Povero PD (e povera Italia)

di Leonardo Caponi
PERUGIA - A parte la durezza della sconfitta politica e il marasma che ne è conseguito, la vicenda della elezione del Presidente della Repubblica apre inquietanti interrogativi sul modo di intendere l’identità di un partito e più in generale la “politica”, da parte del principale partito progressista italiano e lascia presagire, per un futuro non lontano (o forse già si è consumata?), una rottura definitiva con la cultura della sinistra italiana e, financo, con quella del modello istituzionale europeo.
La riflessione riguarda il ruolo e la figura di Matteo Renzi e il suo rapporto col Pd. Ora non c’è dubbio, infatti, che se la sconfitta di quel partito è figlia di una irresolutezza di linea politica e dei conflitti interni tra le fazioni (loro stessi hanno parlato di “guerra per bande” e “balcanizzazione”), Renzi è da considerarsi parte pienamente in causa, coprotagonista per così dire e corresponsabile della disfatta. Sul piano della linea politica, infatti, Renzi non ha mai proposto con chiarezza una sua scelta tra accordo o rottura con Berlusconi, giudicandoli equivalenti, mentre il modo di comportarsi suo e dei suoi uomini è stato di “disturbo” e destabilizzazione permanente. Eppure, mentre Bersani se ne va, Renzi viene pronosticato in procinto di “prendere in mano” il Partito. Forse non avrà nemmeno bisogno di aspettare il prossimo congresso, dal momento che anche i suoi oppositori (in attesa ora di un salvatore della patria), di punto in bianco, si sono trasformati in suoi sostenitori o comunque lo accettano. Anzi se, con tutta probabilità, non ci fosse stata l’opposizione di Berlusconi, Renzi sarebbe stato incaricato di formare il governo e (senza nessun “tirocinio” o prova di competenza) sarebbe ora in procinto di diventare Presidente del Consiglio.
Morale della favola: chi rompe, non solo non paga, ma anzi, è premiato! Lezione per il futuro: in un partito, basta comportarsi da guastatore, per diventarne il leader!
Secondo elemento di riflessione (probabilmente ancora più inquietante del primo). Renzi ha potuto impunemente affermare, senza nessuna replica, che un conto sono i “franchi tiratori”, un conto sono coloro che votano contro le decisioni della maggioranza del partito, ma lo dichiarano prima e apertamente! I primi, che agiscono a tradimento nell’ombra, sono da condannare, i secondi sono invece da apprezzare. Bravo!; è una nuova teoria dei partiti e della politica. D’ora in poi in una formazione politica ognuno sarà autorizzato a fare il comodo suo, purché lo dichiari apertamente e preventivamente! E quando un partito, come è inevitabile, avrà bisogno di unità, compattezza e coesione?!
Me Renzi, il problema nemmeno se lo pone, anzi dichiara apertamente che lui vuole distruggere il partito che (tra l’altro sbagliando, perché già non esiste più) chiama “identitario”. Lui immagina un sistema politico all’americana, anzi forse anche oltre, dove tra destra e sinistra non esistono differenze e dove nei e dai “partiti” si entra e si esce in ogni istante, a seconda delle convenienze del momento o della spinta contingente dei propri affari: è il partito dei ricchi (o dominato dai ricchi) che non hanno altro da fare che difendere l’esistente e cioè i loro privilegi. Non è il partito delle classi subalterne, le quali sanno invece quanta passione, organizzazione, sacrificio ci vogliono per cambiare le cose.
Povero Pd!, se Renzi dovesse prevalere; ma alla fine sono affari loro!; invece povera Italia, nella quale ogni alternativa politica finirebbe per sempre!

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