessun appoggio materiale, né tantomeno morale, si fa per dire, in una manifestazione in cui si è gridato basta alla violenza sulle donne. L'allarmante attualità politica di questo fenomeno aberrante, infatti, verrà ricordata in tutto il mondo dalla "giornata internazionale per l'eliminazione della violenza sulle donne" che si celebra il 25 novembre. Una violenza che le statistiche chiamano maschile ma che è soprattutto, ed è questo il dato più indigesto, maschile familiare. L'aggressore "ha le chiavi di casa" nel 70% dei casi, quando cioè la violenza arriva per mano di un marito, di un compagno, di un familiare della cerchia più stretta. Non è lo straniero a commettere abitualmente violenza sulle donne in Italia. Ma l'inconfutabile verità viene lasciata fuori dal dibattito politico. E non è solo per poter continuare a fomentare un clima razzista nel nostro paese ma soprattutto per non mettere in discussione un'istituzione che dai tempi dell'impero romano è pietra miliare del potere vetero patriarcale in Italia: la famiglia. Mantenere saldi i vincoli familiari attraverso politiche che indeboliscono la capacità di reddito femminile è stato un chiaro obbiettivo dei due maggiori schieramenti alle ultime elezioni politiche.Nonostante l'Europa metta in guardia l'Italia dalla preoccupante disoccupazione femminile, non per improbabili rigurgiti femministi a Bruxelles ma perchè l'occupazione femminile è un parametro con cui si misura il benessere economico di un paese, l'Italia ha puntato ancora una volta sul mantenimento dell'antica gerarchia familiare a scapito dell'economia. "Noi la crisi non la paghiamo" urlano le donne nel corteo. "Siamo stufe di un governo fascista che vuole ricacciarci in casa attraverso il ricatto ecnomico-sessuale, tagliando con il dcr Gelmini posti di lavoro soprattutto al femminile...scaricando sempre più su noi donne il lavoro di cura, il taglio dei servizi sociali." Scrivono quelle della rete "sommosse". E non sembrano fare richieste esagerate: un reddito, la libertà di decidere della propria vita, di autodeterminarsi. E che siano soprattutto le donne che pagheranno le conseguenze della crisi mondiale sembra un concetto già ampiamente sdoganato nel mondo femminista. "...come si fa non vedere il nesso gra lotta di classe e femminismo? Fra emancipazione e liberazione della donna? Come possiamo essere libere di autodeterminarci se non abbiamo i mezzi per farlo?" Scrive Luigia da Perugia. E questo è un quesito che dovrebbero porsi tutte le donne, al di sopra degli schieramenti e al di fuori delle logiche di partito. Condividi