La sentenza della Cassazione sulla vicenda J.P. Industries-Porcarelli smentendo i due precedenti gradi di giudizio e l’istanza delle banche creditrici riapre la possibilità di valorizzare le ragioni del lavoro e può far ripartire, o meglio di far partire, l’attività produttiva nello stabilimento di Gaifana con i suoi 350 dipendenti.

In  questo senso la sentenza della Cassazione è indubbiamente un dato positivo, toglie ogni eventuale alibi all’imprenditore che adesso deve passare alla fase della concretizzazione di un solido piano industriale. Così come è positivo l'accordo al Ministero del Lavoro che prevede la prosecuzione della cassa integrazione per altri due anni.

Intanto va subito detto che i risultati positivi vanno ascritti alla continua e costante iniziativa dei lavoratori, avendo però il senso delle proporzioni e dei problemi ancora aperti. Sarebbe per esempio un errore passare a facili ottimismi perché ancora molte questioni non sono assolutamente risolte. Per  il momento si sono create alcune condizioni necessarie per il decollo di J.P. Industries ma da sole non sono ancora sufficienti. Si sono aperti spiragli importanti ma non sono ancora chiari alcuni aspetti fondamentali a partire innanzitutto dal piano industriale che deve poter far lavorare i 350 dipendenti, per produrre elettrodomestici di qualità e non continuare la strada della cassa integrazione.

Mentre su questa specifica vertenza si aprono degli spiragli, la crisi continua invece a picchiare sempre piu’ duramente sulla zona della fascia appenninica. L‘accordo di programma è rimasto sulla carta: altri 550 lavoratori ex Merloni sono senza prospettive reali, con 150 di loro (i lavoratori sotto i 40 anni) che dal 12 ottobre hanno definitivamente perso anche l’assegno di mobilità e che dovrebbero vivere con un reddito pari a zero. E con gli ultra40enni che hanno visto decurtato l’assegno del 20%.

Praticamente nella zona della dorsale appenninica in un colpo solo oltre 550 persone sono scese sotto la soglia della povertà estrema. E se pensiamo al fatto che nei settori della ceramica e dell’edilizia si continuano a perdere posti di lavoro e che lo stesso Ministero delle Finanze ha reso noto che nell’arco temporale 2008-2014 i redditi medi nella zona che va da Nocera Umbra a Gualdo Tadino fino a  Gubbio i redditi sono scesi mediamente del 13% ci rendiamo conto del fatto che, aldilà di qualche notizia positiva, la crisi economica complessivamente continua a picchiare sempre più duramente.

Come uscirne? Credo che la Regione dovrebbe concretamente intervenire, come ha fatto anche la Puglia, per istituire un reddito sociale o di cittadinanza che impedisca lo scivolamento nella povertà estrema di tantissimi cittadini. Va poi aperto un serio e credibile terreno di confronto per rilanciare lavoro e sviluppo in un area di 75 mila abitanti, che, oggettivamente, risulta essere tra le più disastrate dell'Umbria.

E’ più che mai ora di passare dalle parole agli interventi concreti!

Mario Bravi

 

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