di Giovanni Dozzini.

Nei primi sei mesi del 2021 sono 538 le persone morte sul lavoro in Italia. Tre al giorno. Le denunce di infortunio 266mila. Quasi 1.500 al giorno.
Queste morti vanno raccontate tutte. I nomi e le facce di tutti, non solo delle donne giovani e belle. Questa è una piaga sociale, e come tale va affrontata, anche dalla stampa. Un giornale serio dedicherebbe agli infortuni sul lavoro una pagina fissa, quotidiana, magari sottraendola al chiacchiericcio politico. Un telegiornale serio, pure, un servizio al giorno. Una testata online anche: sempre un focus in home page. Ma di chi è, la grande stampa, in Italia?
E la sicurezza sul lavoro andrebbe insegnata a scuola, dalle elementari alle superiori.
Poi ci sono le leggi, gli imprenditori che non le rispettano e chi fatica a farle rispettare.
Prima ancora c'è quel che è diventato, o che è tornato a essere, oggi il lavoro: uno strumento per il profitto o per la sopravvivenza, un'arma di ricatto, tempo e sudore in cambio di soldi, non la colonna portante della Repubblica italiana. Un lavoratore abituato o rassegnato a considerarsi un attrezzo a disposizione del proprio datore di lavoro sarà anche più incline ad accettare di lavorare in condizioni di sicurezza inadeguate. E qui serve tutto: regole, pressione sociale, cultura del lavoro, slanci rivoluzionari.

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