di Renato Casaioli

 

PERUGIA - Dunque Franco Marini, sarà il nuovo Presidente della Repubblica. La direzione del PD con 222 voti a favore, 90 contrari e 21 astensioni, ha deciso. La prima considerazione è che il PD con questa proposta, ha scelto di stare dalla parte della partitocrazia, non dei cittadini. Due mesi di chiacchiere, di incontri inconcludenti, spesso indecifrabili,  con Bersani che andava ripetendo “voglio un governo per il cambiamento”, per tirare fuori alla fine una boutade come questa. Sulla condivisione poi, qualche dubbio. Sembra che il Cavaliere abbia fatto il suo nome a Bersani. Capisco le perplessità, i timori, sullo spessore politico istituzionale rappresentato nelle aule del fronte grillino.

Penso alle problematiche legate all’Europa, all’euro, sulla necessità di dare avvio a opere pubbliche che ridiano fiato all’economia e modernizzino l’Italia. Tutte tematiche che con i grillini sarebbe stato molto più complicato affrontare. Io comunque avrei scommesso più di loro: non tutti hanno l’anello al naso e si faranno guidare cecamente. Rodotà, era il segno di una discontinuità con questo liberismo fatto di speculazioni finanziarie, un segno di rottura nei confronti di una partitocrazia autoreferenziale che ha dimostrato tuta la sua arrogante e tragica distanza dal Paese reale. Un tentativo di iniziare ad intraprendere una nuova strada per lo sviluppo del Paese, tante volte invocata dallo stesso Bersani.

Il PD ancora una volta ha dimostrato di essere prigioniero di quella componente cattolica ex democristiana, che gli impedisce di fare scelte chiare in economia, in direzione di una autentica laicità dello Stato e della politica. Le conseguenze pratiche, di una scelta che non condivido, saranno le ulteriori spaccature all’interno del PD. Il rullare dei tamburi già si avverte chiaramente. Mentre Berlusconi, che era giunto oramai alla canna del gas, grazie anche al gioco di sponda organizzato da Grillo e il suo tenebroso consigliere Casaleggio, in queste ore si sta fregando le mani. Ora potrà mettere al primo punto all’ordine del giorno dell’agire del nuovo governo, il suo salvacondotto. E poi l’accordo PDL e PD che si profila, alla fine risulterà paralizzante per l’agire del nuovo governo su molti fronti programmatici. Nodi come quello della riforma della giustizia, che se non saranno sciolti, faranno si che l’Italia rimanga fanalino di coda.  Ora la parola passa ai grandi elettori, vedremo ma le cose non sembrano così scontate.

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