di Roberto Bertoni.

Questo governo, per quanto mi riguarda, sarebbe dovuto cadere ieri. Non si tratta di pregiudizi, di antipatia, di avversione o di qualcosa di simile, anche se questi sentimenti sono innegabili e ampiamente motivati: si tratta della manifesta insostenibilità dei suoi provvedimenti e della sua azione complessiva.
Questo esecutivo ha stancato: per dichiarazioni, opere, omissioni (a cominciare da quelle di soccorso in mare, tanto care al ministro Salvini), eccessi e sparate. Non che i predecessori siano stati parchi da questo punto di vista, e come ben sapete non gliene abbiamo mai perdonata mezza, a cominciare da Renzi e dalla sua discutibile compagine, ma una situazione del genere va davvero oltre i limiti di ciò che è tollerabile in un Paese del G7.
Piaccia o meno, l'Italia è, infatti, inserita in un quadro di alleanze internazionali, ha rapporti politici, diplomatici e commerciali con i propri partner, ha una politica estera e una credibilità da difendere e poi, ed è l'aspetto più importante, ha un sistema vasto e complesso da rafforzare e rendere maggiormente inclusivo, se non vuole sprofondare nel baratro dell'incertezza e della fuga dei capitali. Con questo non sto certo aderendo al vasto partito neo-liberista per cui i soldi sono tutto e la vita delle persone nulla o quasi né sto attaccando strumentalmente il Decreto Dignità che si sforza, quanto meno, di rimediare ai disastri combinati per anni dal Giglio tragico a colpi di Jobs Act e simili. Sto dicendo, al contrario, che davvero non se ne può più di questo misto di arroganza, populismo e continua aggressione nei confronti di tutto ciò che è stato faticosamente costruito per sette decenni da governi di diverso colore e di cui, in molti casi, non siamo stati certo sostenitori. Pensiamo a ciò che sta avvenendo in materia di migranti e accoglienza, tra porti chiusi, richieste di ammanettare i disperati che, comprensibilmente, si ribellano all'idea di essere riportati in Libia, abbandono in mare di una nave con a bordo seicentoventinove persone e cattiverie variamente assortite che stanno provocando l'unanime riprovazione di una comunità internazionale che, pur essendo abbastanza ipocrita in materia, ha ragione da vendere quando afferma che il nostro Paese sta violando dei diritti umani imprescindibili.
E poi, cambiando fronte, pensiamo a ciò che sta avvenendo in merito a vitalizi e pensioni, con un attacco sistematico e senza precedenti ai cosiddetti "diritti acquisiti": una vergogna che mette in discussione il concetto stesso di Stato di diritto, ossia le basi della nostra convivenza civile.
La verità è che non c'è niente di peggio della saldatura fra il pauperismo strumentale dei 5 Stelle e il cattivismo della Lega, con il delinearsi di una società chiusa, gretta e nella quale non è affatto bello vivere, come del resto si evince dalle condizioni in cui versano alcune città in cui governano o hanno governato, sia pur distintamente, questi due partiti.
Ribadiamo per l'ennesima volta la nostra estraneità al PD e al suo corso ormai difficilmente mutabile. Ribadiamo che molte delle sconfitte che ha subito se le è volute e meritate ampiamente. Ribadiamo anche che Renzi ha sbagliato tutto più qualcosa e che prima se ne andrà en marche insieme a Calenda e ad altri sostenitori dell'Italia dei Carini, che non prende mezzo voto al di là dei Parioli e di via Montenapoleone ma in compenso organizza tanti, splendidi aperitivi, meglio sarà per tutti. Ciò premesso, l'Italia gialloverde mi infastidisce e mi indigna. Mi indignano, per dire, le affermazioni di Di Maio contro la Juventus e l'acquisto di Cristiano Ronaldo perché lasciano intendere un rifiuto di tutto ciò che è bellezza, passione, poesia, arte, di tutto ciò che eleva l'uomo, di tutto ciò che rende la vita felice, di tutto ciò che ha permesso il boom e la rinascita economica e morale di un Paese uscito in frantumi dalla guerra. Faccio notare al nostro eroe che il '57, anno dell'acquisto di Charles e Sivori ad opera dei bianconeri, fu anche l'anno in cui la FIAT lanciò la Cinquecento, mettendo di fatto le ruote e il motore all'Italia e avviando una stagione forse irripetibile ma senz'altro felice, probabilmente la migliore della nostra storia. Certo, era la FIAT di Valletta e dei licenziamenti per motivi politici e ideologici, la FIAT in cui un operaio che si presentava con l'Unità in tasca rischiava il licenziamento, era un mondo colmo di ingiustizie e di vere e proprie indecenze ma per farvi fronte, nel '70, una politica degna di questo nome varò, grazie a Brodolini e Giugni, lo Statuto dei lavoratori, con tanto di articolo 18: nessuno si sognò di andare a ricalcolare gli assegni mensili di persone anziane che, oltretutto, a differenza della classe dirigente attuale, hanno dato lustro alla politica e al Paese.
