Pubblichiamo la Carta dei valori dell'associazione "Il Coraggio della Pace. Disarma. Non abbiamo paura"

L’iniziativa di dare vita ad una associazione politica nasce dal bisogno di reagire al senso di impotenza che viviamo di fronte a problemi di portata epocale e che rischiano di sovrastarci. Il mondo che ci circonda porta tutti i segni della distruttività e del buio all’orizzonte. Pandemia, crisi climatica, rischio di esaurimento delle risorse vitali del pianeta, disoccupazione tecnologica, precarietà e svalorizzazione del lavoro, crescita esponenziale delle diseguaglianze e della povertà. Sono i frutti velenosi di una crescente crisi, economica e politica, che si manifesta nel mondo alimentata da nazionalismi e logiche di potenza e da un capitalismo onnivoro e aggressivo che oggi si sente minacciato e che tenta di uscire dalle proprie contraddizioni attraverso il riarmo e la guerra. Una guerra di nuovo nel cuore dell’Europa, con il suo carico di distruzione e morte. Una guerra che determinerà gli scenari futuri del mondo. Una guerra che per noi rappresenta la questione fondamentale di cui la politica dovrebbe occuparsi per trovare una soluzione diplomatica per un immediato cessate il fuoco. Vogliamo che venga evitata la catastrofe. Pace è principio costituzionale, costitutivo e costituente di un sistema politico, sociale, economico, istituzionale alternativo al sistema guerra.

Pace per noi è la prima parola e l’ultima. Disarma è il nostro imperativo.

L’Italia oggi è in guerra. Lo è contro la Costituzione e contro la volontà della maggioranza della popolazione. Non è la prima volta che siamo protagonisti di avventure belliche dissennate al seguito degli Stati Uniti e della Nato ormai diventata Nato globale. E’ già accaduto in Bosnia, e dopo con l’attacco unilaterale contro la Serbia, quando scaricammo tonnellate di bombe su Belgrado, utilizzando sul terreno proiettili ad uranio impoverito. E’ accaduto in Iraq, Afghanistan, Libia, Siria. Terre belle e infelici, ridotte a pedine della strategia per affermare un nuovo ordine mondiale unipolare, a guida USA, dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Questo sogno imperiale di occupare l’intero mondo non li ha mai abbandonati ed ora torna sulla scena come un mostro. Un mostro che ci espone agli abissi dell’orrore raggiunti nel secolo scorso con le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Chi l’avrebbe detto? Milioni di morti caduti nella carneficina dell’ultima guerra mondiale, insieme alle fatiche e le speranze che stanno dentro le Costituzioni democratiche – oggi tradite - che ne sono seguite per impedire che la storia tornasse a ripetersi con i suoi orrori, non sono stati sufficienti a fermare lo scenario in atto in Europa, in cui l’insensatezza dei Governi ha preso il sopravvento. La guerra in Ucraina è una Guerra Costituente, su cui si decideranno gli equilibri geopolitici internazionali dei prossimi anni, che può progressivamente assumere una dimensione mondiale. Siamo davvero in presenza della “terza guerra mondiale a pezzi” come grida, inascoltato dai Governi, Papa Francesco. Esplosa dopo l’invasione da parte della Federazione Russa guidata da Putin in violazione del diritto internazionale, lo scontro bellico in atto ha rappresentato il tragico e prevedibile epilogo di una escalation di provocazioni che dal 2014 si susseguono di fronte agli occhi dell’Europa e del mondo, fino all’accerchiamento della Russia da parte delle basi militari della Nato, in piena violazione degli accordi presi per garantire la convivenza pacifica tra gli Stati. Tutto ciò poteva e doveva essere evitato. Perché si è lasciato che la situazione precipitasse? E perché oggi non c’è alcuna volontà di arrivare ad una soluzione di Pace? Appare con evidenza che in gioco c’è ben altro che il solo diritto all’Ucraina di esistere come Stato sovrano, come dovrebbe essere garantito ad ogni altro Stato su questa terra, Palestina compresa. Al di là di ciò che ci racconta la propaganda bellica a reti unificate, le ragioni di questa guerra sono connesse al tentativo delle potenze occidentali più industrializzate di difendere i loro spazi di mercato attraverso l’apparato militare che diviene spinta di dominio, di consumo e crescita, e volano per il rilancio della loro economia lungo un crinale che porta alla distruzione del mondo. Lo scontro bellico in corso, costato già centinaia di migliaia di morti, 100mila feriti e 30mila mutilati, è tra gli Stati Uniti, sostenuti dall’Unione Europea, e i paesi emergenti a livello economico, in primo luogo Russia e Cina, appoggiati da Paesi grandi come continenti che non sono più disposti a subire un ordine del mondo unipolare, come dimostra l’importante iniziativa dei BRICS. Uno scontro globale tra queste potenze metterebbe a rischio la sopravvivenza del pianeta perché gli ordigni nucleari attuali sono molto più distruttivi di quelli del 1945. Questo è lo scenario terribile in cui siamo immersi.

