di Elio Clero Bertoldi

PERUGIA - Come, prendendo spunto da Fedor Dostoevskij, affascinare l'uditorio - soprattutto di giovani (gli alunni della V° del liceo scientifico Galileo Galilei) - con una splendida lezione, non ex cathedra, ma come un vero e proprio dialogo socratico, in cui il protagonista ha fatto sfoggio di arte maieutica, sul tema della libertà e della "sofferenza" della scelta, che è poi il solo modo di approdare alla libertà piena e vera.
Gherardo Colombo, noto ai più come inflessibile pubblico ministero, è stato un vero mattatore alla sala dei Notari, tenendo una dissertazione "sui generis", sul tema de "Il grande inquisitore" trattato dallo scrittore russo, sul quale l'ex magistrato ha da poco pubblicato un saggio dal titolo "Il peso della libertà"; il tutto nel quadro di "Bagliori d'autore" che quest'anno affronta proprio la figura e l'opera dello grande romanziere russo.
Da inquisitore di mafiosi, piduisti, terroristi, colletti bianchi corrotti e quant'altro, Colombo si è calato anima e corpo in questa battaglia sulla legalità, in cui si rivolge principalmente ai giovani, speranza del futuro.
E' partito, Colombo, dalla storia, narrata dallo scrittore russo ne "I fratelli Karamazov", del confronto, che si racconta avvenuto a Siviglia, tra il grande inquisitore, un principe della chiesa e Cristo, tornato sulla terra, al quale il cardinale contesta di "aver dato la libertà di scelta (il libero arbitrio, ndr) a chi non sa gestirla". In una società piramidale è chi sta in alto a fornire a chi sta in basso le indicazioni sul da farsi. Cioé ladivisione tra la parte di "chi può" e dell'altra di "chi deve". Cristo a conclusione dell'interrogatorio non risponde più alla domanda finale, ma bacia il grande inquisitore, un novantenne, che lo aveva minacciato di spedirlo al rogo, "sulle labbra esangui". Una risposta-gesto sconvolgente per il cardinale (che manda via Cristo senza alcuna punizione) e che i credenti possono intepretare come un gesto concreto di amore universale e che i laici possono spiegare come forma di profonda fratellanza. Col suo comportamento il Cristo del racconto-leggenda ha dimostrato, comunque, la sua libertà di scelta. Perché solo chi è responsabile può dirsi concretamente libero.
Per arrivare ad essere liberi - cioé a scegliere tra il bene e il male, tra il giusto e l'ingiusto - bisogna conoscere, essere informati, ha sottolineato Colombo. Scegliere senza sapere è una finzione, una pia illusione.
La scuola e l'educazione - ha affermato ancora Colombo - sono le strade da percorrere, con convinzione e partecipazione, per arrivare alla libertà. Ma la scuola e l'educazione non viste come obbedienza o dipendenza, ma vissute come fonte di preparazione alla conoscenza. Il percorso, dunque, è conoscenza - scelta - libertà.
Colombo ha condito - ma senza farlo pesare e girando tra le poltroncine della sala dei Notari, sollecitando il "cinque" ai ragazzi -, i suoi discorsi di citazioni filosofiche (Schopenhauer, Kierkegaard) e ha chiarito che il momento della scelta è difficile, tormentato, sofferto (un "peso" nel suo saggio), ma indica la strada, la sola possibile, che porta alla vera libertà.
Che insegnante sarebbe stato Gherardo Colombo...

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