È passato ormai un anno e mezzo da quando la Federazione Russa ha deciso di intervenire militarmente in territorio ucraino.
La situazione non solo non lascia intravedere una qualche via di uscita dal conflitto, ma – a mio parere – si è molto complicata e aggravata.
La cosa che mi colpisce è la deriva, che io giudico senza senso e senza sbocco, degli Stati Uniti e dell’Europa.
Mi spiego: all’indomani dell’intervento militare russo in Ucraina aveva un senso, da parte dell’Europa e degli Usa, ipotizzare un sostegno a prescindere a Kiev.
Era in campo una ipotesi ben precisa: sosteniamo Kiev con  armi e applichiamo sanzioni durissime contro Mosca.
Questa tenaglia, armi a Kiev e sanzioni a Mosca,  provocherà problemi talmente gravi alla Russia che il regime non reggerà e Putin sarà cacciato dallo stesso popolo russo.
Ricordate la parola Swift che doveva provocare l’assalto dei russi ai bancomat e il default russo? Non è successo praticamente nulla…
Non solo. La situazione economica della Federazione russa non è affatto crollata e il consenso di Putin non è mai stato, nel suo paese, così elevato.
Il cosiddetto isolamento della Federazione Russa esiste solo nella “informazione” occidentale. Peccato che non si dica che gli Stati che rappresentano la maggioranza della popolazione del pianeta (sto parlando dei Brics e non solo) non applicano nessuna sanzione contro la Russia.

Di fronte a una situazione del genere, dove nessuno degli obiettivi dell’Occidente si è realizzato, ci si poteva aspettare un cambio di strategia.
O perlomeno una riflessione su quello che si stava facendo, se non dagli Stati Uniti, almeno dall’Europa.
Invece nulla. Si prosegue a testa bassa. Non si parla più di default russo o di cacciata di Putin, ma di principi da cui non si può derogare…
Il diritto internazionale, i valori dell’Occidente, l’integrità territoriale degli Stati…
Presupposti che l’Occidente ha violato da sempre (Palestina insegna), ma non voglio dilungarmi su questo.

Ciò che mi colpisce è la mancanza totale di una proposta credibile.
Ci si affida  a un personaggio come Zelensky che, fin dall’inizio della guerra,  ha proposto azioni che hanno come unico sbocco il coinvolgimento della NATO, quindi la guerra mondiale.
Un personaggio che ha sempre chiesto armi sempre più potenti ma non ha mai avanzato una richiesta di aiuto per aprire un tavolo di pace, per impedire che il suo popolo continui a morire, che il suo paese venga ulteriormente distrutto.
La situazione è preoccupante,  perché se così stanno le cose è difficile intravedere una via d’uscita.

La visita in Italia di Zelensky ha dimostrato la totale subalternità dell’Italia a questa politica di guerra. In quei giorni le istituzioni del nostro Paese hanno dimostrato un servilismo unico al mondo: il presidente ucraino ha potuto sbeffeggiare la proposta del Papa senza che nessuna autorità replicasse.
10 direttori dei più grandi “organi di informazione” hanno partecipato a una trasmissione televisiva degna del peggiore Minculpop.
Repubblica ha scritto a tutta pagina “Le armi italiane salvano vite”!
Siccome le armi italiane uccidono, evidentemente non si considerano “vite” quelle dei soldati russi, che è giusto che muoiano.

Il recente vertice Nato di Vilnius segna una ulteriore tappa nella escalation della guerra: l’ingresso della Svezia nella Nato, l’accettazione di un percorso rapido per inserire l’Ucraina, la decisione di consegnare al regime di Kiev le bombe a grappolo, sono tutti tasselli che alzano il livello di scontro con la Federazione Russa.
Appare sempre più chiaro che siamo di fronte ad una guerra costituente, totalmente diversa dai tanti conflitti che si sono succeduti dal secondo dopoguerra ad oggi.
infatti, se vogliamo dire le cose come stanno, siamo di fronte a una guerra tra USA/Nato e Federazione Russa combattuta per procura dal governo ucraino.
Nel momento in cui il capo del governo USA e il capo del governo ucraino sostengono che la guerra andrà avanti fino alla sconfitta della Russia, vuol dire che mettono in conto una estensione del conflitto poiché è evidente che l’Ucraina, pur con l‘appoggio dei governi occidentali, non potrà mai vincere questa guerra da sola, sul campo.
È una guerra costituente poiché si colloca in un momento di passaggio degli equilibri geopolitici internazionali.

Il disegno è chiaro: mettere in crisi la Russia per potersi accaparrare le sue immense ricchezze come ai tempi di Eltsin e poi concentrarsi sulla Cina, alimentando la tensione tramite l’isola di Taiwan.
Gli USA non accettano ciò che ormai è inevitabile e cioè che siamo sempre di più in un mondo multipolare e gran parte dell’umanità  non accetta più di sottostare alle loro condizioni.
Per quel che possiamo, compito nostro, è fare il possibile per fermare questa deriva bellicista.

Detto questo, per noi, che da sempre siamo stati contro l’invio delle armi, si pone il tema di cosa fare per sviluppare iniziative per la pace.
Le forze politiche che in Italia sono contro l’invio delle armi devono unirsi per mettere in campo iniziative comuni, locali, nazionali, nelle istituzioni e nella società. Le difficoltà emerse nel Pd con il voto al Parlamento Europeo dimostrano che se si crea un fronte compatto e largo contro la guerra si possono aprire contraddizioni nel Pd, ma anche in altri partiti.

Questo continuo a ritenere sia il tema principale su cui dovrebbero lavorare tutti coloro i quali sta a cuore non solo la pace nel mondo, ma anche la difesa dell’ambiente e il miglioramento delle condizioni per i ceti sociali più deboli. E non è difficile capire il perché…

 

Fonte: transformitalia.it

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