di Leonardo Caponi.

Tra il 1901 e il 1902 Wladmir Ilic Ulianov, detto Lenin, scrisse un'opera fondamentale, destinata a divenire un icona per il movimento operaio europeo e mondiale allora a maggioranza terzinternazionalista, il famoso "Che fare", nella quale sistematizzava e illustrava la sua teoria e strategia per la rivoluzione proletaria e l'organizzazione del partito operaio.

Questo interrogativo si è riproposto varie volte di fronte ai rovesci subiti dal movimento operaio nel mondo e si ripropone oggi in Italia, in un contesto del tutto diverso e dentro una cultura di sinistra in maggioranza lontana da quella di Lenin, alla luce di risultati elettorali (le europee) che confermano la possibilità di una estinzione della sinistra.

Non sono daccordo con le tentazioni di quei compagni che dicono che bisogna tornare verso il Pd (a fare cosa, dentro o alleato vassallo di un partito che della sinistra non conserva nemmeno il ricordo) o arrendersi e smettere di fare politica. A parte che non mi piace nessuna resa (pensate alla condizione dei pochi, isolati, antifascisti all'avvento del fascismo) io credo che in Italia esiste lo spazio, direi l'esigenza, di fronte al trasloco ad altra sponda del Pd, di una potenziale sinistra politica, in quanto esiste una sinistra sociale e vige ancora (anzi acuita) la contraddizione capitale lavoro.

La sinistra appare inutile agli occhi degli elettori, irrilevante e scarsamente affidabile. Essa è stata paradossalmente travolta, specialmente nelle regioni ex rosse, dalla crisi di quella sinistra moderata e del Pd, che ha combattuto, in quanto con essa ritenuta corresponsabile del vero o esagerato malgoverno che viene demagogicamente e furbescamente addossato a "quelli che c'erano prima".

La tragica sconfitta alle Europee viene da lontano per motivi che sarebbe troppo lungo in questa sede introdurre e che meriterebbero una discussione che nessuno farà. Sulle cause recenti, a parte la legge elettorale con sbarramento che, truffaldinamente, come al solito ha premiato il voto utile, ci sono, soprattutto, le colpe di una aggregazione, "La sinistra", che non si "sentita" per colpa dei media, ma soprattutto perche si è presentata ambiguamente divisa tra la voce bassa, remissiva, incerta e non comprensibile di Si e i sogni massimalisti ed estremisti di movimenti (pure generosi) ma parziali e lontani dalla sensibilità popolare. Vorrei far notare che il tanto bistrattato partito comunista di Rizzo ha preso più voti dei singoli partiti della coalizione La sinistra. Perchè almeno è stato chiaro ed ha esposto la vecchia falce e martello.

Che fare, dunque? Io rimango fedele alla mia idea di un generale scioglimento dei partitini e miniassociazioni, di un passo indietro dei dirigenti (non cacciati, aiutanti di seconda linea) e di una Costituente libera, aperta, senza vincoli rigidi o spartitori, che dia vita ad un contenitore nel quale ciascuno possa mantenere la propria ideologia, ma sia legato da uno stringente programma comune e da un cogente patto di unità di azione.

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