Questa guerra ha dimostrato che l’Europa politica non esiste.

L’Europa avrebbe potuto svolgere un ruolo autonomo per favorire il dialogo e la Pace, invece si è piegata ad ancella degli USA facendo pagare il prezzo ai suoi cittadini, incrementando enormemente le spese in armamenti – a danno di quelle per lo stato sociale e la transizione energetica ed ecologica – fino a sostenere l’idea della costruzione di un esercito europeo che affiancherebbe la Nato. Il solo effetto che stanno provocando guerra e sanzioni è l’acutizzarsi della crisi economica e sociale in Europa, dove 100 milioni di persone rischiano la povertà, aumentano le diseguaglianze e all’orizzonte si profila il ritorno alla più dura austerità. La spesa militare globale in un solo anno ha superato 2mila miliardi di dollari, per arricchire azionisti e fabbricanti di armi, mentre la FAO ci dice che 735 milioni di persone soffrono la fame ogni giorno nel mondo. Invece di investire sul lavoro sicuro, di mettere a valore le conquiste scientifiche e tecnologiche per il lavoro e redistribuire la ricchezza tra chi lavora, di investire sui servizi pubblici essenziali, sulla sanità, sulla istruzione, sulla ricerca, sulla transizione ecologica, i nostri governi alimentano il mercato della morte. La guerra la pagano i poveri, è stato sempre così. Ed oggi, come appare chiaramente, la paga il pianeta: terra, acqua, aria, cibo e risorse naturali che dovrebbero essere beni comuni da preservare e curare, vengono sacrificati perché i fondi destinati alla lotta ai cambiamenti climatici e alla transizione ecologica vengono spostati sugli armamenti. L’Italia ha sostenuto le scelte della Ue, che, a sua volta, si è accodata agli Stati Uniti, senza battere ciglio, inviando armi e facendo il tifo alla vittoria di Zelensky – come se fosse possibile una vittoria senza catastrofe - togliendo il reddito di cittadinanza agli indigenti, lasciando al proprio destino i più fragili, mettendo in un angolo come mai prima d’ora il mondo del lavoro, depredato delle grandi conquiste del passato, e costringendo le nuove generazioni a fuggire all’estero perché qui sono condannate al precariato e non vedono un futuro.

Chi ha provato ad opporsi a questo scenario irresponsabile e omicida usando il buon senso è stato accusato di filo - puntinismo. Perfino Papa Francesco, per aver fatto notare le responsabilità della Nato in questa guerra, ha rischiato di entrare nella “lista nera dei dissidenti traditori” insieme ad alcuni giornalisti, intellettuali, personalità coraggiose che hanno detto no all’invio di armi ed hanno letto la guerra per quello che è. Nessun partito politico pone il tema della guerra al primo punto dell’agenda su cui impegnare tutte le energie di mobilitazione possibili, come se non fosse quello il nodo fondamentale da cui discenderanno i destini dei popoli di tutto il mondo: il nostro e soprattutto quello dei Paesi più poveri perché da sempre oggetto di rapina da parte delle multinazionali occidentali.

