Eravamo abituati a vederli tutti e tre insieme, per anni, anni nei quali le lotte nel mondo del lavoro per ottenere migliori condizioni di vita e di sicurezza nelle fabbriche, nelle amministrazioni pubbliche, nelle scuole, furono anche aspre, ma alla fine vittoriose, e la vittoria veniva grazie all’unità, quell’unità che i tre pur conservando i propri punti di vista erano riusciti a raggiungere: un traguardo importante per tutti i lavoratori italiani. La “triplice” come veniva chiamata questa formidabile unione d’intenti tra CGIL,CISL, UIL divenne ben presto una grande realtà , protagonista dello sviluppo e della modernizzazione del Paese. Ma come accade sempre più spesso, in questo inizio di nuovo millennio, che appare ancora come un proseguimento di quello appena trascorso, soprattutto del suo “secolo breve”, il Novecento, che sta dimostrando nei fatti che breve non lo è stato per niente e che anzi vuole continuare ad esistere nelle nostre menti e nelle nostre coscienze, ci si svegli al mattino e ci si accorge che qualcosa è cambiato, qualcosa a cui eravamo abituati, che costituiva un punto fermo per tutti i discorsi e le vicende che riguardassero il lavoro. Così una mattina ci siamo svegliati e abbiamo scoperto che è scomparsa l’unità sindacale, che la “triplice” non c’è più, che i lavoratori si sono divisi . In questo nuovo millennio assolutamente mediatico, i media appunto, hanno immediatamente rimandato l’immagine di una unità sindacale dilaniata da contrapposizioni che nate da un settore strategico dell’industria, i metalmeccanici, hanno alla fine coinvolto le confederazioni, e ora come mi dice un sindacalista della CGIL, qualcuno non ti saluta più e a firmare gli accordi ci si va separatamente. Cosa è accaduto? E soprattutto cosa accadrà di qui in avanti di fronte alle grandi sfide della globalizzazione nei confronti del mondo del lavoro? Come saranno affermati i diritti di chi lavora, come diventerà il confronto con le controparti,? Fra i tanti cambiamenti, trasformazioni e trasformismi, ai quali ci sta abituando il nuovo millennio, questo è il cambiamento che sicuramente milioni di lavoratori non avrebbero voluto mai vedere.
Al fondo della questione c’è anche lo scontro sulla rappresentanza, chi rappresenta chi e come rappresenta e soprattutto quanto rappresenta, a tale proposito in anni non sospetti il problema emerse più volte ma non se ne fece nulla, ovvero in anni di grande unità, il problema della rappresentanza era una delle poche cose non condivise dai soci della !triplice”. Oggi la questione si ripropone in uno scenario certamente più complicato, di fronte alla realtà inquietante della globalizzazione che ha trasformato luoghi, logiche, modalità del lavoro, mettendo in discussione quasi tutto quello che le lotte sindacali unitarie avevano conquistato dagli anni’70 del secolo scorso ad oggi, il tutto aggravato dalla crisi finanziaria mondiale,, ma il tavolo per discuterne, cioè quello unitario, è saltato. Adesso la vera posta in gioco , mentre di fatto stanno cambiando le “regole d’ingaggio” sindacale, è quella dell’egemonia nella “nuova fabbrica”, che è già molto diversa dalla fabbrica dove l’unità sindacale si era sviluppata e cresciuta e anche la scuola e la pubblica amministrazione sono diverse. Inoltre vengono al nodo vecchie alleanze politiche troppo ingombranti e nuove alleanze altrettanto ingombranti. Ma i contratti separati si sono già firmati, siglando la fine dell’unità e scavando un solco sempre più profondo fra la CGIL e CISL e UIL. La verità è che la vecchia unità non basta più , ma basterà una legge che stabilisca chi e a quali condizioni può firmare i contratti, per riparlarne con altre modalità e ricucire i rapporti fra le tre confederazioni? In un’epoca mediatica come questa, la visibilità è indispensabile, e questo fatto mette automaticamente in discussione la “vecchia” unità, basta guardare in Umbria alle differenti posizioni sui temi dello sviluppo e dell’approccio alle crisi dell’apparato produttivo regionale, e tra queste a quelle crisi senza speranza che si chiamano Merloni, Basell eccetera. Affrontare il “nuovo” recuperando “antiche” virtù come l’unità sindacale può e deve essere possibile.: ricominciamo da tre.

Gian Filippo Della Croce

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