Nel grillismo c'è questo di davvero insopportabile: una tendenza alla penalizzazione del merito, della competenza e del valore di chi ne ha e ha tutto il diritto a vederselo riconosciuto. Il che non significa in alcun modo cedere alla retorica squallida della meritocrazia o dell'iper-competitivismo; significa, all'opposto, preoccuparsi di assicurare dignità, giustizia e prospettive accettabili a tutti ma senza tarpare le ali a chi è in grado di volare più in alto. Nel grillismo, invece, prevale la logica dell'invidia, dei tetti, dei tagli, dei ricalcoli: tutte proposte incostituzionali, pericolose, foriere di nuove tensioni sociali e di un tutti contro tutti dal qual non possiamo che uscirne a pezzi. Ancor più grave, poi, è l'idea di smantellare definitivamente i finanziamenti a partiti e giornali, trasformando l'Italia in una nazione senza dibattito pubblico, senza confronto, senza quel sale della democrazia senza il quale è a rischio il nostro stare insieme.
Lo dico senza cattiveria e senza alcun dito puntato, ma nell'attuale esecutivo ravviso una sorta di totalitarismo involontario, come se i suoi esponenti davvero non si rendessero conto dei rischi cui stanno esponendo la comunità con i propri comportamenti. Ravviso una malvagità nei confronti di chiunque non appartenga alla loro cerchia. Ravviso, ribadisco, un desiderio di smantellare tutto ciò che è stato costruito in precedenza, in continuità, da questo punto di vista, con la tremenda stagione rottamatoria che ha sortito come unico effetto quello di condannare all'estinzione il principale partito della sinistra italiana, consegnando il Paese nelle mani che ben sappiamo e che stiamo stigmatizzando in queste riflessioni.
Il grillismo non concepisce che una squadra possa acquistare il calciatore più forte del mondo, che si possano spendere soldi pubblici per un evento come i cinquecento anni dalla morte di Leonardo, che si possa finanziare la Casa delle donne o il casa-museo di Ghilarza dedicata ad Antonio Gramsci. Tutto ciò che appartiene al passato per loro merita una condanna senza appello, come se un Paese grande e complesso come il nostro, con il patrimonio culturale e artistico che si ritrova, potesse essere governato a colpi di slogan e di tweet.  
La questione dei vitalizi, scusate se insisto, è intollerabile anche per un altro motivo, ossia che essi furono istituiti proprio negli anni di Valletta alla FIAT, quando si sapeva bene che un operaio candidato in Parlamento dal PCI non sarebbe mai potuto rientrare in fabbrica, specie se avesse difeso i diritti di coloro che lo avevano votato per avere un minimo di rappresentanza e poter far sentire, finalmente ,la propria flebile voce. Abolirli significa sia avere un Parlamento esposto allo strapotere delle lobby, in grado, esse sì, di assicurare un futuro dorato a chiunque accetti di sedersi su quei banchi per fare i loro interessi, sia, collateralmente, condannare a morte quelle fondazioni e quelle associazioni che attualmente sopravvivono grazie alla passione e all'impegno di tanti ex parlamentari che le gestiscono a titolo gratuito. Ma d'altronde, se l'unico orizzonte che si concepisce è il presente, se del futuro poco o niente importa e della cultura ancor meno, se si pensa che possano morire tutti i giornali e che milioni di cittadini possano informarsi unicamente sul Blog delle Stelle e sulle pagine Facebook vicine al MoVimento, se ci si convince di essere la via, la verità e la vita e non si accetta più alcuna critica o consiglio, ecco sorgere quel totalitarismo involontario di cui parlavo prima e che tanto mi preoccupa per il nostro domani.
A ciò sommiamo, ovviamente, il salvinismo e tutto ciò che esso rappresenta, mescoliamo bene e otteniamo una forma di governo davvero inaccettabile, da contrastare con il massimo vigore e per la quale auspicare l'immediata caduta.
Certo, a metterla in discussione non potranno essere gli stessi che per essa hanno fatto il tifo, i cantori della stagione appena conclusa, i twittatori seriali e i promotori di un hashtag insensato che ha favorito la saldatura fra due populismi, mandando al potere un mostro che rischia di divorare tutto e mettere a repentaglio il nostro futuro. Servirebbe una sinistra, un'opposizione fatta come si deve e la capacità collettiva di andare al di là di se stessi e dei propri personalismi. Perdonatemi, sto sognando. La realtà è ben diversa e sono cosciente che, almeno a breve, difficilmente cambierà.

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