Manca una sinistra di alternativa capace di contrastare tutto questo.

Ogni tentativo fatto in questi anni per costruirla è fallito, nell’incapacità di capire le ragioni della propria crisi politica, dell'astensione al voto, del rancore per le classi politiche dirigenti diffuso nella popolazione e per la autoreferenzialità dei micropartiti esistenti che ha determinato una crisi di rigetto. Nel nostro Paese, forse più che in altri, paghiamo lo scotto di una sinistra che ha smarrito da decenni i presupposti essenziali dell’essere sinistra. Mentre Il capitalismo e la finanza globale portavano il mondo a un passo dal collasso rischiando di travolgere le condizioni della sopravvivenza umana, la sinistra lasciava al proprio destino la vita delle persone più deboli, i diritti del mondo del lavoro, il futuro delle nuove generazioni. Abbandonava nel tritacarne del neoliberismo il suo popolo, in cui hanno attecchito il rancore e le peggiori pulsioni razziste per giustificare l’espulsione e il confinamento di ogni diversità. Odi e rancori per l’altro, lo straniero diventato il nemico, che sono maturati via via che le idee di giustizia sociale venivano sepolte. E nel vuoto a sinistra, le destre hanno alimentato furori di pancia e paure di ogni tipo cavalcandole ad arte. La paura è diventata il terreno dell’adattamento al male che avanza, fino ad accettare l’inaccettabile. Fino alla guerra ai migranti nel Mediterraneo dove sono abbandonati migliaia di corpi. Fino alla banalità del male che accetta le morti innocenti e non si interroga sulle cause. E’ questa la cifra del nostro tempo.

Ed è a questo che vogliamo reagire.

Perciò diciamo forte che Non abbiamo paura.

L’ostinato cercare strade per ridare vita a una sinistra alternativa, che metta al centro la pace, il lavoro – la sua qualità e una sua migliore retribuzione -, l’ambiente, i diritti e che non sia ridotta alla sopravvivenza, non lo abbiamo abbandonato. Resta per noi una sfida aperta e impiegheremo tutte le energie per dare il nostro contributo, consapevoli che non basta recuperare le parole del passato – tante certo sono indispensabili – senza misurarsi con quelle che non abbiamo ancora trovato per leggere questo nostro tempo. E’ una sfida che nasce per dare attuazione alla nostra Costituzione tradita e dall’urgenza di contrastare questo mortifero buio che annichilisce e stordisce l’umano. Dal desiderio di giustizia e di nuovi orizzonti di cambiamento nella convinzione che il capitalismo come sistema economico e sociale può e deve essere superato, insieme all’autoritarismo, alla dissoluzione della democrazia ulteriormente accelerato nell’immediato da disegni di controriforme istituzionali e costituzionali che concentrano poteri in capo all’Esecutivo, immiserendo il ruolo del Parlamento, che la destra pretende di imporre in Italia con l’autonomia differenziata e il premierato. Da una critica potente al patriarcato come sistema politico, culturale e di potere radicato nei livelli più profondi della società e al suo intreccio con la cultura della guerra.

Nasce oggi più che mai dalla Pace come precondizione e orizzonte della politica, la spinta decisiva per contribuire a costruire a livello nazionale ed europeo società più giuste e democratiche e a livello internazionale un ordine multipolare senza logiche di dominio. Sappiamo che ci vogliono fatica e coraggio per battere la paura e dare una chance al futuro. Ma sappiamo anche che non siamo soli e di poter condividere questo sforzo insieme a moltissimi altri e altre.

Non abbiamo paura.

Per iscriversi all'associzione potete scrivere a: nonabbiamopaura23@gmail.com

Fonte: Fabecebook Il Coraggio della Pace

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