Questo è proprio il governo degli annunci e delle balle. Ultimo in ordine di tempo il decreto lavoro e la riduzione di 4 punti percentuali del cuneo fiscale. Cuneo fiscale, di cosa parliamo: della differenza tra il costo del lavoro che l’azienda paga ed il netto che il lavoratore riceve in busta paga; questa differenza in Italia (dati Oscse) si aggira attualmente attorno al 45,9%, il che significa che per ogni euro che l’aziende versa, il 46 per cento se ne va per pagare i contributi sociali, che assicureranno al lavoratore il trattamento pensionistico una volta terminato di lavorare (salario indiretto),e per pagare le tasse, con le quali lo stato assicura a tutti i cittadini una serie di servizi.

Sicuramente questo 45,9% è un livello elevato, in Europa solo il Belgio con il 53% presenta un livello superiore, ma, tutto sommato in linea con i maggiori paesi europei (anzi per la verità qualche punto al di sotto,Germania 47,8%, Francia 47,0%, Austria 46,8%). Il problema, non è necessario essere raffinati economisti ed è facilmente intuibile, che, a saldi invariati, ogni euro di cuneo fiscale in meno significa un euro in meno di pensioni o di servizi. Ma questo, che potremmo definire delle coperture) è un argomento particolarmente ostico per questo governo che preferisce “sorvolare”.

Ma ancora c’è cuneo e cuneo. Secondo Istat, nel 2020, il cuneo fiscale sul lavoro dipendente rappresentava il 45,5 per cento del costo complessivo del lavoro, mentre per i lavoratori autonomi era il 31,5 per cento del reddito netto. La differenza è dovuta principalmente alla tassazione più elevata sui redditi da lavoro per i dipendenti rispetto ai lavoratori autonomi.

Veniamo velocemente al succo del provvedimento. Con questo decreto ogni lavoratore si ritroverà in busta paga 100 euro in più al mese. Falso. Ci si dimentica sempre che lo Stato con una mano dà ma con l’altra prende. Quei 4 punti di riduzione di cuneo fiscale per un reddito fino a 10.000 euro valgono 53,85 euro netti in busta paga, che salgono a 62,19 euro per i redditi fino a 15.000 euro, a71,08 euro per quelli fino a 20.000 euro, a 80,85 euro per quelli fino a 25.000, per poi scendere a 77,98 euro per redditi fino a 30.000 euro (effetto cambio scaglione di aliquote) e solo arrivando alla soglia di 35.000 euro si arriva ad una cifra vicina ai 100 euro sbandierati, per la precisione 90,98 euro.

Andiamo avanti, con questo provvedimento, che ammonta a 4 miliardi di euro, si è operato il più importante taglio delle tasse sui lavoratori. Falso. Rimanendo agli ultimi anni il governo Renzi con il bonus 80 euro prevedeva una detrazione di 960 euro l’anno nette per i lavoratori dipendenti fino 24.000 euro (superata quella soglia andava in diminuzione fino ad annullarsi superati i 26.000 euro). Costo 9 miliardi l’anno. Il governo Conte 2 ha portato il bonus da 80 a 100 euro, estendendolo fino a 40.000 euro. Costo 3 miliardi nel 2020 e 5 miliardi 2021. 2022, governo Draghi, decreto “Aiuti bis” vengono stanziati 9 miliardi di euro l’anno per abbattimento oneri a vari a carico dei lavoratori. Adesso, in assoluta continuità con i governi precedenti arriva il governo a guida Giorgia Meloni che stanzia 4 miliardi euro, meno di quanto fatto dai governi Renzi e Draghi.

Fonte: micropolisumbria.it

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