Telecom Italia e la rete Tlc pubblica umbra

Apparentemente il nesso può sembrare stiracchiato, se non a parte l’oggetto, le telecomunicazioni.
In realtà, nella piccola per estensione, ma importante per il suo retaggio storico-culturale, vero motore del turismo nazionale (Assisi è la 5a città nazionale quale meta turistica, senza dimenticare le altre quali Spoleto, Gubbio, Todi e la stessa Perugia, capoluogo di provincia, assieme alla miriade dei restanti piccoli e medi comuni, in cui il retaggio storico e culturale fa parte del quotidiano), l’Umbria adesso si accinge ad essere prima nel cambiare il volto alle TLC nazionali. Certo stiamo parlando di una legge regionale, valida solo per il territorio umbro, ma che una volta approvata, detterà una vera rivoluzione nella concezione della rete di telecomunicazioni in quanto tale.
Ma entriamo nel merito. Si sa che la “municipalizzata” regionale, Centralcom sta cablando a fibre ottiche il territorio (qui la mappa della rete e dell’avanzamento lavori). Si sa forse un po’ meno che la suddetta società, nel puro spirito di pubblico a supporto sia del pubblico e del privato, una volta ultimato il lavoro, non sarà l’ennesimo concorrente degli operatori di telecomunicazioni, grandi o piccoli che siano, bensì offrirà i sui servizi, tra cui quello di trasporto dati, ad i soli operatori, i quali si confronteranno su prezzi e qualità di servizi, per i privati, le aziende e le PA.
Ahimè c’è un neo, che la rete arriverà nei territori dei comuni umbri oppure in maniera limitrofa, ma non gestirà l’ultimo miglio (su wikipedia, ultimo miglio), questo per esiguità di fondi, che per testimonianza diretta, sono assai pochi e vengono gestiti in maniera assai virtuosa (pensate che con uno staff di 5 persone, incluso l’amministratore delegato, hanno già cablato 140Km di dorsale da Città di Castello a Terni, completato le reti MAN di Città di Castello, Orvieto e Terni, mentre le MAN di Perugia e foligno sono in avanzato stadio di realizzazione. In fase di progettazione la dorsale Perugia-Foligno. In gara di appalto la dorsale est che coinvolgerà i comuni di Umbertide, Gubbio, Gualdo Tadino, Nocera Umbra, Valtopina, Foligno, Trevi, Spoleto, Acquasparta).
Come è stato risolto questo problema, affinché questa rete di nuova generazione, sià effettivamente fruibile da tutti. Citerò il passo della legge regionale in corso di approvazione, che riguarda questo problema:
Art.3, paragrafo c)
(la Regione Umbria, n.d.r.)
“c) promuove iniziative locali finalizzate alla realizzazione di reti in fibra ottica di nuova generazione costituite mediante la partecipazione diretta all’investimento da parte di cittadini ed imprese, nelle forme più consone quali cooperative di comunità, associazioni, fondazioni ed altre forme di soggetto no profit con fini sociali, riconoscendo il valore diretto e indiretto generato dalle esperienze strettamente collegate alle stesse comunità locali; promuove iniziative locali finalizzate alla realizzazione di reti in fibra ottica di nuova generazione costituite mediante la partecipazione diretta all’investimento da parte di cittadini ed imprese, nelle forme più consone quali cooperative di comunità, associazioni, fondazioni ed altre forme di soggetto no profit con fini sociali, riconoscendo il valore diretto e indiretto generato dalle esperienze strettamente collegate alle stesse comunità locali;”
Ovvero rete pubblica integrata con l’ultimo miglio, proprietà dei cittadini!
E visto anche il fatto dei costi in caduta libera per la posa di fibra ottica interrata, perchè non iniziare a pensare a degli enti privati che posano fibra e la manutengono, che associano cittadini ed imprese, e che queste reti create siano interconnesse alla rete pubblica. Ebbene non è forse questo il sistema per avere una connessione di altissima qualità, a poco costo, e con una fibra di pertinenza della propria casa, come il pezzo per allacciarsi alla rete fognaria o alla rete elettrica?
Magari invece di pagare canoni telefonici, si pagheranno all’inizio rate per la posa della propria fibra, e poi molto più basse, rate per mantenerla funzionale.
Con la possibilità di cambiare l’operatore che ci fornisce servizi (telefonia, connettività internet, e-mail, spazi su server, etc.) se non ci soddisfa, oppure averne più d’uno. Questo senza aggravi di costi di “trasporto”.
Oggi il canone di manutenzione che paghiamo per una connettività su filo di rame è di ca. 12€/mese, ca 144€ all’anno per l’ultimo miglio, e ne basterebbero ca. la metà per rifare ex novo l’impianto in rame.
Ebbene con poco di più per la posa (da un analisi la posa e l’interramento, tutto incluso, della fibra, costa per l’ultimo miglio dai 600 ai 1000€, cosa che porta a pensare che la manutenzione vista anche la bassa reattività della fibra ad agenti esterni, in costi molto più bassi considerando anche che con la gestione coperativistica di tutte queste attività, i costi sarebbero di molto ed ulteriormente più bassi), avremmo la possibilità di avere in casa nostra non solo internet intesa come web, ma per esempio la TV 3D ed ad alta definizione, cosa che il digitale terrestre, ahimè, per riprova sul campo, non riesce a portare, visto che anche la sola TV digitale, non ad alta definizione, non ha la qualità che dovrebbe avere dappertutto.
Certo, in questo periodo di vacche magre fare investimenti privati risulta difficile, ma se il pubblico investisse magari in un fondo di rotazione che finanziasse la posa di queste fibre private, magari prendendo le somme da i fondi strutturali europei, che credo consentirebbero questi finanziamenti, avremmo in poco tempo banda ultralarga dappertutto in Umbria.
Ma perché solo in Umbria? Da voci non confermate pare che a questo modello si inizino ad interessare anche altre regioni.
*****
Cosa centra l’articolo su Telecom Italia, citato all’inizio di questo post?
Ebbene cerchiamo di NON ricomprarci una rete pubblica, quella di Telecom Italia, privata, anche delle qualità necessarie al superamento del gap tecnologico che attualmente ha il paese in fatto di telecomunicazioni. Ripagheremmo ancora una volta una rete, già pagata con le nostre tasse, privatizzata male, gestita peggio, spremuta e depauperata dal finanziere di turno. Certo che le politiche e gli utilizzi della rete italiana, considerando il fatto che quest’ultima viene utilizzata dalle PA, inclusi i servizi di sicurezza, vengano decise in un consiglio di amministrazione a Madrid, è semplicemente folle, e se il capitale di controllo fosse rimasto italiano sarebbe stato meglio.
La rete quale monopolio naturale, DEVE essere pubblica. L’ultimo miglio può essere privato, ma inteso come proprietà del fruitore ultimo, il cittadino. Ivi intesa l’impresa.
Questa rivoluzione inizia dall’Umbria, prima in Italia a regolamentare le telecomunicazioni, coma da pertinenza accordata dal Codice delle Telecomunicazioni italiano.
G.Battista Frontera
Vice Presidente
Assoprovider

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