di Renzo Massarelli

 

Ha vissuto nel nuovo secolo lasciandosi alle spalle quello breve, che si inizia l'anno della sua nascita, il 1914, quando arriva la grande Guerra e nelle campagne di Todi si coltiva il grano e si conosce da vicino la fame. Ermete Antonelli avrebbe compiuto cento anni il 16 aprile del 2014 e avrebbe festeggiato nella sua casa di Città giardino, a Terni, elegante nel suo pigiama di raso color argento. Aveva ancora un fisico forte e massiccio come i contadini della sua zona, giovanile, al modo dei grandi vecchi che sfidano il tempo con noncuranza. Parlava di politica allo stesso modo della sua gioventù, con la stessa caparbietà, non avendo cambiato di una virgola le sue convinzioni, il modo di misurare i problemi del mondo e di affrontarli. Un uomo di ferro, come si diceva dei vecchi comunisti, quelli del primo Novecento e della terza internazionale. Il giorno prima della sua morte aveva ricevuto la visita di un suo nipote, il cardinale Ennio Antonelli, già arcivescovo di Perugia, del quale parlava con affetto, riferendosi soprattutto al periodo della prima giovinezza, quando questo nipotino gli correva attorno giocando felice nei prati.

 

Dopo qualche giorno appare sui muri della città un manifesto a lutto dal linguaggio insolito dove si parla del suo spirito battagliero e della speranza di "sostituire alla attuale società capitalistica una socialista a dimensione autenticamente umana di uguali e liberi". Sua figlia Bruna, insegnante al liceo classico e autrice di molti libri di storia locale la spiega così: "Non avrei mai scritto che Ermete Antonelli, mio padre, è stato un marito fedele e un padre esemplare come si usa in questi manifesti e non sono queste le cose che di lui vanno ricordate. Aveva un carattere deciso, ruvido, tipico di situazioni educative di altri tempi".

Gianni Tomassi che era il suo caporeparto alle acciaierie di Terni lo ricorda, dentro la fabbrica, con un carattere dolce e disponibile, sempre in prima linea nel difendere le ragioni degli operai che rappresentava come delegato dei forni Martin-Siemens. "Aveva frequentato le scuole elementari ma dentro il reparto parlava come un intellettuale. Aveva una cultura spontanea e naturale, una personalità che non passava inosservata". Anche in questo, sua figlia, ha una spiegazione. "Spesso ho pensato che la fabbrica fosse davvero la sua prima casa, il luogo dove esprimeva compiutamente il suo carattere. Poi, fuori dalle acciaierie, tornava alla sua seconda professione, il contadino. Nel corso della sua vita ha sempre vissuto accanto a un orto. Ciò che coltivava non lo portava al mercato ma a casa. Eravamo in cinque, tre figli, lui e mia madre".

Prima di trasferirsi a Terni, negli anni cinquanta, partiva da Todi in bicicletta per andare alle acciaierie, ogni mattina, portandosi dietro la tragedia di sua madre, massacrata dai nazisti una mattina del '44. I tedeschi cercavano un loro soldato scomparso nella zona di Montecastrilli e si erano messi alla caccia dei partigiani. Colpirono Passidea Cacchi, ripetutamente, con il calcio del fucile. Solo più tardi trovarono il loro compagno che dormiva, ubriaco, accanto a un pagliaio.
Capita, talvolta, che delle persone comuni si trovino a vivere tempi tutt'altro che comuni. Ermete Antonelli ha attraversato tutto il secolo breve e poi ancora il tempo di un'altra generazione rappresentando al meglio la grande storia, quella di una città industriale e di tutti coloro che l'hanno fatta crescere.

 

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