di  Giovanbattista Frontera

 

Durante il suo regno, dal 1558 al 1603, Elisabetta I d’Inghilterra, fregio della lettera di corsa, oltre che il titolo di  baronetto, Francis Drake. L’obbiettivo, semplificando di molto, fu il contrasto dell’espansionismo spagnolo di Re Filippo II, e, soprattutto, il rimpinguare le esanimi casse della corona, attraverso scorrerie e predazioni su mari ed oceani

Cose lontane, direte voi, mai un governo all’alba del terzo millennio, potrebbe autorizzare tutto ciò.

Lo scenario attuale e sicuramente molto diverso, siamo nell’era della società dell’informazione, e chi controlla l’informazione, ha influenza e controllo sull’economia. Con un ardito parallelismo, proviamo a pensare internet come un mare, solcato da informazioni che viaggiano liberamente. Certo non tutto ciò che solca questo mare è di buona qualità, ma con occhio attento si può sicuramente discernere il veritiero dal falso. Ebbene il 31 marzo p.v., entra in operatività il regolamento sulla tutela del diritto d’autore stilato dall’AGCOM, il provvedimento più liberticida della storia repubblicana d’Italia. Vi diranno che è un argine al dilagare della pirateria informatica. Vi diranno che, finalmente, si fa qualcosa per un certo tipo di illegalità su internet. Tutto falso, o quantomeno si ignora quanto detto autorevolmente dalla Comunità Europea in una ricerca commissionata al IPTS, Institute for Prospective Technological Studies, che parla della pirateria informatica quale un fenomeno circoscritto, che, addirittura, favorisce il mercato legale. Allora come mai un tal regolamento in Italia? Chi viene favorito da questo regolamento? Sicuramente le lobby dei conenuti: musica, cinema, editoria, broadcast televisivi. (Ci ricorda qualche imprenditore italiano la cosa?) Il regolamento trasforma l’internet italiana in una sorta di televisione ipercontrollata, nella quale la libertà di informazione, espressione e diritti fondamentali dei cittadini, vengono fortemente compromessi.

Come? Semplice: da una parte rendendo gli operatori di comunicazione ed i provider internet in una sorta di polizia della rete, con obblighi a metà tra l’orwelliano 1984 e la STASI, ante riunificazione tedesca.  Cioè gli operatori saranno responsabili per i dati, di qualsisai genere, trasportati per i cittadini e soggetti a sanzioni pecuniarie molto pesanti. questo comporterà che gli stessi dovranno controllare tutto il traffico internet.  Addio, quindi, privacy e dati senzsibili (preferenze sessuali, politiche, religiose e dati sanitari): tutto il traffico sarà vagliato e ricostruito alla ricerca di violazioni del diritto d’autore, di scaricamenti illegali, di contenuti (musica, film, testi, etc.). Tutto ciò in barba ad un diritto fondamentale dei cittadini, la presunzione di innocenza. Ovvero saremo tutti colpevoli, sino a prova del contrario, e controllati da una miriade di poliziotti in servizio di complemento. un altro grande esempio di democrazia malata! Chi sono a questo punto i veri predatori? I pirati informatici o coloro che con la forza di risorse economiche e di lobby hanno spinto questo regolamento?

[Continua]

 

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