Econologico1

di Paolo Felici
Ci vuole poco a capirlo. Ci vuole poco a capire che “un giorno devi andare”. Il film di Giorgio Diritti è un incanto. Un film da assaporare con il cuore, senza l'assistenza della testa. Nel film si trova l'uomo, quello posto nudo davanti alla violenza e alla grandezza della natura e di chi l'ha creata. Il film lascia in bocca la svolta rapida, quella che può essere frequente per il singolo, ma che talvolta investe anche l'umanità, lasciando la stessa sorpresa di un anziano che si mette a ballare sopra al tavolo.
L'umanità, ora, è sopra il cubo e ci vuole poco a capire che stiamo difronte ad una svolta epocale.
Ora è semplice, qualcuno sarebbe pronto anche a dire che si è in ritardo, che era ora! Vi invito a pensare all'Italia di non più di dieci anni fa, che poi è Europa e mondo in una globalizzazione sempre più inarrestabile. L'economia si alimentava allegramente e placidamente, come una barca a vela presa da una infinita brezza, sul nuovo costruito, su nuovo terreno sacrificato al cemento, sulla vendita che certamente qualcuno avrebbe onorato. Dieci anni fa c'era la società del benessere che non aveva alternativa. Si aveva allegramente digerito che la vita esiste nel consumo o non esiste.
Ci siamo accorti, proprio come svegliandoci da un sogno, come l'alternativa non era una vita in povertà, ma la non vita. Molti hanno tramutato, senza ombra di dubbio, la non vita nella morte. Sono molte le storie di suicidi che non vorremmo raccontare. Sono molti quelli che oggi gridano che siamo in un passaggio epocale e che “un giorno devi andare”, che si deve praticare una nuova economia, una nuova edilizia, che non distrugge, che è attenta al territorio, ormai percepito come finito.
Mi sembra che l'umanità abbia scoperto, come Truman in “The Truman show”, che esiste un limite, una fine. Truman era in barca quando urtò contro il cielo di cartone. Noi eravamo in una locomotiva da frecciarossa su un binario giunto al capolinea. Il botto è stato grande.
Dieci anni fa pensare ad un prodotto che fosse allo stesso tempo ecologico ed economico non era possibile. Gli ecologisti erano visti come una sorta di categoria di alternativi, mossi da necessità snobistiche, più che desiderosi di utilizzare qualcosa di coerente con il “grande cerchio della vita” (Mufasa a Simba, nel Re Leone). Il termine economico era un aggettivo di secondo ordine, che poteva essere utilizzato quando la scelta di consumare era stata fatta a priori.
Un passo per ricostruire
Un giorno devi andare, e oggi noi dobbiamo essere econologici, dobbiamo ragionare come un paese costruito, che ha consumato tanto e che tanto deve digerire di quanto ha già prodotto. Il nuovo giro di soldi fra esseri umani dovrà prevedere prodotti facilmente inseribili nel giro del riciclo, ecologici, tecnologicamente adatti a non sprecare, economici. Il futuro, inoltre, sarà di benessere o povertà, ma questo sempre meno influenzerà la nostra felicità.
Oggi, tutto ciò, ci vuole poco a capirlo.

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