Funny Girl, una storia fatta di trame, intrecci, personaggi di fiction

di Jacopo Giombolini
Nick Hornby, come ha già fatto Jonathan Coe, nel 2013, con Expo 58, ci parla, nel 2014 ormai andato, di storia, con questo suo Funny Girl, romanzo di 375 pagine.
Il passato di cui ci parla Hornby non è così lontano; è lo stesso passato di cui ci parla Coe, un passato che entrambi non hanno fatto in tempo a vivere, ma per poco: quello contemporaneo (nel caso di Hornby, nato nel 1957) o immediatamente precedente (nel caso di Coe, nato nel 1961) agli anni in cui sono nati: quello cioè della fine degli anni '50.
La storia con la s minuscola che Hornby ci racconta, vale a dire quella non fatta di personaggi ed eventi storici ma fatta di trame, intrecci, personaggi di fiction e via dicendo, è la storia di una ragazza di vent'anni, Barbara, che viene da Blackpool, località di mare al nord dell'Inghilterra (ai margini della vita culturale del paese) e del suo cammino, denso di ostacoli, per affermarsi nello show-biz, non come soubrette (oggi, in Italia, diremmo “velina”) ma come attrice comica, seguendo le orme del suo modello Lucille Ball (quella di I Love Lucy).
Nick Hornby, in una sua intervista rilasciata all'Internazionale, ha dichiarato come, oggi, la situazione per una giovane donna sia molto diversa... fa piacere rilevare che in Inghilterra sia così ma la lettura di Funny Girl, da un osservatorio italiano come quello di chi scrive, risulta tremendamente attuale e se si rivela superata, lo appare solo nel senso che, oggi, la mercificazione del corpo femminile è così spinta da far apparire la prospettiva di mettersi in bikini e farsi spruzzare di vernice dorata - vale a dire quanto Brian (l'agente di Barbara in arte Sophie Straw), s'aspetta da lei – roba da educande.
Ad ogni modo Sophie ce la fa. Tutto grazie a un incontro con un gruppo di persone che le cambierà la vita: gli sceneggiatori Bill Gardiner e Tony Holmes, l'attore Clive Richardson, il produttore Dennis Maxwell-Bishop. Di queste persone lei seguiva già il lavoro, da spettatrice, e le stimava tutte ma non immaginava certo che gli sceneggiatori Bill e Tony e il produttore Dennis avrebbero voluto, dopo un solo provino con lei, strutturare un'intera serie tv della BBC intorno a un personaggio di fantasia, chiaramente ispirato alla sua persona, interpretato da lei, proveniente da Blackpool, come lei, e chiamato con quello che gli sceneggiatori ancora neanche sapevano essere il suo vero nome: Barbara.
Coprotagonista (del tutto marginale) della serie è Jim, il cui nome, nel titolo della serie, Barbara (e Jim) è tra parentesi, a sottolinearne, dall'inizio, l'insignificanza. Jim è il marito di Barbara, è interpretato da Clive e l'idea è che sia un personaggio agli antipodi della moglie: laburista lui, conservatrice lei, borghese lui, proletaria lei, di Londra lui, del nord dell'Inghilterra lei.
La serie riscuoterà un enorme successo, verrà seguita da metà della popolazione inglese: la metà non più giovane e progressista però. Questo sarà il principale cruccio di Bill, uno degli sceneggiatori, omosessuale che desidera parlare, col suo lavoro di sceneggiatore, o meglio ancora con un altro lavoro, quello di scrittore (che sta appena iniziando ad esplorare) delle tematiche a lui care: quelle della difficile condizione degli omosessuali nell'Inghilterra dalla fine degli anni '50 alla metà degli anni '60 (l'omosessualità era reato in Inghilterra, allora). Anche Tony, come Bill, è gay, ma non dichiarato: ha una moglie e un figlio. Lui, diversamente da Bill, è soddisfatto del lavoro che fa e non desidera niente di diverso che far ridere gente anziana con gag su lavori di rifacimento del bagno che finiscono in disastri alla Stanlio e Ollio. Piano piano, però, il germe della ribellione, anche se in una chiave più istituzionalizzata e politically correct, in linea col suo personaggio, si insinua anche in Tony che si sorprende a desiderare di trattare la tematica razziale in una nuova serie, meno fortunata di Barbara (e Jim) che seguirà quest'ultima, dopo la chiusura della stessa: Tutti amano Jackie.
Quella razziale, ad ogni modo, è una tematica che Hornby accenna appena nel suo libro dove, non a caso, i protagonisti sono tutti bianchi perché da essi, e da essi solo, è composta la classe media tra la fine degli anni cinquanta e la metà degli anni '60, in Inghilterra. I neri compongono la“working class.
Nella storia c'è anche un cattivo: Vernon Whitfield, critico letterario della BBC3 che detesta tutto ciò che è intrattenimento leggero, tutto ciò che sia, anche solo vagamente, divertente. Whitfield ha giurato guerra a Dennis, tanto sul piano personale (è l'amante della moglie di Dennis) quanto sul piano professionale (arriva a sfidare Dennis in un confronto tv sulla vacuità dell'intrattenimento leggero che, però, perderà miseramente).
Sebbene Hornby faccia sconfiggere Whitfield da Dennis, facendo trionfare, quindi, quello che nel romanzo rappresenta il bene, ci lascia nelle pagine finali l'amara riflessione di una Sophie invecchiata: il dubbio che, dato il vuoto e la volgarità che trionfano nella televisione degli ultimi cinquant'anni, data una società in cui, per effetto della pervasività della televisione, nessuno sembra desiderare fare altri mestieri se non comparire sul piccolo schermo; visto e considerato tutto questo, ci dice Hornby, per bocca di Sophie, forse Whitfield aveva ragione.
Nick Hornby ci consegna questo libro che contiene in sé diversi libri e getta anche le basi, chissà, per libri futuri: un romanzo storico sugli anni d'oro della commedia inglese della BBC e sulla Swinging London, un'analisi lucida della società dell'apparire, un ritratto al tempo stesso divertito e amaro della condizione femminile e di quella omosessuale. Chissà che un giorno non ci parli dei neri e della loro affermazione in Inghilterra, o degli skinhead che, paradossalmente, ascoltavano Bob Marley e il soul, la musica dei neri, come ci racconta Shane Meadows in This is England.
Nick Hornby vive a Londra. I suoi libri sono pubblicati in Italia da Guanda: Alta fedeltà, Un ragazzo, Febbre a 90°, Come diventare buoni, 31 canzoni, Non buttiamoci giù, Una vita da lettore, Tutto per una ragazza, Shakespeare scriveva per soldi, Tutta un'altra musica, È nata una star? Sono tutte storie e Tutti mi danno del bastardo.

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