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La mobilitazione di questi giorni ci parla di un soggetto plurimo, composito, di una moltitudine finalmente declinata al femminile. Non più movimento, sindacato, partito, ma Onda. Così distante dai poteri da scaturire un inarrestabile bisogno di travolgere per contaminare un’intera generazione. La generazione degli invisibili, di noi, donne e uomini, ragazzi e ragazze, costretti a vivere nelle anonime pieghe di una condizione che, dalla flessibilità del lavoro e della ricerca a progetti, ci ha sbattuto in un precariato esistenziale. Precari per dovere, per diritto d’anagrafe. Nati tra la fine dei ’70 e i primi anni ’90. Accumunati dal lavoro volontario e gratuito a tempo indeterminato, dagli stage di formazione e dalla schiavitù di una ricerca che ha tempi e risorse strettamente connessi ai flussi dei mercati. Un tempo, il “bignami” del buon sociologo ci avrebbe definito come generazioni distanti, incapaci di comunicare, legate tra di loro forse solo per l’avvento dell’era telematica. Un tempo, forse. Un tempo, però, così distante dall’oggi, dal quel qui ed ora che ci ha fatto ritrovare nelle assemblee all’università, di fronte ai centri per l’impiego più o meno privati, fuori dalle fabbriche e per le strade di un Paese che sembra essersi svegliato di colpo e aver scoperto che la crisi del capitalismo globale, delle transizioni finanziarie, sia definitivamente uscita dalla dimensione dell’invisibile ed essere entrata prepotentemente nelle case della gente. Entra nelle case sottoforma di caro vita, di un nipote alle elementari che di pomeriggio si ritrova a far lezioni di giocoleria assieme ai genitori e agli insegnati. Entra nelle case grazie ad una figlia che da anni gira questa regione di supplenza in supplenza, d’istituto in istituto, e che di colpo vede bloccarsi ogni possibilità di accedere al tanto agognato ruolo. Entra nelle case con le nostre sembianze di laureati, plauditi ed acclamati dalle commissioni, per vedersi poi rubare la pubblicazione delle tesi dai dipartimenti controllati dai figli dei figli dei figli. Da quei figli fortunati, baciati dal diritto di nascita, quel diritto che lega a doppio filo chi è figlio di “nessuno” e chi è figlio di papà. Come è piccola questa regione che s’arroga il buon governo. E’ ancora più piccola la provincia ed inutilmente circoscritta la città. Come si fa presto a far due conti da queste parti, 2+2 fa sempre 4 è inevitabile, non c’è indecisione né un’opinione differente. E continuando a fare i conti ci si accorge di come un unico potere, in questo microcosmo del buon governo, sia garante di democrazia, sicurezza, salute ed istruzione. Un unico potere che da un lato è con gli studenti a cavalcare l’onda e dall’altro negli uffici a preparare i futuri assetti delle fondazioni che amministreranno le università e le scuole di domani. Non è un caso dunque che da queste parti sia passato il terzo mandato di un rettore, senza troppi mugugni, e che esimi professori passino dalla Giunta regionale al Gabinetto del Rettore con estrema facilità. Non è un caso dunque che tra le fila dei cortei studenteschi ci siano sindacalisti di professione, politici di professione e giovani rampanti futuri candidati nelle liste del potere. Non è un caso, nemmeno, che notizie come quelle apparse su “ il Sole 24 Ore” del 24 Giugno di questo anno, passino in sordina. Come quando ai primi bassi istinti di un governo intenzionato a distruggere l’istruzione e l’università, Gianni Toniolo, esponente del PD esordiva così: “Finalmente un’ottima notizia per l’università italiana, la migliore che abbia sentito in quarant’annidi vita accademica”(“il Sole 24 ore” del 24/06/2008), riferendosi al DDL 112/08, attuale Legge 133/08. Per dirla in parole povere esaltava la proposta di trasformare le università in fondazioni di diritto privato. Libera opinione di un uomo libero, se non fosse che a dettare la linea sul tema c’aveva già pensato l’attuale Senatore del Partito Democratico Nicola Rossi che, nel corso della seppur breve precedente legislatura, aveva trovato il tempo di presentare alla Camera la proposta di consentire alle università che lo avessero desiderato di darsi status di fondazione privata. Ma queste sono notizie del microcosmo che poco interessano alla città e agli studenti. Ernesto Sansugo Condividi