di Alfonso Gianni.

L'insistenza con cui Zingaretti ribadisce il voto subito ricorda il più classico cupio dissolvi. Anche il più inesperto comprende che le elezioni subito sono il più grande regalo a Salvini. D'altro canto l'articolessa di Veltroni oggi su Repubblica confonde una allora e tuttora inesistente destra liberale con quella neoliberista di Reagan e della Thatcher. La situazione è complicata, specie per una sinistra d'alternativa che ancora perde tempo anziché promuovere un processo costituente che la trasformi in una forza politica unita e plurale, ma capace di muoversi con decisione sulla scena. Come al solito il più lucido è Papa Francesco. Sentiva puzza di Hitler e subito Salvini gli ha dato ragione con la richiesta dei pieni poteri. Non sottovalutiamola, per quanto incredibile. Quindi il primo obiettivo è evitare il voto subito. Bisognerebbe farlo non in nome di una legge costituzionale pessima - checché ne dica Migone -, quella della riduzione dei parlamentari mantenendo il bicameralismo "perfetto", ma casomai in nome della necessità di evitare l' aumento dell'Iva (ossia una media di 541 euro in più di spesa annua, scusate se è poco), che con l'esercizio provvisorio sarebbe automatico. Le formule possono essere diverse, e certamente la parlamentarizzazione della crisi offre opportunità che non andrebbero sprecate, usando il necessario pragmatismo. In ogni caso difficile immaginare che si giunga alla fine della legislatura. Perciò la sinistra d'alternativa deve fare presto ad unirsi, non solo i micropartiti ma le tante espressioni che esistono nella società civile. Senza questo processo costituente, qualunque soluzione (dalla desistenza, se la legge elettorale lo permettesse, alla presentazione autonoma) ci vedrebbe al carro altrui.

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